Compagni che sbagliano

Alberto Choukhadarian | Chouk Amuck |

Marco Taddei & Simone Manfrini, con il trittico di storie uscite nell’arco degli ultimi due anni, sfidano (esattamente come succede tutti i santi (ecco, vedi) giorni) le mie più intime convinzioni (macché scrivo “convinzioni”. “CERTEZZE”, casomai. Perché non solo di quelle si vive. Ma del pane e.) di cattolico praticante incardinato in un contesto sociale mondiale universale che a definirlo secolarizzato vien da ridere quanto è eufemistico descriverlo così.

Ne Lu spiritu (Incubo alla Balena, 2018) assistiamo alla crisi vocazionale di Don Gianni, rotondo («Certo che ha già messo su una bella parrocchia eh, Don Già?!») pretino di campagna amato da tutte e tutti, diaboliche principesse ranocchie comprese, talmente abbacinato dalla luce della Verità da scegliere di farsi tentare dal buio più nero delle banali ingannevoli tentazioni mondane: la bella e perpetuamente formosa perpetua (la Sor©a (ehm) Lella), gli occhiali neri della mo(vi)da loca, novello Cassidy almeno tanto quanto ex-Preacher (balzante balzano in sella (d’altronde è o non è come la sua moto?) con la trionfante attitudine tronfia e sicura di sé à la Easy Rider, non senza aver prima celebrato (la) Fiesta dei Pogues). Simone dipinge il sontuoso sinuoso racconto di Marco con deliziosi acquerelli in bianco e nero, apparentemente solo una delle tante alt(r)e arti decorative che maestreggia.

La Madonnina (Incubo alla Balena, 2018) Marina è la reginetta della festa sagra summa sintetica e concentrata di tutte quelle della Penisola. Sa(n)gre y desesperaciòn. And savage screams, per dirla à la Igort di ElFuegoElHombredeHierroElCampeòndetodoslosmundos. Lei sola (e chi altri potrebbe?) sceglie, un po’ annoiata tanto scocciata (specie quando la mamma la manda a prendere il latte. No, scusa. Il pane, il pane.), il prossimo penitente da issare sulla croce. E così gratificarlo della perenne iscrizione del proprio nome sul cippo di marmo in mezzo alla piazza. Perché solo quello pare davvero interessare a Michele, il figlio del calzolaio (avresti detto falegname? Troppo scontato. Ma brava/o lo stesso. Ritenta/o (oh.), sarai più fortunata/o. Come con le cìcìngomme), che sembra impassibile davanti all’Amore. Peccato però, sembrava quello Vero, almeno quanto i chiodi che gli vengono conficcati nei palmi delle mano («Bene. Deve stare solo quindici minuti.») il giorno prima. Qui Manfrini elargisce da par suo un meraviglioso tratteggio: proprio come ai più bravi, gliene serve poco, basta tanto così, per riempire di immortali suggestioni le pagine.

Qristo (Incubo alla Balena, 2019) sfiora lo scandalo pur se non equiparabile a quello, davvero sì monumentale, della fede (cfr Paolo Curtaz, La notte in cui Gesù decise di salvare il mondo, Edizioni San Paolo, 2010). Alla terza caduta compare una simil-Veronica a spalancare la più impensabile delle sliding door. Non proseguire più con il fardello del peccato dell’umanità tutta, ma rialzarsi e camminare leggero (soddisfatto di sé?). Tutto sembra indurre a pensare che si è aperta una nuova stagione, quella dell’Amore: questa volta non viene non va. Rest(a). Everybody needs somebody to Love. but also some rest sometimes: only not in peace, this time(s). Resta dunque lo stupore: chi è questa ennesima figura femminile che arriva e sconvolge il previsto? «…chi l’avrebbe mai detto che sarebbe andata a finire così…»? Resta una croce. Vuota. E perché Gesù non si vede (ma ci vede)?. Tocca interpellare l’innocenza di Jakob.: «Io lo so perché non si fa vedere. Si vergogna a farsi vedere perché è in mutande.» (cfr Paolo Curtaz, Un Dio che muore solo come un cane, Edizioni San Paolo, 2010).

E comunque ho ragione io. “Provare per credere. Credere per provare.” (Padre Nicola, grotta di Massabielle, 22 maggio 2020, Santa Rita da Cascia, TV2000, Santa Messa da Lourdes, ore 7.14).

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