In un tappeto

Ugo e Michel | La grande abbuffata |

(Le illustrazioni sono di Lucia Lamacchia, che è responsabile di quanto segue almeno quanto lo sono Ugo e Michel)

Nulla ha mai inizio. Tutti i racconti, detti o ascoltati, partono sempre da un punto scelto dal narratore. Iniziano con parole che, nella loro successione, stabiliscono il ritmo della storia. Quelle prime frasi definiscono le regole del gioco: chi racconta e chi ascolta instaurano così un rapporto amoroso che chiamiamo narrazione.

Tutti i racconti iniziano con una scelta: Un luogo, un momento, un fatto, un personaggio, a volte più d’uno. Quell’arbitrio fa sì che due mondi distinti e distanti, quello del narratore e quello del lettore, possano decidere che forma dare alla loro relazione: spesso si annusano un po’ per poi lasciarsi subito dopo; a volte fanno l’amore una volta sola e può succedere che, in quest’atto irripetibile, mettano una passione selvaggia; in qualche raro caso, instaurano un rapporto solido e duraturo che, benché non sia mai esclusivo, li accompagnerà, tra alti e bassi, per tutta la vita.

Il punto di contatto tra quei due mondi è la storia che, come abbiamo visto, non ha mai un vero punto di inizio. Si intreccia alla vita ed è piena di nodi. Proprio come succede a un tappeto.

No, non stiamo dicendo una sciocchezza irrazionale. La storia e il tappeto si assomigliano tantissimo.

Facci caso. Per dire la tessitura usiamo parole che sembrano parlare della narrazione. Trama, ordito, intreccio, nodi… Ecco, i nodi. Uno dei modi per giudicare il pregio di un tappeto è il numero di nodi. Un metro quadrato può contenere una quantità strabiliante di nodi: un numero che varia da centomila a due milioni e quella densità definisce il valore del tappeto.

I grandi maestri tessono tappeti con una densità elevatissima, raggiungendo una risoluzione dell’immagine così nitida da presentare un disegno indistinguibile da quello di Dio. Ed è questo il motivo per il quale inseriscono, nel loro manufatto ineffabile, un errore, un’eccezione: non vogliono peccare di superbia. Vogliono che il loro lavoro, nella sua straordinarietà che sfiora la perfezione, sia riconducibile alla mano umana che lo ha realizzato.

Anche noi, cara, mentre chiacchieriamo di storie e di tappeti, abbiamo dovuto scegliere, con un arbitrio, un punto di inizio. Il nostro dialogo ha definito le regole del suo racconto con tutti gli accorgimenti che mettiamo in atto, oscillando tra tradizione, appresa nel corso delle nostre vite, e violazione della norma, senza la quale l’evoluzione sarebbe impossibile. Il gioco degli sguardi, le gentilezze, la scelta del locale e poi delle portate e del vino, la ricerca degli argomenti di discussione che rendano l’atmosfera calda allegra, il momento dell’ascolto, vero o simulato che sia, i timidi contatti…

La narrazione e la seduzione che intessiamo stasera produrrà un disegno che non sappiamo ancora dire. Siamo trama e ordito, fabula e intreccio, amore e morte. Ci siamo dati un metro quadrato di vita comune e dobbiamo disporre in quello spazio il numero più grande possibile di nodi. Ci saranno errori, certo, perché sicuramente non siamo divini.

Presto sapremo se questa serata si concluderà con un sorriso e un saluto dopo esserci annusati solo un po’; se faremo l’amore una volta sola, magari con una passione selvaggia; oppure se saremo così fortunati da instaurare un rapporto solido e duraturo che, benché non esclusivo, ci accompagnerà, tra alti e bassi, per tutta la vita.

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