Pangolini e satiri: a rischio di estinzione

Paolo Interdonato | La cassetta degli attrezzi |

In natura esistono animali stranissimi. C’è il tardigrado, che pare un invasore alieno inventato da Moebius, oppure l’ornitorinco, che va bene che non si butta niente, ma si vede che è fatto con materiali di recupero (la battuta è di Stefano Benni e viene da Terra). C’è addirittura il pangolino, che è un formichiere corazzato ed è privo di difese immunitarie contro i virus infettivi. Questa situazione paradossale non solo si rivela un vantaggio evolutivo (cui, come umani invidiosi, cerchiamo di sopperire portandolo all’estinzione) ma lo trasforma in un potenziale portatore sano di malattie che potrebbe essere il veicolo che facilita la trasmissione da una specie all’altra. Forse addirittura SARS-CoV-2.
“Pangolino” è anche il titolo di una pubblicazione satirica. Un albo autoprodotto, in pieno lockdown, che imita e parodia nella forma il settimanale “Topolino. Marco Tonus, che è l’ideatore del progetto, ha coinvolto nella produzione del giornalino Stefano Antonucci, Maurizio Boscarol, Fabrizio Pluc Di Nicola, Paolo Francescutto, Lino Giustazzi, Walter Leoni, Gianluca Maconi, Bruno Olivieri, Filippo Peppo Paparelli, Alessio Rizzo, Luca Salvagno, Alessio Spataro e Upata. Poi, in tempi contenutissimi, invece di infornare pizze e pagnotte come pare abbiano fatto tutti gli italiani nello stesso periodo, ha messo insieme un gioiellino.

Mi accorgo tardi dell’esistenza di “Pangolino” intercettando un disegno sulla bacheca Facebook di Alessio Spataro e scrivo a Marco Tonus, all’indirizzo pangolinomagazine@gmail.com.

Paolo: Ciao Marco, Come faccio a comprare “Pangolino”? Sono ufficialmente anziano da poche ore e non riesco a trovarlo. (Prima ero solo distratto). Grazie.

Marco: Ciao Paolino Interdonatino, grazie per aver scritto a Pangolino. Ecco le istruzioni a prova di anzianità [se le vuoi anche tu, scrivi a quell’indirizzo e Tonus/Pangolino, efficientissimo, ti dirà tutto quello che ti serve].

Svolgo le operazioni richieste e mando un’altra mail con il mio recapito e gli estremi del versamento. Pochi giorni dopo suona il citofono e il postino mi consegna – rispettando le norme di distanziamento anti-contagio – il plico giunto con spedizione tracciata e raccomandata. Apro il pacchetto e dento c’è il libricino rosso e due cartoline, delle medesime dimensioni, che richiamano le copertine degli albi Nerbini. “Pangolino” è un oggetto molo bello, con carta ottima e qualità di stampa e produzione altissima: una parodia così tanto curata da rischiare di trasformarsi in un feticcio per i collezionisti. Il suo sfoglio rivela un’impostazione grafica, una scelta della palette dei colori e una scansione dei contenuti che rendono l’albo indistinguibile da un qualsiasi numero di “Topolino”.
L’albo è esattamente quello che mi aspettavo, una raccolta di brevi fumetti comici e satirici, con un livello di professionalità che ci si aspetterebbe dall’editoria maggiore e non da un’autoproduzione. Leggo divertito. La struttura armonizza i contenuti diversi e tende ad appianare le disparità. Mi pare che i singoli pezzi siano mediamente migliori di quelli che si trovano, in questo periodo, sulle pagine del francese “Charlie Hebdo” e dello spagnolo “El Jueves”, forse perché quelle due pubblicazioni sono settimanali e perché – dannazione! – non esiste un loro corrispettivo italiano. Arrivo quasi alla fine dell’albo e già penso di scrivere un messaggio di ringraziamento a Marco Tonus, quando mi imbatto nella pagina dei giochi.

Da ammiratore di Harvey Kurtzman, sento sempre un brivido quando l’ambito della parodia abbandona i fumetti per tracimare nei contenuti redazionali. Provo addirittura a fare un rebus. Questo.

Dopo un attimo, mi monta un senso di disagio che, in un niente, si trasforma in incazzatura. Non riesco neanche a razionalizzarla. Non la capisco. Il rebus è innocuo, semplicissimo e con una soluzione topolinesca. Ma c’è quel ragazzo, affetto da sindrome di Down, che mi scuote. Raramente resisto agli impulsi e, benché sia affetto da un’anzianità che mi dovrebbe rendere più saggio ragionevole e meditativo, appoggio le dita sulla tastiera e scrivo a Tonus.

Paolo: Ricevuto Pangolino, letto e goduto…
Mi piace molto come oggetto e, in questo momento, mi piace tenerlo in libreria, di faccia, accanto alla targa che riproduce la copertina del primo numero del “Topolino” mondadoriano.
Ho avuto un fremito di schifo per il rebus con il ragazzo affetto da trisomia 21 che viene usato perché all’autore non è venuta in mente una soluzione migliore per concludere la parola lockdown. Qualora l’autore non avesse un’ottima giustificazione (che io al momento non riesco a intercettare), sputagli in faccia da parte mia, per favore.
Grazie e ciao
p

Marco: Grazie, lieto ti sia piaciuto. Lo sputo me lo tiro addosso. È stata una scelta dibattuta, ero dubbioso e ne ho discusso con varie persone e alla fine abbiamo convenuto che ci poteva stare essendo una parola. Comprendo il tuo disappunto, comunque.

Paolo: Guarda che non è un problema di censura nell’uso delle parole o di political correct. Mi pare proprio una scelta satirica sbagliata. Parlando della trisomia 21 entriamo in un territorio ancora difficilmente manipolabile. Non è un disagio accettato socialmente che l’immaginario ha reso tollerabile (bipolarismo, asperger, forme di disabilità …). È ancora una sfiga pesa.

Marco: Non è in contesto offensivo, è solo finalizzato alla soluzione del rebus.
C’è chi mi ha fatto notare che averlo messo era una presa d’atto dell’esistenza che spesso viene ovattata. E sono persone che lavorano con loro. Non hanno rilevato l’inopportunità. Ti assicuro che ci siamo fatti molte domande prima di usarla.

Paolo: È evidente che invece io di domande me ne sono fatte meno. Perché mentre leggo le tue risposte pacate mi accorgo che il mio è proprio un problema di censura nell’uso delle parole. Temo che tu abbia ragione e io torto… Che non succeda mai più. Detesto avere torto.
Quel rebus mi ha scatenato schifo e rabbia. Era la cosa giusta da fare.

Marco: Guarda, io che l’ho pensato ero il più dubbioso. Ho sondato molto e la risposta di chi si occupa del tema mi ha rassicurato. Alcuni mi hanno semplicemente detto: «È una persona down, ce ne sono tante in Italia, esistono, non è messa in alcun contesto offensivo.»

Paolo: Ed è una risposta sensata. Una mia amica sta progettando una serie d’animazione sulla sindrome di Down, credo anche per sopperire all’assenza di rappresentazioni della trisomia 21 nell’immaginario. Una forma di rimozione del male che non vogliamo vedere. Un po’ come quando Paco Roca dice di aver fatto Rughe perché c’era sempre qualcuno che gli faceva rimuovere gli anziani dai disegni che faceva per la pubblicità.

Marco: In passato ho lavorato per una associazione di Down. C’è un progetto nella mia città, dove queste persone vivono insieme in una casa senza “assistenti”. Uno degli inquilini faceva spesso una battuta: «Oggi sono in down… cioè… oggi di più».
Credo sia un tema tosto da affrontare, specie nella sua rappresentazione. Infatti ho cercato di essere meno grottesco possibile.

Paolo: Scusami Marco, sono stato uno stronzo… Mi dispiace, la solita aggressività del cazzo che mi fa conquistare la fama di peggio antipatico del pollaio

Marco: Comunque mi fa piacere, figurati. Ho le spalle larghe e mi piace che un poco anche quel rebus apra discussioni. Spero che “Pangolino” rimanga accanto alla cover di latta.

Resterà lì ancora per un bel po’. È un oggetto molto bello. E mi ha fatto incazzare. E avevo torto. Ha ottime ragioni per rimanere lì.

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