ARABELLA URANIA STRANGE

Nel mio gruppo di amici e amiche parliamo spesso della canzone-del-nostro-funerale. Al mio sanno che dovranno aprire la playlist con Atmosphere dei Joy Division. È struggente. Il testo è straziante, c’è anche quel «don’t walk away», non andartene, e «life rebuilding», ricostruire la vita, e mi è sempre sembrata piena di una speranza, inammazzabile, quella che freme in profondità anche quando si sta malissimo. La voce sghemba di Ian Curtis, che si ammazza due mesi esatti dopo che il pezzo è uscito in Francia, a tiratura limitata, come doppio singolo insieme a She’s lost control, quella batteria tribale, pesantissima, e i suoni così rarefatti, e quel frullo di piccoli campanelli che sembra il vento sull’acqua…. Don’t walk away in silence. E campanellini.


ALESSANDRA FALCA

Non la commento.


BORIS BATTAGLIA

Io sono del Giambellino, più prossimo alle esperienze di vita del Cerutti che a quelle degli intellò del circolo del Corvetto. Ma la sciambola, questo modo di trascorrere le serate con quattro amici al trani, a dirsela e a bere fino all’alba, per poi alzarsi dal biliardo per andare a lavorare nella scighera del mattino milanese; questo modo di vita, dicevo, era il mio, prima di lasciarla, la vita, distrattamente su una seggiola del bar.


LORENZO CECCHERINI

Quando sei morto è meglio andare sul sicuro – per metterla su un piano luttuoso ma debauché quanto basta per essere tutti ubriachi dopo una ventina di minuti, rivolgersi a Lanegan è una giocata infallibile. Mi piace l’idea del banchetto e della bisboccia, non quella di annoiare tutti con le giaculatorie del caso. O forse, malevolmente, vi voglio tutti con un gran mal di testa il giorno dopo.


GIORGIO TRINCHERO

Morire non mi fa paura: ci riescono tutti. La consapevolezza di poter sempre andar via, che tanto non siamo indispensabili, è un’idea che mi alleggerisce, mi fa sorridere, mi rende libero. E poi, l’apocalisse gestita da una ditta di traslochi, ma cosa volete di più?


PEPPE LIBERTI

Il mio scontatissimo brano da funerale è Lighthouse di Patrick Watson, tristissimo come si conviene al caso ma con un sorprendente finale spaghetto-western alla Morricone. Il brano fa parte di Adventures In Your Own Backyard, quarto album del cantante-pianista canadese uscito nel 2012 il giorno del mio compleanno. Non mi serve altro.


PAOLO INTERDONATO

Ecco… Sono arrivato tardi. Alessandra si è presa Rido di Jannacci. Quando ho chiesto se potevo usarla anche io, mi hanno detto di no e che ne dovevo avere una tutta mia. Allora mi è venuta la tentazione di dare fastidio a ogni eventuale partecipante al mio funerale (perché, stanne certo, io non ci sarò di certo) e di chiedere Dio è morto. Sai che risate… No, eh? E, allora, a tutti quelli che vorranno venire a salutarmi in mia assenza (e, che cazzo, ci voleva tanto a darmi un colpo di telefono quando ancora c’ero e a invitarmi a bere un bicchiere?), posso solo dedicare un ultimo atto d’amore. Adius di Piero Ciampi.


OFFICINA INFERNALE

…visto che si parla di cambiamento, ho scoperto i Jawbox tardi, tardissimo, appartengono alla scena post HC di Washington anzi sono la seconda generazione, visto che prima erano i Government Issue più o meno…, scelgo questo a discapito dei miei “amori” Grindcore,Metal, Drone, Sludge, Harsh Noise e tutto lo spettro di roba estrema che possa uscire da un amplificatore… li ho scoperti quasi per caso come sempre, come tutto… essendo un periodo di transizione/cambiamento ci sta tutto… poi domani cambio idea e ci metto i Terrorizer… sempre se sono in tempo, trattandosi di un funerale.


FRANCESCO PELOSI

Mi piace l’idea della morte rituale e della rinascita, metaforica o meno. Mi piace anche l’idea einsteniana dell’eternalismo e quella più vicina all’oriente del “non siamo mai morti, non siamo mai nati”. Non so quindi se per l’ultima morte di questo giro di giostra, e relativa festa funebre, vorrò proprio il Tema di 8 ½ di Nino Rota. Ma per questa é perfetto, anche perché Metamorfosi l’Antica ha disposto che oggi, 31 Ottobre, oltre che il giorno di questa nostra QUASI morte é anche l’anniversario di quella di Federico Fellini, ventisette anni fa, mentre domani, 1 Novembre, sarà quello della mia trentaseiesima rinascita. Per cui tutti in cerchio a ballare, salutando col cappello nella nebbia. Viva!


OMAR MARTINI

La morte mi crea disagio. Forse la mia (tendenzialmente, non ci penso), molto di più quella degli altri. Per cui, quando arriverà quel giorno, voglio andarmene col botto (improvviso, senza strascichi) e mettendoci meno tempo possibile. Per cui, pezzo veloce (2 minuti e due secondi) e col piede sull’acceleratore, augurandomi che quelli che parteciperanno apprezzeranno la sintesi. Se non fosse così, beh… aspetto le vostre lamentele a posteriori.


MABEL MORRI

C’è una Nazionale Italiana che nel 2019 a Tucumàn in Argentina è diventata Campione del Mondo: la Nazionale di bocce. Mi è sempre piaciuto pensare che qualora ci fosse un mio funerale (ma io non lo saprei mai comunque) dovrebbe essere un momento pacifico. Cosa c’è di più serafico del mare, di una bocciofila e dello “Stock!” che eccheggia sulle piste, e di una birretta fresca all’ombra di una veranda?


LUCIA LAMACCHIA

Perché non state facendo qualcosa di bello? Che il low-fi vi faccia scappare da qui! [LL]


FRANCESCO BARILLI

Giorgio Gaber morendo è diventato un santino, spesso citato in contraddittorie analisi su quale sia stata la sua collocazione ideologica. Etichettarlo è un gioco a cui non voglio partecipare. Per me, è stato un artista interessante quando denunciava i vizi della borghesia; discutibile quando si lanciava in analisi politiche che, al di là del suo estro interpretativo, erano poco più che populismo ante litteram; commovente quando dimostrava la capacità di saper mettere in discussione, nell’uomo borghese, innanzitutto sé stesso. C’erano momenti in cui era inimitabile, però. Quando cantava l’individuo, come in Gildo o ne L’illogica allegria. Sì, proprio L’illogica allegria è la canzone che vorrei venisse suonata al mio funerale. Mi piace pensare che saprebbe dare, a chi resta, quella serenità che tante volte ha dato a me. “Perché può bastare un niente, forse un piccolo bagliore, un’aria già vissuta, un paesaggio o che ne so … E sto bene…”.


MICHELE GINEVRA

Ho conosciuto questa canzone grazie ad una meravigliosa raccolta di Radio Popolare. Non so cosa dica, ma la sua triste melodia mi emoziona e la parte strumentale mi esalta. In particolare l’assolo di violino, una seconda voce, e le chitarre, ritmo della vita. Quante volte ho usato questa e le altre canzoni del cd per cullare e addormentare i miei figli quando erano piccini… Un commento ideale per andarsene…

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2 risposte su “Playlist: Changes

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