Preferirei di boh

Ugo e Michel | La grande abbuffata |

(Le illustrazioni sono di Lucia Lamacchia, che è responsabile di quanto segue almeno quanto lo sono Ugo e Michel.)

È un momento strano. Sembra che tutti abbiano le idee chiare. Su qualsiasi argomento. Forse è stato sempre così, ma non ci sembrava, Ci avevano spiegato che invecchiando ci si radicalizza nelle proprie posizioni. Si diventa tutori di valori del bel tempo che fu, incapaci di capire la contemporaneità. «Ai miei tempi…», si dice, quasi che i nostri tempi siano passati e noi si sia trapassati.
Eravamo pronti a non capire la musica, il cinema, l’arte e le forme di divertimento. Eravamo pronti a inveire contro i giovani e la decadenza dei costumi. Eravamo pronti perfino a bucare il pallone dell’incauto ragazzino che lo avesse fatto piombare nel nostro giardino.
Non credevamo certo che sarebbe stato così difficile. Non qualcosa in particolare. Difficile tutto. Difficile capire tutto. Difficile avere opinioni chiare e decise su ogni argomento.
In fondo, nella nostra gioventù, politica e impegnata, abbiamo creduto nella libertà e abbiamo lottato per la democrazia rappresentativa. Ci sembrava il modo di gestire la cosa pubblica più sano ed economico. Invece di avere un’opinione su qualsiasi argomento, pensavamo che si potesse scegliere un individuo, o un gruppo di individui, che si incaricasse di raccogliere informazioni, analizzare i fenomeni e decidere la cosa che avremmo deciso noi se fossimo stati in possesso dei medesimi dati e delle stesse competenze.

Poi improvvisamente, dopo aver appurato che «i politici son tutti ladri», è esplosa la moda della democrazia diretta. La rappresentanza non si portava più. E tutti a svuotare l’armadio dai vecchi arnesi novecenteschi che avevamo accumulato inutilmente. Tempi nuovi richiedono nuovi strumenti. Abbiamo imparato in fretta a usare il telecomando e la lavatrice; non abbiamo avuto particolari problemi a programmare il termostato di casa e a tenere nella tasca della giacca un telefono che ci rendesse capaci di interagire con chiunque ovunque; abbiamo superato l’ostacolo degli smartphone e delle loro app incomprensibili; alla fine il nostro essere anziani è emerso quando abbiamo dovuto capire i nuovi valori elettorali.
Continuiamo a credere di non essere in grado di avere un’opinione su tutto. E, figli del secolo scorso quali siamo, abbiamo deciso di delegare tutte le nostre scelte e le nostre decisioni alla signora Berta.

La signora Berta arriva dopo pranzo, due volte alla settimana: il lunedì e il giovedì. L’abbiamo contrattualizzata adeguatamente e, anche in questo periodo di spasmodica attenzione alle possibilità di contagio, non manca un appuntamento. Ci aiuta nelle faccende domestiche, lavorando per noi ma imponendoci regole ferree, alle quali non sappiamo più rinunciare. Il nostro momento preferito è il giovedì pomeriggio: le apriamo l’asse da stiro, le predisponiamo la costosa macchina a vapore che ha preteso acquistassimo e allineiamo le camicie e la biancheria seguendo pedissequamente le sue indicazioni. A quel punto ci sediamo ben distanti da lei e iniziamo a chiederle opinioni che ci facciano capire come funziona il mondo. E lei, oracolare, inizia a elargire saggezza spicciola, alla nostra portata.

«Il virus? Mah… Devo fare attenzione perché mio genero ha paura che, se se lo prendono i suoi genitori, poi quei vecchi bacucchi muoiono. Mi dice che, se mi comporto male, non mi fa più vedere i due piccolini. Però devo lavorare e mica posso stare sempre con i guanti e la maschera. Speriamo che i miei angioletti se la prendano all’asilo, così poi quello smette di rompere le balle a me.»

«Prima gli italiani? Ma a fare che cosa? Io ho quasi sessantacinque anni e faccio questo mestiere da trenta. Quasi sempre in nero. E anche prima, quando lavoravo in negozio, mica ero in regola. In pensione non ci vado. Prima gli italiani a fare cosa? Questo mestiere? Lo venissero a contendere alle tante straniere che lo fanno e la sera hanno la schiena a pezzi come me.»

«Cosa votare? Io non sono né di destra né di sinistra. Tanto sono tutti ladri. Però preferivo quelli di una volta, con quei simboli che sulla scheda erano al loro posto e li riconoscevi facilmente. Erano ladri, ma ordinati. E poi erano bravi a rubare: lo facevano di mestiere. Avevano capito che, per continuare a farlo, non potevano saccheggiare e distruggere, ché poi si insospettiscono e mettono le inferriate. Meglio il taccheggio. Un pezzo alla volta e non ti becca nessuno.»

«Ma signor Ugo! Ma come fanno a votare per quelli lì? Basta guardarli in faccia per capire che sono stupidi. E poi, quando parlano, sembra di sentire i testi di quelle canzoni trappiste che ascolta il grande. Parolacce e verbi sbagliati. I miei piccolini parlano già meglio e non hanno neanche iniziato le elementari.»

«Anarchica? Perché non voglio questi partiti? Mi piaceva l’idea. Una volta ho cercato di iscrivermi all’anarchia, ma non ho trovato l’iban per fare il versamento. Mia figlia mi ha detto che devo usare Paypal. Ma io sono vecchia e quelle diavolerie non le so.»

Grazie, signora Berta.

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