Quasi scientifico (ovvero il Tao di Naruto)

Francesco Pelosi | La cassetta degli attrezzi |

L’uovo di una gallina può essere diviso concettualmente in tre parti, guscio, albume e tuorlo. Lo stesso vale per un frutto, come la pesca, con pelle, polpa e nocciolo. E in fin dei conti anche per noi è la stessa cosa: la pelle è il guscio, l’anima l’albume e lo spirito il tuorlo. Questo ovviamente se crediamo a qualche scuola esoterica o mistica, ma anche solo metaforicamente il discorso è interessante. In fondo basterebbe sostituire anima con coscienza e spirito con pensiero, così da avere una terminologia più vicina alla nostra sensibilità. Certo, se fossimo nati in oriente, i termini anima e spirito non provocherebbero in noi alcun fastidio né fraintendimento. Fossimo giapponesi, cinesi o indiani, cresciuti all’interno di un sistema di pensiero profondamente “spirituale” (ma non necessariamente religioso), sapremmo perfettamente che gli esseri umani sono composti da queste tre parti. Guscio, albume e tuorlo.
Una qualsiasi di queste filosofie, sia essa il Buddismo, l’Induismo o qualche altra loro derivazione magari sciamanica, ci avrebbe spiegato fin dalla culla che tutto in natura ha un corrispettivo in qualcos’altro, tutto ha una valenza simbolica oltre che una funzione oggettiva o scientifica. Il motto più famoso dell’esoterismo recita “come in alto, così in basso”, ovvero ciò che esiste nel piccolo è specchio di ciò che esiste nel grande, e lo stesso concetto troviamo, per esempio, nel Tao Te Ching, alla base del taoismo cinese, o in altri scritti dello stesso ambito.

In uno di questi libri (anche se ora non ricordo quale), si trova una simile tripartizione simbolica, riferita anche alle “zone” del corpo umano: ventre, pancia e gambe simboleggiano il guscio, il corpo; cuore, polmoni e braccia l’albume, l’anima; la testa il tuorlo, lo spirito. L’anima sta quindi fisicamente (all’interno di questa corporalità simbolica) in mezzo fra lo spirito e il corpo e funge da passaggio fra i due. È la scala, il traduttore, che fa scendere lo spirito nel corpo, che ne interpreta il linguaggio e lo trasforma.
In pratica, quando ho un’idea in testa – lassù, nei regni iperuranici dello spirito – per metterla in atto, cioè per materializzarla, devo farla fare alle mie braccia (corrispondenti, insieme a cuore e polmoni, all’anima) che attraverso le mani la renderanno concreta, la faranno. Smembrato in questo modo, il procedimento spontaneo che mettiamo in atto ogni volta che prepariamo da mangiare, che disegniamo, scriviamo, puliamo casa o facciamo benzina, ci fa sembrare maghi o alchimisti. Ogni volta che un pensiero viene realizzato nella materia si sta compiendo una piccola rivoluzione, uno straordinario gesto creativo. L’anima è il grande trasformatore.

In Naruto di Masashi Kishimoto la particolare energia fisico-spirituale che differenzia i ninja dai normali esseri umani viene chiamata chakra. Senza avere nulla a che fare (o quasi) con le sette ruote energetiche delle filosofie indù, il chakra di Naruto è un’energia che circola nel corpo attraverso un sistema molto simile a quello dei meridiani della medicina tradizionale cinese e che permette al ninja di potenziare le proprie arti marziali e di attingere ad arti magiche e illusorie. Per ricorrere al loro chakra, solitamente i ninja lo “impastano” all’altezza del cuore, attraverso specifici gesti delle mani (lo manifestano cioè, tramite mani e braccia, protesi simboliche dell’anima).
Il chakra ha cinque differenti alterazioni che possono manifestarsi in ogni guerriero, alterazioni che danno il nome ai cinque grandi Paesi ninja del manga e che si rifanno quasi perfettamente ai cinque elementi della medicina cinese: quelli che da sempre sono Fuoco, Terra, Metallo, Acqua e Legno, in Naruto diventano Fuoco, Vento, Fulmine, Terra e Acqua. In entrambi i sistemi, gli elementi sono legati fra loro in un circolo causale, ma se in Naruto il cerchio determina principalmente quale elemento sovrasta l’altro, nella medicina cinese la ruota può fare anche il giro opposto, producendo così rapporti sia creativi che distruttivi (per esempio: il Legno alimenta il Fuoco ma allo stesso tempo il Fuoco consuma il Legno). Nella tradizione occidentale gli elementi sono quattro, ma la circolarità dei rapporti non cambia. Proseguendo con le nostre corrispondenze simboliche e sovrapponendo il corpo umano alla ruota dei quattro elementi, sulla testa, la zona dello spirito, troviamo il Fuoco, nella zona dell’anima ci sono Aria e Acqua e nella zona del corpo, ventre-pancia-gambe, la Terra. 

Anche la squadra 7 guidata da Kakashi e di cui all’inizio del manga fanno parte Naruto, Sakura e Sasuke, rispecchia queste corrispondenze.
L’ombroso e irraggiungibile Sasuke è lo spirito: genio del combattimento, ninja “puro” e custode di quella che viene definita un’abilità innata. Come lo spirito, non è contaminabile, ma viene irretito da Orochimaru con la promessa di un potere ancora maggiore, così da poter compiere la sua vendetta. La sua potenza e la sua volontà però rimangono quelle limpide e brucianti di un fuoco, ed è solo la sua anima, che sta in mezzo fra i regni invisibili e quelli materiali (potremmo dire, con Henry David Thoreau, che «trema sull’orlo»), a venire corrotta. Sasuke viene dalla casata degli Uchiha e dal suo retaggio ha ereditato lo Sharingan, un’abilità illusoria che risiede negli occhi, al centro della testa appunto, nella zona dello spirito. È posato, osserva molto e non si lascia travolgere dalle emozioni, tutte qualità che appartengono allo spirito.
Naruto al contrario corrisponde al corpo: è perseverante ma non è un genio e impiega molto tempo in allenamenti durissimi per apprendere tecniche nuove e per migliorarsi. Le qualità dell’elemento Terra sono infatti l’assorbimento, la consistenza (o perseveranza) e il consolidamento. Naruto usa tutte le sue forze, senza requie, per raggiungere un livello pari a quello che Sasuke ha spontaneamente in sé, e una volta che c’è riuscito è anche più forte di lui perché ha portato il suo potere, le sue idee, qui nel mondo della materia attraverso le braccia e il sudore. Ha cioè materializzato il suo spirito attraverso la sua anima.
Il potere di Naruto  è situato nella pancia, dove, da bambino, gli è stato sigillato il demone della Volpe a Nove Code. Naruto al contrario di Sasuke è un impulsivo e si lascia facilmente prendere dalle sue emozioni, la cui sede simbolica è proprio nella pancia. In più il suo potere non gli appartiene: il chakra della Volpe non è suo, lo ha in prestito, per così dire, proprio come il corpo che secondo alcune filosofie “non ci appartiene”, ma è della terra che ci ospita, anzi, è quella terra. L’unica cosa veramente nostra è lo spirito, così come il potere di Sasuke è congenito.

Durante la storia poi, i ruoli dei due andranno quasi ad invertirsi, con Naruto che impara a controllare la Volpe e le sue emozioni, in una parabola ascendente che lo porterà a diventare Hokage, il ninja più potente del suo villaggio, e con Sasuke che invece ne diverrà preda, lasciandosi quasi consumare dai demoni nascosti dentro di sé. Quando il percorso di entrambi sarà completo, cioè quando anche Sasuke avrà compiuto un lavoro profondo per superare i propri limiti, la contrapposizione fra i due non avrà più motivo di essere e anzi, lascerà posto alla naturale amicizia che fin da subito si percepiva.
Sakura, infine, corrisponde all’anima: è lei che intercede fra i due rivali-compagni, è lei che li tiene uniti facendoli riappacificare o li divide innamorandosi di Sasuke e facendo inizialmente ingelosire Naruto. I suoi poteri sono curativi, è la presenza femminile del terzetto e per questo porta la saggezza delle tecniche medicali, operando attraverso le braccia, gli arti dell’anima. L’Acqua e l’Aria in questo caso sono elementi femminili, e il femminino, simbolicamente, è raccolta e unione, è il vero Uno, con buona pace della cristianità patriarcale e androcentrica (basti pensare agli spermatozoi maschili, tanti, riuniti nell’ovulo e nel ventre femminile, uno).

La realtà è un’unicità molteplice, un’oggettività soggettiva. Sarebbe bastato nascere in un altro continente o addirittura in un’altra epoca, per vedere questo gioco di corrispondenze, metafore e analogie come fondamentali, quasi scientifiche. Per fortuna siamo in occidente nel XXI secolo, e abbiamo tutte le possibilità immaginative per pensarla comunque così.

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