La patata bollente

Boris e Paolo | QUASI |

Hai deciso di preparati una bella insalata di patate, quella con aglio, prezzemolo e una delicata vinaigrette. Hai fatto bollire le patate, le hai scolate e adesso devi sbucciarle, perché ti hanno insegnato che le patate vanno lessate con la buccia, altrimenti assorbono l’acqua durante la cottura e perdono vitamine e sali minerali. Non sei un chimico, non sai se è vero. Ma ti attieni scrupolosamente alle regole apprese.
Hai fame, non hai tempo di lasciarle raffreddare e questo è un problema, perché le patate appena lessate scottano come tizzoni d’inferno. Come fai a sbucciarle? Te le rimpalli una alla volta da una mano all’altra, levando la buccia (viene via facile), ma poi non ce la fai più, scottano troppo, e le lasci cadere nello scolapasta. Aspetterai che si raffreddino.

Scrivere un editoriale è decisamente come tenersi tra le mani una patata bollente. Non facciamo altro che rimpallarcela tra noi.

– Lo scrivi tu l’editoriale di questa settimana, vero? Poi io lo rimaneggio.
– Ma se non rimaneggi mai niente! Correggi due refusi e dici che va bene così.
– Perché siamo in perfetta sintonia, e tu riassumi sempre perfettamente il succo dei nostri incontri redazionali e cogli puntualmente lo spirito che ci accomuna in questa avventura.
– Sì, ma sono stufo di doverlo fare io tutte le settimane. Adesso basta, tocca a te!
– Ma non so di cosa scrivere, adesso poi… che abbiamo l’argomento fisso… è una fatica doppia!
– Non me ne frega niente, tocca a te!

Ecco. Decidere cosa mettere ogni volta nell’editoriale è una vera gatta da pelare.

Non a caso Luigi Bernardi, a proposito delle problematiche del mettere insieme ogni mese un mensile di fumetti, sul numero 21 di “Orient Express” (maggio 1984) scrisse che «il problema vero però è l’editoriale: per un meccanismo diabolicamente perverso, ogni mese i direttori delle varie riviste vengono richiamati all’ordine: è tutto pronto, manca solo il tuo editoriale. Vuoi deciderti a scriverlo?», poi – dopo aver sottolineato che il motivo principale per cui non si poteva invidiare Fulvia Serra era il fatto che lei doveva scriverne tre al mese di editoriali, per “Linus”, “Alter” e “Corto” (pensa a noi, che a seconda di quante domeniche ci sono nel mese ne abbiamo da scrivere quattro o cinque!) – continuava, «il problema si riassume in cosa scrivere in un editoriale? I programmi futuri della rivista? Si può fare ma non più di un paio di volte all’anno. Teorizzare nuovi modi di fare fumetti? Sì, si può anche fare, ma come non vergognarsene dopo? Prendere posizione su fatti e avvenimenti del mondo? Ok. Però c’è un sacco di gente pagata per questo. Presentare le novità del numero? Giusto.»

Certo presentare quello che il lettore leggerà nella rivista, per un mensile cartaceo, tenendosi in mano il quale si ha già tutto a disposizione, è una cosa sensata. Quanto lo è invece per una rivista settimanale i cui contenuti escono però di giorno in giorno e la cui programmazione non è definita con totale sicurezza fino alla domenica successiva? Un azzardo, complicato dal fatto che da questa seconda fase di QUASI abbiamo deciso di partire, ogni settimana, da un argomento dato. Che è anche il titolo dell’editoriale.

Vogliamo proprio vedere come la risolverà Omar, a cui tocca inaugurare una nuova rubrica sui giochi. Perché sì, dopo quello del calcio, era necessario esplorare anche questo sistema narrativo così rilevante, oggi, nella creazione di immaginario. Oppure come se la caverà Giorgio a fare i conti, questa settimana, con la patata bollente del suo “moralismo”. E Domenica, che comincia proprio questa settimana la collaborazione con QUASI raccontandoci le sue “derive debordiane”? Gallo, invece, come risolverà la gatta da pelare delle sue memorie da cucciolo? Francesco come affronterà la complessa arte della recensione cinematografica (hanno riaperto i cinema, evviva!, possiamo cominciare ad affrontare anche su QUASI la più grande macchina produttrice d’immaginario di sempre)? Alessandra invece, con quali immagini ci racconterà questa particolare declinazione del linguaggio metaforico? E il bassista Lorenzo? E i ritratti di Francesco e Lacame? E le bagatelle, gli strani anelli, le pietre sopra? Perfino quella playlist in chiusura di settimana?

Dopo aver elencato tutti i contenuti di quel numero di “Orient Express” Bernardi chiudeva l’editoriale strizzandoci l’occhio: «anche per questa volta me la sono cavata e posso firmarmi».
Luigi è un nostro maestro, e chiudiamo così anche noi. Anche per questa volta ce la siamo cavata. Non ci resta che stare a vedere come se la caveranno le bravissime collaboratrici e i bravissimi collaboratori di QUASI. Da queste righe che aprono la settimana, gli passiamo la patata bollente.

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