La poltrona di Valentina

Lella Parmigiani | Interni |

Eccola. Valentina sulla Transat, la poltrona di Eileen Gray.
È a suo agio, si vede. Ha molte cose in comune con Eileen:  la pettinatura, il desiderio di libertà, la voglia di vedere il mondo, un orientamento di genere non binario quando ancora non si diceva così.
Sono donne. Sono emancipate. Raccontano l’idea del percorso e della ricerca femminili in due secoli diversi.

Eileen nasce nell’Ottocento, per la precisione nel 1878, ed è una delle prime donne a frequentare una scuola d’arte.
Irlandese di famiglia aristocratica, figlia di un pittore, maturata in ambiente Art Nouveau, influenzata da Charles Rennie Mackintosh e dalle tecniche del maestro di laccatura Seizo Sugawara, a contatto con Walter Gropius, Robert Mallet-Stevens e il movimento De Stijl cresce, strutturata per creare, e progetta oggetti rivoluzionari.

In un’epoca in cui i mobili sono di legno, massicci e intagliati, e le poltrone rivestite di broccati, Eileen progetta una poltrona che è uno scheletro di poltrona ed è la poltrona che usa Valentina, un segno continuo, forte, nero.
È essenziale.
Toglie l’imbottitura, lacca gli arti nudi, li illumina, definendoli con giunture di cromo, con una raffinatezza e un uso dei materiali assolutamente pionieristici.
La sua meticolosa cura  dei dettagli è sempre attenta esplorazione.

Esplora anche la vita, sperimenta, si diverte, ama. Sicuramente è una donna complessa, curiosa, alla ricerca della propria identità.
Proprio come Valentina.

A 48 anni, nubile e in terra straniera, progetta con il suo giovanissimo amante, Jean Badovici, architetto e direttore della rivista “L’Architecture vivante “, un nido d’amore in Costa Azzurra, una delicata e innovativa geometria bianca, affacciata sul Mediterraneo.
Spinta, eclettica e geniale, è lei che ha progettato la famosa villa E-1027 a Roquebrune-Cap-Martin, da tutti conosciuta come “la casa di Le Corbusier” 1926-1929; un gioiello del Modernismo con interni funzionali, rigorosi, leggeri e multifunzioni, all’avanguardia nella scelta dei materiali, e studiati amorevolmente in ogni dettaglio.
Quella villa, per Le Corbusier, diventa un’ossessione.
Prima amico e mentore di Eileen, si trasforma poi in un rabbioso e fastidioso rivale.

Della villa Le Corbusier non sopporta l’elegante grandezza, la straordinaria semplicità, l’innovazione a misura d’ uomo. Giunge a fomentare l’attribuzione del progetto a se stesso, per lungo tempo.
Villa E-1027 contiene tutti i cinque principi dell’architettura moderna, appena teorizzati da lui nel testo Verso l’architettura, dato alle stampe nel 1923, considerato il Vangelo dell’architettura moderna: i pilotis, la pianta libera, la facciata libera, la finestra a nastro e il tetto giardino.
Principi che poi Le Corbusier applicherà con grande successo in casa Savoy nel 1928-1931, una delle opere manifesto del maestro di un’architettura non più accademica.

Quando Eileen, cinquantatreenne, abbandona il compagno e la casa, Le Corbusier viene ospitato nella E-1027 da Badovici e rabbiosamente imbratta le pareti dell’amico con otto murales grandissimi, coloratissimi, fortemente sessisti che ironizzano provocatoriamente sulla bisessualità di Eileen.
Charles-Édouard Jeanneret-Gris, l’uomo che si celava dietro lo pseudonimo Le Corbusier, sfregia la purezza e l’equilibrio degli interni, segna il territorio, lo marca e si fa fotografare nudo mentre ne dipinge i muri.
E quegli scatti diventano famosissimi.
Anni di vicende legali  seguono l’episodio che, con i precedenti complessi triangoli d’amore, contribuiscono a esaurire ogni  legame.

Eileen Gray, donna di enorme talento, dal carattere riservato, stremata,  sceglie  di confinarsi e allontanare da sé uomini con aspetti oscuri e  temibili che le biografie facilmente trascurano.
Mentre Le Corbusier ambisce a essere il primo maschio a coprire il discutibile ruolo di archistar, Eileen risponde ritirandosi.
Continua con passione la sua ricerca dedicandosi a progetti di architettura a carattere sociale, rendendosi sempre più invisibile nel mondo del design.
Dimenticata, non partecipa  neppure al C.I.A.M. il primo congresso internazionale di architettura moderna, organizzato da Le Corbusier nel 1928, congresso che nel 1933, alla quarta edizione, stese la Carta d’Atene, pubblicata in Italia nel 1960. Considerata il documento fondante del Movimento Moderno, quella carta enumera i novantacinque punti cardine che  enunciano i nuovi capisaldi della città funzionale e il suo impianto urbanistico. Edifici e quartieri sono divisi secondo le loro funzioni e le funzioni, a loro volta, in quattro categorie : abitare, lavorare, divertirsi, spostarsi.
La città viene analizzata in rapporto al territorio, alle condizioni economiche e quelle sociali. Le possibili soluzioni devono essere cercate guardando proprio a quei rapporti.

Le Corbusier muore a 78 anni nel 1965, affogando nudo nel mare prospiciente la villa E-1027.

Eileen Gray muore a 98 anni, nel 1970 mentre,  per un giusto destino, i suoi oggetti stanno diventando fortemente iconici e vengono prodotti industrialmente. Oggi quei manufatti, tuttora in produzione, sono considerati tra i grandi classici del design e destinati a un pubblico sempre più ampio e internazionale.

«Un lavoro acquisisce valore solo attraverso l’amore che riesce a manifestare», questa è la sua frase che preferisco.

Non stupisce che Guido Crepax, con la solita arguzia, inserisca nelle pagine del suo fumetto un oggetto che tanto ha a che vedere proprio con Valentina, in un racconto ispirato a “Histoire de l’oeil” di Georges Bataille del 1928.
Con diversa sensibilità rispetto al testo di Bataille, a Crepax interessa e diverte raccontare la profanazione e la violazione verso il mondo borghese – un mondo che è suo e anche di Valentina – mantenendo sempre un occhio distaccato e un tratto elegante in pagine che, come sempre, attraggono per la composizione ritmica e la raffinatezza del disegno.

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4 risposte su “La poltrona di Valentina

  • Sergio fantoni

    Interessante molto interessante, soprattutto per persone come me che hanno una cultura frammentata, vuol dire arricchire la conoscenza, scoprire mondi e capire meglio il profilo di chi questi mondi li ha approfonditi e ha colto l’essenza come non poteva non essere per la bravissima Lella Parmigiani. Grazie Lella, così scopro anche questa rivista che “Quasi” quasi me la leggo tutta.

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  • Daniele Prandelli

    Una forza irresistibile l’accostamento “Lella Parmigiani” e quel “La rivista che non legge nessuno”.
    Ma figuriamoci se Lella scrive su una rivista che nessuno legge… questa e’ una trappola; e difatti. Eccomi vittima dell’intento titillante che il sottotitolo, combinato alla forza creativa di Lella, provoca sulla mia curiosità.

    Con solo 59 righe mi sono state provocate tali e tante immagini ed argomenti da approfondire che le mie vacanze, proprio oggi iniziate, subiranno un cambio di programma.

    Non si scrivono 59 righe cosi senza essere pregni di quella cultura, formidabile humus per la tua innata creatività.
    Anche oggi, grazie Lella, la tua Arte e’ ancora una volta fonte di nuove ispirazioni.

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  • Giovanni Alan Bellandi

    complimenti Lella , in poche righe un quadro deciso e chiaro.Con pochissime parole metti in chiaro un oggetto e lo impreziosisci incuriosendo con la storia della sua creatrice e mi hai reso curiosio per le opere indubbiamente belle ma scaturite dalla meschineria sessista di:Le Corbusier.

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