The Eternal Sunshine of The Spotless Smut

Arabella Strange | Rorschach |

[Con la consueta attitudine da embedded journalist e con l’inesorabile prontezza che le permette di non mancare mai una scadenza, Arabella ci ha inviato alle 00:36 dello scorso primo ottobre il suo contributo al numero di settembre, dedicato a “Moana”. Avevamo due possibilità: pubblicarlo retrodatato, sperando di confutare la dimostrazione dell’impossibilità dei viaggi nel tempo fornita – empiricamente – da Stephen Hawking; pubblicarlo nel primo slot libero di ottobre. Per paura di innescare un paradosso temporale capace di far collassare il multiverso – e che ci avrebbe tirato addosso l’ufficio legale di Marvel-Disney – abbiamo scelto la via più semplice. Ci perdoneranno i lettori e Arabella se, in questo ottobre di “Mostri”, proseguiamo ancora un po’ il peana per Moana. Ma, a ben vedere, dentro ci sono anche un bel po’ di Mostri. ndr]


Provo a mettere due pensieri insieme per parlare di erotismo femminile.
Devo confessare che il tema del mese [scorso, ndr] “Moana”, mi fa pensare prima a «C. Ti tocchi» (la terza risposta a qualsiasi quiz nella parodia meravigliosa di Moana Pozzi che Sabina Guzzanti faceva nella trasmissione “Avanzi”) e solo dopo al porno (sbadiglio).

Lo confesso: il sesso mi interessa molto, la pornografia in quanto ripetizione e fruizione immediata mi annoia profondamente. So che il porno è parte importante dell’universo maschile e probabilmente anche di parte di quello femminile; semplicemente non è la mia tazza di tè.
Tanti anni fa, finite le prove della mia band (erano gli anni Novanta e io ero l’unica femmina, come al solito), dopo aver sentito i maschi parlare per mezz’ora di porno, ho chiesto che mi selezionassero due film, così li avrei guardati e magari ci avrei capito qualcosa. Me li hanno scaricati. «Li abbiamo scelti con un po’ di trama», mi hanno detto, compassionevolmente, e io ho visto, nell’ordine, un film che parlava di una tatuatrice bisessuale (“parlava” è un termine impegnativo) e l’altro di Biancaneve e i sette nani. Sto ridendo anche ora, perché mi ricordo più dello spunto di trama che degli interminabili incastri transformer dei corpi umani.  Ragazzi, deve essere un lavoro debilitante fare la pornoattrice.  So che ora ci sono registe donne che girano porno. Chapeau. C’è però una parte dell’erotismo a preponderanza femminile che mi affascina profondamente e che io consumo, ed è quello che si può trovare online su siti come Archive of Our Own.

Giungo al punto: se già consumate fanfiction, tutto quello che segue non vi interessa perché lo sapete già. Altrimenti ecco qua.


Le fanfiction (o fanfic, o fic) sono un genere letterario che è in giro dagli anni Trenta del Novecento. Le prime che mi vengono in mente sono quelle create dal fandom di Star Trek, Serie Classica.  La fanfiction ha tantissime sfumature, dal romance all’avventura, può consistere in un allargamento della storia raccontata nel libro o nella serie tv (ci sono fic di Star Trek che sono state pubblicate dall’editoria mainstream, Cinquanta sfumature di grigio era originariamente una fic di Twilight), ma tante, tantissime consistono di letteratura erotica. E sono scritte da donne.

La fanfiction è un genere letterario popolare ed estremamente democratico. Poco segmentato sul piano anagrafico, perché le scrittrici (e di quelle voglio parlare, quello mi interessa) possono essere tredicenni o boomer.  Una ragazza del Servizio Civile, con cui ho parlato qualche settimana fa, mi ha raccontato che a sedici anni ha pubblicato su uno dei siti appositi una fic di Harry Potter e in breve ha raccolto quarantamila visualizzazioni. Quarantamila.

Vorrei però raccontarvi di un fandom particolare, quello di una serie tv creata da Eric Kripke e prodotta da CW che si chiama Supernatural e della ship – la coppia, o relationship, voluta dal pubblico – più famosa del web, Destiel.
Destiel è la parola port-manteau per la storia d’amore tra Dean (Winchester) e l’angelo del Signore Castiel. Supernatural ha avuto quindici stagioni (una lunghezza stratosferica) andate in onda tra il 2005 e il 2020. Buffy The Vampire Slayer (vi prego, non fatemi tradurre Slayer che è una parola selvaggia e violenta, non a caso anche il nome di una delle band metal più potenti di tutti i tempi, con “ammazza”) era finita da due anni. Nelle mani di Joss Whedon un teen drama soprannaturale era diventato, in sette anni, una delle narrazioni più significative e sovversive non solo del genere horror, ma dell’epoca d’oro della televisione, innovando formalmente la tecnica narrativa, e della rappresentazione femminile e femminista: con Mark Field, sono effettivamente convinta che Buffy sia la più grande eroe americana mai scritta. Siamo quindi ancora nell’epoca d’oro della serialità televisiva: le stagioni delle serie americane durano 22 o 23 puntate, le vicende si sviluppano, gli archi narrativi hanno il tempo di complicarsi e i personaggi di passare da figure di contorno a protagonisti amatissimi. E il fandom ha un potere di fuoco mai più raggiunto dopo, niente a che fare con gli algoritmi delle piattaforme gigantesche di streaming di oggi. Dopo Buffy, le aspettative di contenuto e di forma per una serie horror fantastica erano altissime. CW sceglie il target maschio eterosessuale bianco (invece di ragazzine liceali e delle medie, come aveva pensato inizialmente chi aveva prodotto Buffy) e inventa due fratelli, Sam e Dean Winchester (cosa c’è di più etero e americano e bianco di questo cognome?) che attraversano l’America on the road su una Chevrolette Impala nera del 1967, «saving people, hunting things, the family business» (salvando persone, uccidendo cose, l’impresa di famiglia). Per strada il maggiore dei due, Dean, non disdegna di farsi una tipa in ogni città (ogni parola che userò è voluta).

Nel tempo, Supernatural si crea un fandom non enorme ma fedele, che ne determinerà la longevità assurda e la mitologia complicatissima. Da una trama che ruota prima intorno al classico “mostro della settimana” e poi intorno alla necessità di evitare un Armageddon biblico passeremo a una storia che coinvolge una rete di Cacciatori (hunters) che agisce su tutto il territorio americano per combattere i mostri, ma anche gli dèi di una elaborata mitologia pop e soprattutto gli angeli e i demoni. Scordatevi Dan Brown, gli angeli sono una specie feroce e terrificante, l’esercito di Dio – che però è scomparso. Sono gli angeli spaventosi dell’Antico Testamento, quelli che provvedono alla distruzione di Sodoma e Gomorra per intenderci.
E succede una cosa: la stagione quattro finisce con Dean che muore e, siccome ha fatto un patto coi demoni per resuscitare il fratello minore, va all’inferno. C’era stato uno sciopero degli scrittori, e la serie si era ritrovata con un protagonista morto. Con l’inizio della quarta stagione, gli autori decidono di inserire un angelo per riportare Dean sulla terra. Dev’essere un personaggio minore, destinato a durare due o tre episodi (ma attenzione: era già successo anni prima in Buffy che Spike fosse introdotto per morire poco dopo ma, grazie a una popolarità incredibile e inaspettata, fosse rimasto fino alla fine diventando, in tutte le classifiche successive, il vampiro più famoso di qualunque narrazione televisiva). Arriva Castiel, in una boato di vetri che esplodono, luci che fanno scintille, e ali di tenebra che lampeggiano per un istante. CW non riuscirà più a toglierselo dai piedi. E Supernatural inciamperà nella grandezza.

Per tre stagioni i due fratelli Winchester avevano combattuto da soli. Erano bellissimi. Tutte le donne o le minoranze etniche che incrociavano il loro cammino morivano quasi subito, come le peggiori camice rosse di Star Trek. Però era successa una cosa imprevista: il fandom si era allargato a una imponente presenza femminile. E le spettatrici volevano anche una storia d’amore, ma non c’era verso. In questi casi, le donne cominciano a shippare – è un fenomeno noto e studiato – una storia d’amore gay. Il fandom comincia a scrivere le proprie storie, per riempire le pieghe di una narrazione molto amata ma un po’ inappagante. Prima, un po’ a tentoni, scrive del Wincest (i due fratelli si amano romanticamente e sessualmente: un classico della letteratura gotica). Il fenomeno è così massiccio da far si che un’intera puntata di Supernatural sia incentrata su una slasher, una delle scrittrici di storie del Wincest. E Supernatural comincia ad ammiccare al fandom, riconoscendolo e prendendolo anche un po’ per il culo. Ma all’arrivo di Castiel (andate a vedere gli attori: tutti e tre sono bellissimi e supersexy), il fandom femminile esplode. Gli attori che interpretano Dean e Castiel sullo schermo hanno una chimica inaspettata e straordinaria. Gli scrittori cominciano a giocarci. Sì, no, sì: viene introdotto, per le occhiate drammatiche che i due si scambiano, il termine eyefucking, scoparsi con gli occhi. Comincia una delle storie di queerbaiting più famose della televisione.

Scrittori e produttori (anche loro cambieranno durante quei lunghi quindici anni) cominciano a lanciare messaggi contraddittori. Abbracci, occhiate appassionate, frasi a doppio senso, una danza di corteggiamento che un po’ è voluta e un po’ – questa è la magia delle storie che hanno tempo di svilupparsi, chi gioca a Dungeons&Dragons lo sa – nasce dalla storia stessa, dalle intuizioni degli attori, da millenni di umanità che si racconta le storie e sa come sono destinate a funzionare. Però CW aveva fatto il suo progettino sui maschi bianchi etero cisgender. Un po’ vuole accontentare le fan – puntate meta televisive sul sottotesto gay – un po’ no. Castiel muore. E un terzo del pubblico molla la serie. Raga, che tempi eroici.


Io l’ho guardata per quindici anni, dall’inizio, con le due lunghissime pause di ogni stagione e i cazzo di cliffanger prima di ogni pausa. Insomma, CW e produttori sono costretti a fare di Castiel il terzo protagonista. E il fandom femminile lo percepisce come gay. E identifica Dean come bisessuale.

I bisessuali maschi sono terrificanti – le femmine no, perché viva il porno – e, su questo fronte, la serie ha fatto una fine miserevole. Le due puntate finali raccontano uno scontro epico con Dio, e ok, interessante, ma l’episodio finale dopo una campagna della comunità queer e del fandom femminile viene votato su imdb con una stella, e diventa l’episodio meno popolare dei 327 dell’intera serie.
L’evento importante accade nella terzultima puntata: il fandom, che ha scritto decine e decine di migliaia di fanfiction, conquista The Love Declaration, la dichiarazione esplicita di Castiel a Dean Winchester: io ti amo, non posso averti, ma sono un angelo e la felicità è essere e dirlo, e io per la milionesima volta salvo il mondo per te.

Quando questo accade, il web esplode. Destiel is canon diventa un trend che oscura eventi importantissimi che accadono in contemporanea. Attualmente, le fanfiction su Destiel sono più di centomila. È un record. Le ultime tre puntate di Supernatural sono insieme una vittoria – il fandom era troppo colossale e non poteva essere ignorato, e visto il conservatorismo di CW è stato un evento incredibile – e una sconfitta – Dean ricambiava? Muore due episodi dopo, in un modo che viene immediatamente ridicolizzato. In rete trovate centinaia di Video Essays che analizzano la scrittura bisessuale di Dean Winchester in Supernatural. Spesso sono produzioni di un livello critico e analitico incredibile.

E adesso arrivo al punto, visto che questo che doveva essere un post-it sta durando quanto Supernatural: gran parte delle fanfiction su Destiel sono esplicitamente erotiche, dichiaratamente (nel senso che lo dicono le autrici, che sono a volte ragazzine nella loro cameretta coi poster, a volte docenti universitarie di narratologia) porno: «Now I am gonna write me some porn».
Nel linguaggio della fanfiction, il porno si chiama smut. È uno dei tag più popolari. Le declinazioni sono infinite: BDSM, universi paralleli di schiavi e dominatori, doppia penetrazione, ecc. A volte le fic sono lunghissime, divise in capitoli. A volte brevi. Io ne leggo tantissime. E mi sono fatta un’idea di quale possa essere, per me, la caratteristica di questo erotismo femminile così esplicito e così diffuso attraverso la scrittura (ma anche la fanart).
Il sesso non è mai un evento a sé stante. I personaggi sono già conosciuti, hanno una storia alle spalle, sono articolati, e di solito sono immaginati in relazioni piene di desiderio, attrazione, rabbia (altre tag: “unrequieted love”, “pining”, “angst”). Sono amori maledetti. C’è un universo di significati intorno a due che scopano per la prima volta. Di sentimenti, di emozioni. Nelle fanfiction più popolari piangi anche, poi per duemila parole Dean e Castiel si baciano, si toccano, si esplorano in tutti i modi. E sui siti la gente chiede titoli, si scambia segnalazioni – che per lo più portano a AO3: andate a vedere l’imponenza del fenomeno fanfiction.
La fanfiction è gratuita, e fuori dalle logiche del mercato. È fatta per passione. Vive di condivisione spontanea.

Nessunə lavora: scrivi fanfiction di notte, rubando le ore al sonno, o a un lavoro remunerato, utile al turbocapitalismo in cui tuttə abitiamo.
La fanfiction è l’esempio più accessibile di morte dell’autore. Se anche non hai mai letto Roland Barthes, è lampante come queste storie per chi le legge e le scrive non abbiano minore dignità del canon, cioè quello che è stato scritto e concesso dalle figure di potere, autori, produttori e reti televisive. Quando Castiel è morto (bastardi!) abbiamo capito tuttə che noi, lettricə e autricə, avevamo il potere di costruire un universo, di abitarci, e di dare anche un pezzettino di forma alla realtà. Se ne avevamo voglia, anche di usare le nostre storie per masturbarci, o per sognare sulla metro col cellulare in mano.

Un po’ più libere, un po’ più felici.

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(Quasi)