Il mondo del fumetto e la libertà d’espressione: “Boiled Angel” e il caso Mike Diana

Quasi | Visiting Professor |

di Nicola Stradiotto

Che cos’è la censura? 

La censura è il controllo, esercitato in maniera preventiva da parte di un’autorità o di un gruppo di potere, di informazioni, idee o espressioni del pensiero considerate inadeguate, offensive, pericolose o sovversive. Silenziando le voci controverse, dissidenti e scomode, il potere (politico, religioso e, oggigiorno, anche delle piattaforme digitali) plasma l’opinione pubblica, facendo prevalere un’ideologia ufficiale, celando le critiche che possono danneggiarne reputazione e imponendo una scala di valori etici e morali, con l’intento di tutelare l’ordine sociale, politico ed economico.
Il culmine dell’attività censoria lo troviamo nel Novecento, quando i regimi totalitari introdussero forme severe di limitazione delle libertà e del pensiero, con la distruzione dei contenuti considerati sovversivi e con l’epurazione di chiunque venisse considerato dissidente.
Andando un po’ più indietro nel tempo, anche un intellettuale come Giacomo Leopardi è stato considerato dannoso e pericoloso per la morale pubblica: le sue Operette Morali vennero inserite nell’Indice dei libri proibiti, elenco istituito nel 1559 da papa Paolo IV con l’intento di bloccare la diffusione delle opere considerate eretiche. In questo indice figurano autori come Boccaccio, Ludovico Ariosto, Voltaire, Calvino, D’Annunzio, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Machiavelli, Giacomo LeopardiEmile Zola… Gli ultimi aggiunti alla lunga lista sono stati Simone De Beauvoir, Sartre e Alberto Moravia. Un libro invece diventato davvero un’arma contro i popoli come il Mein Kampf, paradossalmente, non venne mai inserito in questo elenco. Il 14 giugno 1966 L’Indice dei libri proibiti venne finalmente abolito. 

Anche nel mondo dell’arte si è assistito a casi che hanno suscitato accesi dibattiti sulla libertà di espressione, dopo accuse rivolte agli artisti tacciati di immoralità (L’origine del mondo di Coubert, 1866), blasfemia (Piss Christ di Andres Serrano, 1987) o di andare contro l’unico pensiero consentito ( Ai Weiwei con le sue opere cariche di significati simbolici e politici, simboli di resistenza e di speranza).
Nemmeno il mondo dei fumetti è esente da censura: emblematico è il caso Miguel Ángel Martín, fumettista spagnolo che nel 1995 pubblicò Psychopathia Sexualis, definito «il fumetto più violento e ripugnante mai disegnato». Mentre nel resto dell’Europa il suo lavoro veniva acclamato, in Italia fu oggetto di una lunga vicenda giudiziaria che portò al sequestro dell’opera e alla distruzione delle copie con l’accusa di offesa al comune senso del pudore e contro la quale si levò un coro di voci autorevoli, tra le quali quella di Milo Manara. Il processo durò cinque anni. Si concluse con l’assoluzione dell’editore Jorge Vacca e la vicenda contribuì ad accrescere la fama di Martín.

Chi è Mike Diana?

Michael Christopher Diana, nato a New York nel 1969, è un fumettista underground americano. Il suo lavoro, in gran parte autopubblicato, tratta di tematiche come la sessualità, la violenza e la religione.
È stata la prima persona a ricevere una condanna penale negli Stati Uniti per oscenità artistica a causa dei contenuti del suo fumetto Boiled Angel
Le tematiche anti-religiose che affronta trovano radice nella sua frequentazione, quando era bambino, delle funzioni domenicali in chiesa: l’immagine del crocefisso, i sermoni sul castigo eterno delle fiamme dell’inferno e la mercificazione della fede attraverso la raccolta delle offerte durante le messe erano cose che lo disturbavano.
Trasferitosi in Florida nel 1979, durante l’adolescenza disegnava illustrazioni che molti trovavano inquietanti. In questo periodo, la sua avversione per la scuola lo ispirò a rappresentare l’uccisione violenta e cruenta degli insegnanti meno popolari.
Iniziò a pubblicare i suoi fumetti su riviste e zines, distribuite principalmente tramite posta. Il suo intento era aprire gli occhi delle persone sulla realtà, sconvolgendole con i suoi contenuti violenti, ricchi di nudità e di tematiche scatologiche. 
Nel 1988, il diciannovenne Mike Diana lavorava come bidello in una scuola elementare a Largo, in Florida, dove usava la fotocopiatrice dell’istituto per stampare il materiale per Boiled Angel. La pubblicazione, che trattava argomenti come stupro, sodomia sui minori, cannibalismo, mutilazioni e l’uso di droghe, venne distribuita a circa 300 abbonati. Diana venne licenziato dopo che parte del materiale stampato venne dimenticato nella fotocopiatrice.
Nel 1991, un agente delle forze dell’ordine della California entrò in possesso di uno dei suoi fumetti, alcune parti del quale gli ricordarono gli omicidi irrisolti degli studenti di Gainesville; alcune copie, inoltre, vennero trovate anche in casa di un indagato. Pochi giorni prima di Natale dello stesso anno, dopo che Diana aveva distribuito alcune copie di “Boiled Angel” n.6 appena pubblicato, gli agenti dell’FBI si presentarono a casa sua  e gli chiesero un campione di sangue per l’analisi del DNA, sospettando fosse lui il killer. I risultati del test lo esclusero dalla partecipazione ai delitti, ma l’FBI inoltrò comunque le informazioni su Diana e sul suo lavoro all’ufficio dello sceriffo della contea di Pinellas, in Florida.
Mike continuò il suo lavoro con “Boiled Angel” n.7 e n.8, alternandolo alla pubblicazione della graphic novel Sourball Prodigy. Ne inviò alcune copie a un agente di polizia sotto copertura che si spacciava per suo grande ammiratore, che le inoltrò al procuratore dello stato. Venne accusato del reato di oscenità per la pubblicazione, distribuzione e promozione di materiali i cui contenuti violavano la legge della Florida.

Diana si fece rappresentare da Comic Book Legal Defense Fund (CBLDF), organizzazione no-profit che, rifacendosi al primo emendamento per la libertà di espressione, gli garantì assistenza legale.
Durante il processo, il pubblico ministero sostenne che, nonostante le tematiche di “Boiled Angel” fossero facilmente assimilabili a quelle presenti in film horror di facile reperibilità, in questi ultimi la violenza e la sessualità estrema erano rappresentate in modo grossolano, quindi meno pericoloso e con minor capacità di suggestione del pubblico. Inoltre, benché il killer di Gainesville fosse stato catturato e condannato, Diana stesso poteva ipoteticamente trasformarsi in un assassino o istigare altre persone alla violenza. La giuria lo dichiarò colpevole: la sua condanna includeva la libertà vigilata, durante la quale qualsiasi sua opera d’arte realizzata o scritto da lui prodotto erano soggetti a perquisizioni o sequestri preventivi. Non poteva disegnare nulla, nemmeno per uso personale. Oltre a questo, fu condannato a pagare una cospicua multa, a prestare servizio civile per 1.248 ore; gli ordinarono di evitare qualsiasi contatto con minorenni; venne obbligato a sottoporsi a test di valutazione psichiatrica e a frequentare corsi sull’etica giornalistica. 
Presentò un ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ma l’appello venne respinto, confermando due delle tre voci relative al reato di oscenità. Secondo la corte, per quanto ciò che rappresentava nei suoi lavori fosse uno specchio delle cose orribili che accadevano nella società, era dovere morale dell’autore comunicare i propri contenuti in modo non osceno.  

Le reazioni al “caso Diana”. 

Diversi aspetti di questa sentenza hanno suscitato reazioni fortemente critiche da parte di associazioni per la tutela delle libertà civili, contestandone la legalità.
Anche personalità di spicco della cultura hanno accolto con timore i risvolti di questo processo. 

Robyn Blumner, direttrice esecutiva dell’ American Civil Liberties Union(organizzazione non governativa per la difesa dei diritti civili e le libertà) è rimasto sorpresa da queste disposizioni, affermando: «Non conosco nessun altro caso in cui un tale monitoraggio sia stato usato su un artista. Ricorda il controllo mentale. Il fatto che allo Stato non piaccia l’atteggiamento di Diana, lo mandi da esperti per valutarne la stabilità psicologica e metta in atto perquisizioni senza mandato è come una lobotomia legalizzata.» 

Susan Alston della filiale CBLDF di Northampton, Massachusetts, ha sostenuto: «Altri fumetti negli Stati Uniti sono stati accusati di oscenità, ma a nessun autore è mai stato ordinato di smettere di disegnare. Diana è sicuramente il primo artista a essere stato messo al bando

Richard Wilson, funzionario nazionale della First Amendment Lawyers Association, ha definito la sentenza «assolutamente illegale», affermando che le restrizioni preventive imposte a Diana erano incostituzionali.

Il fumettista e romanziere Neil Gaiman si espresse a suo sostegno; per il cartoonista e teorico del fumetto Scott McCloud l’ispezione e il sequestro dei disegni personali di Diana erano «pura follia»; Peter David definì la sentenza «grave». 

Nel 2017 la Superchief Gallery di Los Angeles in California, ha ospitato una mostra che raccoglieva il suo lavoro multimediale, oltre a diverse ristampe di “Boiled Angel”. Un documentario che racconta questa battaglia legale e le sue conseguenze all’interno della comunità dei fumettisti Boiled Angels: The Trial of Mike Diana è stato finanziato con successo tramite crowdfunding dall’artista Anthony Sneed, diretto da Frank Henenlotter e pubblicato nel 2018. Nel Febbraio 2020, 26 anni dopo la sua condanna, a Mike Diana è stata definitivamente rimossa la libertà vigilata. 

La prima mostra in Italia

A inizio Gennaio 2025 è stata allestita una mostra presso lo Spazio Nadir di Vicenza che ha raccolto i disegni, copie ingrandite di quelli pubblicati sui vari numeri di “Boiled Angel”, realizzati tra fine anni Ottanta e inizio Novanta dallo stesso Mike Diana. Sono stati esposti, inoltre, alcuni lavori di artisti che hanno collaborato alla realizzazione di questa controversa fanzine. La mostra è stata curata da me, Nicola Stradiotto, e autorizzata dall’autore. È la prima dedicata a Mike Diana in Italia: un’esposizione atta a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo al tema della censura nel fumetto tramite il “caso Diana” e a stimolare una riflessione critica sul tema di imposizione di un pensiero unico. Durante l’inaugurazione, l’autore si è collegato in diretta via Instagram da New York, dove attualmente vive, per un saluto veloce ai presenti.

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