Passeggiando verso il porto canale e superando gli ultimi locali e ristoranti di quell’angolo di spiaggia, tra i quali Lo Scalo Zero e l’Uliassi stellato, l’ingresso della spiaggia libera nei mesi estivi è diventato un ritrovo di tavole da SUP da affittare. Colori sgargianti, tipicamente estivi e facilmente riconoscibili nelle acque verdi e blu del Mar Adriatico, remi arancioni e bianchi, ombrelloni. A fianco i massi quadrati del molo, deposti verso la spiaggia, regolari lungo la passeggiata.
I SUP colorati però sono l’unico elemento di sport che troverete in questo Play du jour agostano. Perché lungo la passeggiata del molo di Senigallia, quello che porta alla sirenetta, oltrepassati i bilancioni che ormai sono privati e non utilizzabili più per la pesca, su quei massi rettangolari e bassi, a volte coperti da bidoni dell’immondizia e panchine di legno, ebbene, proprio lì c’è l’esposizione di una storia completa di Corto Maltese di Hugo Pratt.


I mesi estivi 2025, almeno qui sul mare di Senigallia, sono stati il contrario rispetto all’estate 2024: irrespirabile a giugno e ventilato seppur sempre molto caldo a luglio. Per cui quando vado a leggere la storia e a godermi fumetti vista mare, vista Monte Conero e persino la famosa Rotonda sul mare, il sole è caldo ma sul molo tira aria fresca.
La storia è “Corte Sconta detta Arcana”, ventiquattresima classica di Corto Maltese, pubblicata nel 1974.
Brevemente: Corto Maltese si trova a Hong Kong quando viene contattato dalle Lanterne Rosse, una società segreta cinese che vuole inviarlo in missione in Siberia. L’obiettivo è prendere il controllo del treno blindato del russo Kolchak, un ammiraglio che si è impossessato del tesoro dello zar.

Bella? Stupenda, avventura in purezza, genere prattiano che emoziona e commuove, le sue ombre, l’uso delle sue ombre che per chi ha studiato il bianco e nero è come la locuzione latina liceale che torna alla memoria, il suo “Crack”, onomatopea prattiana per eccellenza, la sua scrittura e le sue battute, eterne, oggi instagrammabili, ma sì, eterne, di una bellezza che toglie il fiato.
Hugo Pratt pure style o almeno la sensazione che ho provato io è stata quella di leggere il fumetto come linguaggio e storie di cui mi sono innamorata, per cui ho scelto questa vita, quella di raccontare e disegnare storie a fumetti, quel classico che è sempre attuale e la cui lettura è rinfrescante nel seppur interessante panorama fumettistico di oggi troppo miscelata di generi e disegni ma che è ancora, cinquant’anni dopo, aria fresca.

Sul molo però non c’è tutta la storia: sono solo cent0 vignette estrapolate dall’avventura di Pratt, che semplicemente sembrano abbellimenti urbani, come i panettoni dipinti per impedire l’accesso a una strada o a un portone, e l’effetto che rimane è purtroppo mortificante rispetto, sono sicura, alle migliori intenzioni e cioè omaggiare il fumetto di Hugo Pratt a trent’anni dalla dipartita.
Questa installazione per altro vuole anticipare l’evento cardine che completa questa “mostra” all’aria aperta: la consegna, in autunno, tra ottobre e novembre, del primo Hugo Pratt Comics Awards dedicato alle scuole di fumetto europee. La qual cosa, a me disegnatrice di fumetti e abitante della città marchigiana, parrebbe una gran bella proposta culturale, se non fosse che l’amministrazione di destra non si è mai mostrata molto attiva a pubblicizzare eventi o mostre di fumetto, e nemmeno a progetti di riqualificazione urbana come i murales.
Come membro dell’ANPI, ricordo ancora quando andammo dall’amministrazione comunale per chiedere di poter realizzare un murales a tema partigiano e che quindi, in collaborazione col Comune stesso, si riflettesse su un muro utile, importante come luogo e appunto da riqualificare con la street art. Ci risposero che non era cosa, perché se avessero detto di sì all’ANPI avrebbero dovuto dire sì a tutti gli altri che chiedevano cose simili: a sottolineare l’idea di città, di prospettiva e di visione avesse la destra per Senigallia.
Quindi il nulla, l’appiattimento totale di ciò che può essere cultura, cultura anche di fumetto.
Ecco perché quando è rimbalzata la pubblicità di questa mostra en plein air molti che cultura la fanno davvero in città, hanno storto il naso, me compresa, e il fatto che questa fosse corredata da una polemica aperta con Rimini, rea di aver temporeggiato troppo nel decidere se accettare o meno la proposta, non ha aiutato a pensar meglio dell’amministrazione.

Se Rimini ha temporeggiato, i motivi sono sicuramente ponderati e forse quasi banali. Pratt, per dirne una, è nato a Rimini, non so quante mostre o eventi correlati sono stati fatte, non sarebbe stata una novità l’ennesima mostra su Corto Maltese. E poi: Rimini ha un festival come il Rimini Comix che magari non ha la figaggine di un TCBF e nemmeno l’importanza di un Lucca Comics, ma nel tempo è riuscito a ritagliarsi una dignità fumettistica di tutto rispetto: nel mese di luglio, autori, appassionati, turisti riempiono quel lembo della città (per altro meraviglioso come il Parco Federico Fellini di fronte allo storico Grand Hotel) e non ho mai conosciuto nessun autore o autrice che si lamentasse di tre giorni al mare.
Senigallia, no. Manca totalmente di cultura del fumetto: eppure ne avrebbe, eccome se ne avrebbe. Gianfranco Manfredi, amatissimo sceneggiatore di Magico Vento, era di Senigallia; Carlo Peroni, disegnatore di Gianconiglio che si firmava Perogatt era di Senigallia; Giancarlo Alessandrini è di Jesi, a mezz’ora da Senigallia, eppure nessuno mai ha pensato di rendere pop il fumetto senigalliese o di investirci creando l’hype.


E poi c’è il metodo di riempire il cartellone turistico con i classici “pacchetti” che però amministrazioni capaci integrano bene mentre amministrazioni meno capaci trasformano in un bazar, un buttar dentro qualunque evento senza nessuna identità.
Rimini da questo punto di vista è un’azienda: il programma estivo lo fa uscire a maggio, frutto di un lavoro annuale e che comprende persino Capodanno, ormai diventato “il Capodanno più lungo dell’anno” da leitmotiv assodato, di una personalità ben riconoscibile, che negli anni paga. Rimini è un caterpillar da questo punto di vista.
Senigallia purtroppo no: il programma estivo, la semplice brochure cartacea per capirci, è uscita solo a inizio luglio negli uffici turistici e quelli predisposti, mangiandosi maggio e giugno come mesi spendibili di eventi (e ce ne sono stati). In realtà Senigallia avrebbe i suoi eventi che la renderebbero riconoscibile. Eventi che nel tempo sono diventati classici, come il Festival delle marionette a filo, “l’Ambarabà”, con spettacoli in varie cittadine limitrofe oltre che sulla costa, l’”XMasters” che prima era sponsorizzato da Radio Deejay e ora da Radio 105, il Festival noir “Ventimila righe sotto i mari del giallo”, completamente depotenziato dall’amministrazione di destra ma che in anni passati, a cavallo della tradizionale Festa di Sant’Agostino di fine agosto, ha regalato incontri con giornalisti e personaggi che è molto difficile vedere da queste parti, la rassegna “Io leggo forte” e quella dialettale “‘L curtil d’l stori (e)”, “Destate la festa” realizzata dalle parrocchie e dai giovani, il famosissimo “Summer Jamboree” che faceva il paio con il “Cateraduno” di RaiRadio2 prima che, sempre questa amministrazione, mettesse alle porte perché in collisione di idee.
Per non parlare poi di tutte le iniziative che il terzo settore produce, tutte le associazioni dall’ANPI all’ARCI, da Libera alle associazioni e movimenti di Pace e quelle femministe, i centri sociali, i laboratori, le associazioni di storia, quelle ambientaliste, le librerie indipendenti: una rete di realtà prettamente cittadine che però danno personalità e continuità, tra memoria del territorio e l’attualità più vicina.
Magari, rispetto all’XMaster e al Jamboree che sono eventoni, gli altri sono eventi piccoli, ma sono eventi radicati, identitari, senigalliesi. Eppure, passano via, sfilano senza riuscire a diventare la base della personalità di Senigallia. Quasi sacrificabili, persino.

Quindi, tornando alle cento vignette di Hugo Pratt sul molo di levante di Senigallia, ecco che alla luce di tutto, è un semplice “pacchetto” preso in mezzo ad altri, senza una seria idea di perseguire il fumetto come cultura e proposta e priva della giusta visibilità.
Mortificante, per essere Pratt. Vignette mute dietro bidoni e panchine, proprio perché senza balloon per cui, di nuovo, sacrificabili (li vedo gli sceneggiatori con la schiuma alla bocca), biciclette parcheggiate e appoggiate sopra, una lettura zoppicante e poco fluida.
Per quanto l’effetto possa anche essere gradevole, che occasione sprecata.
E di nuovo quell’amara sensazione che il fumetto sia un’arte bistrattata, non riconosciuta, sacrificabile nelle sue vignette più poetiche (e le vignette mute di Pratt sono poesia pura, da sole raccontano storie dentro la storia) dietro ai bidoni dell’immondizia.
Di nuovo, il fumetto preso come fosse carta di giornale nel quale infilarci il pesce che puzza.

Così, sotto il sole di luglio, torno a casa.
Prendo il fumetto di Hugo Pratt dalla libreria dello studio e me lo leggo al fresco del balcone, invece che Hugo Pratt vista mare.
Rimini 1975, disegnatrice di fumetti, fumettara, illustratrice. Pubblica dal 1999. Qualche titolo: la fanzine “Hai mai notato la forma delle mele?”, le graphic novel Io e te su Naboo e Cinquecento milioni di stelle, il fumetto sociale Dalla parte giusta della storia, il reportage a fumetti scritto dalla giornalista Elena Basso Cile. Da Allende alla nuova Costituzione: quanto costa fare una rivoluzione?.
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