La Ferragni agli Uffizi

Giorgio Trinchero | Andiamo a bruciargli la casa |

La Ferragni è andata agli Uffizi a fare un servizio fotografico, mi sembra per “Vogue Giappone”, e poi ha fatto una visita privata, selfie con la Venere del Botticelli, instagrammata, canali ufficiali degli Uffizi in brodo di giuggiole, tutto il web in delirio.

A me la Venere del Botticelli mi ha sempre lasciato abbastanza freddino. Ho abitato a Firenze, per cui agli Uffizi sono andato qualche volta, tipo… boh… cinque volte. Il Botticelli mi annoia molto, quel quadro ha una composizione vecchia, la gente è un po’ storta, mi piace come fa gli alberi, ma per il resto non mi dice molto.

L’ultima volta che sono stato agli Uffizi mi sono flashato con la scuola senese del ‘300. Una roba insensata con i fondi dorati, tutto piatto, le scritte che attraversano tutta la composizione, mi sono fermato lì e ho iniziato a pensare «Ma cazzo… ma questa roba è micidiale, come è possibile che non l’ho mai scagata prima?».

Annunciazione tra i santi Ansano e Massima di Simone Martini e Lippo Memmi

Sul web tutti pazzi perché la Ferragni sì, la Ferragni no e, io dico, la Ferragni così così.

La Ferragni fa le foto e gli Uffizi retwitta. Non ci vedo niente di strano. Mi lascia più freddo del Botticelli. La Ferragni santa perché ora anche i ragazzini sfigati a cui piacciono i musei possono provare ad apparire cool… eh. In pratica sperare che i fighetti facciano anche cose buone cosicché le vittime dei bulli siano finalmente legittimate ad amare ciò che amano. Ecco, qui forse mi perdete.

La Ferragni e Fedez hanno aperto, a inizio pandemia, una raccolta fondi per un ospedale privato, c’hanno messo 100.000 euri e poi la raccolta è arrivata a qualche milione. Il Web è impazzito, la raccolta sì, la raccolta no.

Io nella vita vera faccio l’oss, l’operatore socio-sanitario. In quel periodo sono passato da part time a full time perché erano tutti in malattia e andavo a lavorare con il terrore di ammazzare tutte le persone che assisto, per cui aprivo le maniglie con i gomiti e mi lavavo le mani trenta volte a mattinata, e quindi anche questa polemica sulla raccolta fondi mi lasciò abbastanza indifferente.

Fedez l’ho visto dal vivo in ZonaH ad Alba. Non avevo idea ci fosse il concerto; eravamo in ZonaH perché un amico lavorava lì in quel periodo. Era su un palco di quelli da sagra in mezzo a un prato. Saranno stati sette, otto anni fa… Sotto al palco c’erano un centinaio di ragazzini e io sapevo chi fosse perché ho sempre seguito l’Hip Hop. Il singolo lo avevo ascoltato e non mi era dispiaciuto. Il concerto era sul finire e lui era abbastanza sbronzo, anche qui mi sento di dire, un piacevole diversivo, ma non un’esperienza mistica.

Questa idea che la sanità e la valorizzazione del patrimonio artistico nazionale, l’educazione alla cultura dei nostri amati giovani, abbiano bisogno del buon cuore dei ricchi, a me sembra un sistema di pensiero monarchico.

I punti di somiglianza tra l’attenzione dei media per la Royal Family del Regno Unito e il modo in cui Ferragni e Fedez hanno preso la scena, anche in particolare dopo la nascita di Leone, mi sembrano evidenti.

Ci beiamo che la dolce regina, il bardo consorte e il principino ci grazino di uno sguardo caritatevole. Ecco, non la considererei proprio la massima aspirazione di una democrazia.

Pare che il popolo debba essere educato all’amore verso la cultura, che il popolo debba essere benevolmente curato nei sanatori finanziati e amorevolmente diretti dalla contessa.

Ma ci dovrebbero essere le tasse per queste cose, per cui, io dico, invece che sperare che persone con enormi patrimoni personali, guadagnati grazie all’industria della moda, facciano cascare briciole nelle nostre bocche miserabili, non sarebbe il caso di pretendere che queste persone paghino tasse proporzionali ai loro patrimoni?

E già mi sembra di sentirvi: «Eh… ma li hanno guadagnati quei soldi, ci fanno quello che vogliono!»

Ma vogliamo un attimo vedere che l’industria della moda si basa su delocalizzazione, sfruttamento fino al suicidio degli operai del tessile, e continuo bisogno di indurre insicurezza e inadeguatezza nei confronti degli acquirenti, se no crollerebbe in una settimana? Davvero è ok avere soldi, in qualsiasi modo si guadagnino? Perché io sono abbastanza sicuro che ci siano circuiti di spaccio di stupefacenti con più etica dell’industria della moda. Legalizziamo e iniziano a tassare pure loro.

Io non credo che il popolo esista, ma se esistesse, spero che inizi a dare fuoco ai palazzi e costruire ghigliottine. Se mi salvate giusto una paio di anonimi senesi del ‘300, per me siamo a posto così.

Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti

Qualche dato per affermare che l’industria della moda è un casino: https://globalfashionagenda.com/wp-content/uploads/2017/05/Pulse-of-the-Fashion-Industry_2017.pdf

Un ciclo di articoli sull’argomento: https://www.slow-news.com/ep1-la-moda-del-fast-fashion/

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