Quarantadue

Boris e Paolo | QUASI |

In che fase siamo? Qui in redazione abbiamo perso il conto. Quando ce lo chiediamo tra di noi, ognuno ci ha la sua. Un po’ come quando Mike Bongiorno proponeva la scelta della busta a “Lascia o raddoppia?”.
Non abbiamo dubbi, invece, sula fase di QUASI.
Siamo partiti il 25 aprile e, da quel momento, abbiamo infilato tredici settimane di post, cercando di dare loro una struttura coerente, e il primo numero della rivista cartacea, di cui siamo veramente orgogliosi.

Con questa quattordicesima settimana inizia la “Fase 2” di QUASI e, grazie anche alla sosta agostana, abbiamo capito alcune cose. Permettici di raccontartele.

Di QUASI ci piace soprattutto la dimensione collettiva. Il blog e la rivista esprimono il progetto dei due tangheri che firmano gli editoriali, ma, allo stesso tempo, quello che ognuno dei collaboratori scrive e disegna (e che a noi piace molto) cambia la forma di quello che pensiamo e scriviamo noi due. Ci sembra che ogni settimana di QUASI si chiuda come uno strano anello (a volte, non possiamo negarlo, casualmente). Allora, siccome ci illudiamo che ci siamo ritrovati ad avere per le mani l’unico strumento di analisi e storia del fumetto con una progettualità visibile e palese, vogliamo che questa cosa divenga ancora più evidente. Per questo motivo, abbiamo attivato esplicitamente una redazione cui partecipano Alberto, Alessandra, Arabella, Claudio, Francesco, Giorgio, La Came, Lorenzo, Lucia, Mabel, Omar e Peppe.

Da questo momento, ogni settimana avrà un tema che ognuno dei partecipanti al gioco di QUASI potrà decidere di abbracciare o di ignorare. Quel tema lo si trova nel titolo dell’editoriale.
QUARANTADUE. È un numero. È la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto. È un anno nodale del secolo scorso. È perfino una taglia che qualcuno considera il burqa dell’occidente.

QUASI non parla solo di fumetti. Anzi, ci sono degli spazi in cui non ne parla affatto. Eppure proprio quegli spazi servono a definire meglio il racconto che stiamo facendo. Ci piacerebbe avere ancora più spazi tematici (continuativi o anche solo estemporanei) capaci di raccontare cose diverse. In questi giorni ci sono venute in mente alcune cose, ma ce ne sono sicuramente delle altre cui ancora non abbiamo pensato. Vorremmo parlare di sessualità e genere, di convergenze e immaginario digitale, di nuove forme di serialità, di motivazioni degli autori con interviste approfondite poco accomodanti, di quasi qualsiasi altra cosa… Sappiamo che la condizione iniziale dichiarata nel sottotitolo non è cambiata in alcun modo: questa continua a essere “la rivista che non legge nessuno”. Però se hai voglia di sbilanciarti su questi temi, o conosci qualcuno che potrebbe avercela, non esitate a proporti e a proporre.

Non ce lo ha mica ordinato il medico di fare due post al giorno. Se non abbiamo nulla da dire ne possiamo fare di meno (addirittura smettere). Se invece il discorso si articola ulteriormente se ne possono fare di più.

Noi due (Boris e Paolo) siamo distratti. Per paura di violare la regola (che ci siamo autoimposti) di parlare solo del bello, del buono e dell’utile, stiamo negando alla rivista la possibilità di esercitarsi nella forma recensione. Da questa settimana iniziamo a raccontare quello che succede in editoria in presa più o meno diretta e non abbiamo intenzione di smettere.
In conclusione un’avvertenza: ogni eventuale stroncatura non potrà essere considerata una violazione della regola di cui sopra. Parleremo del brutto e del cattivo solo quando potremo dire cose utili. Disprezzare gli obbrobri evidenti non serve a nessuno.

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(Quasi)