Nella notte buia

Ugo e Michel | La grande abbuffata |

(Le illustrazioni sono di Lucia Lamacchia, che è responsabile di quanto segue almeno quanto lo sono Ugo e Michel.)

Eccolo lì. La tecnica della guerriglia applicata alla bulimia. Di notte, silenzioso come un ninja, fa il suo raid in cucina. Sono fortunato a non montare la guardia: mi sgozzerebbe con la baionetta senza che nessuno sentisse il minimo rumore. Apre il frigo e divora tutto quello che trova. Tutto. Formaggi, affettati, yogurt, avanzi, carote, … L’importante è che non si debba scaldare nulla. In preda al raptus onnifago, è assolutamente metodico. Appoggia sul tavolo tutto ciò che reputa edibile e, con una ferocia assolutamente naturale, sbrana ogni cosa. Fa anche un po’ schifo a vederlo.
Tra i mali della società dei consumi c’è l’enorme quantità di cibo che buttiamo. Cuciniamo tutti troppo e arricchiamo Tupperware e tutte le aziende che producono contenitori in cui racchiudere gli avanzi. Poi, siccome programmare le voglie è impossibile, non appena le muffe fioriscono, vuotiamo quegli scatolotti nel bidone dell’umido. Rifiuti riciclabili. Un bel modo per asciugarci la coscienza. Nulla andrà perso. Quella spaghettata alla carbonara, che vira al verde fiorito, diventerà concime per le piante, innestandosi nel grande cerchio della vita. Mica stiamo buttando plastiche velenose. In questa casa non riusciamo mai a buttare nulla. Quanto mi piacerebbe. Invece… Ma che schifo. Guarda come mangia.
Una grande abbuffata, completamente priva dei rituali che ci rendono umani. Gli eccessi devono essere pianificati con cura. Mica possiamo rinunciare alla moderazione e alla morigeratezza perdendo la nostra umanità. Mangiare, bere, fumare, scopare… Nulla avrebbe senso se non avessimo sempre la possibilità di eccedere. Troppo. Senti che suono rotondo. Troppo. È la parola più bella del mondo. Che senso avrebbe esagerare se non ci fosse la ritualità che aumenta il godimento. Che senso avrebbero gli immancabili disagi del giorno dopo se non ci fosse stata la preparazione. Scegliere il taglio di carne con cura, accostare il vino al piatto fidandosi della propria memoria sensoriale, cucinare con devozione religiosa, scegliere una cravatta che non sfiguri vicino alla tovaglia con cui abbiamo imbandito il tavolo, usare un dopobarba che non interferisca con l’odore della pietanza e dell’altro… Non c’è nessuna dignità nell’esagerare senza riti.
Lui, sempre così attento a ogni dettaglio, viene colto da questi attacchi notturni e precipita in una brutalità ferina che lo rende irriconoscibile. In mutande e maglietta, seduto a gambe larghe in cucina, svuota il frigo con metodo vorace, senza alcuno scopo ludico.

«Tutto bene?», chiede Ugo, affacciandosi in cucina.
Michel solleva appena la testa dal contenitore in cui affonda la forchetta come una fiocina e ribadisce un’ovvietà, «Sto mangiando.»
«No, non stai mangiando. Ingurgiti materia.»
«Non ricominciare. Sono arrabbiato.»
«Lo so, e lo sarai ancora per giorni. Domani vado a riprenderlo quel coso.»
«Vengo con te. Non mi fido.»
«Ho sbagliato. Ti ho già chiesto scusa. Mi dispiace molto. Pensavo volessi saperne di più. Io sono molto curioso. È uno strano manufatto.»
«E improvvisamente il coso è diventato un manufatto.»
«Una riproduzione minuziosa del pensatore di Rodin in ceramica, realizzata a mano con una perizia straordinaria, rovinata con rabbia con dello smalto rosa. Ammetterai che è strano. Non sei curioso.»
«Vuoi ricominciare a litigare? Effettivamente prima ci ha interrotti quella telefonata.»
«Domattina vado a riprenderlo e mi faccio spiegare meglio.»
«Andiamo a riprenderlo… ti ho già detto che vengo con te.»
«Ma tu devi lavorare…»
«Non ho voglia di discutere di tutto. Lasciami mangiare, per favore. Buona notte.»
«Buona notte.»

Che stronzo. Mi preoccupo per lui. Stavo solo andando in bagno e ho beccato la guerra lampo contro gli sprechi in cucina. Lo zio di Michela, ieri sera, sembrava adirato. Chiedeva chi ci stesse pagando e il perché di quello scherzo idiota. Ha parlato anche di pericolo. Pericolo di cosa? Ha paura che il suo gusto sia dato in pasto agli gnomi sui prataioli per aver guardato troppo a lungo quell’oscenità? Sarei andato subito da lui se non fosse stato per il coprifuoco. Quando ho chiamato Michela, subito dopo, era arrabbiata con me. Mi ha detto che suo zio le aveva fatto una piazzata incomprensibile e che non lo aveva mai sentito così. Spero di capirci qualcosa domani. Se sono fortunato non me lo devo portare dietro. Se continua a mangiare così, magari lo stronca un infarto e lo mollo in mutande accasciato sul tavolo della cucina. E così non mi devo sorbire il suo silenzio accusatorio per la prossima eternità.

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