Nel buio con il Batman

Federico Beghin | Affatto |

Quando uscirono i libri e i film di Twilight, vero fenomeno imperdibile per la mia generazione tanto quanto Harry Potter, rimasi indifferente. Ricordo di aver visto un solo capitolo cinematografico della saga, il penultimo, per passare una serata in compagnia. In pratica sono arrivato in sala non sapendo chi fossero i personaggi, che cosa avessero fatto e quali mirabolanti avventure si apprestassero a vivere. Risultato fu che mi annoiai a morte. C’era una ragazza che dava alla luce una figlia, ma tutti la volevano prendere. Altro non ricordo.
Marzo è il mese delle Zanne ed è anche il mese di Batman, anzi di The Batman, con l’articolo davanti. Il titolo del lungometraggio di Matt Reeves mi riporta alla memoria una storia di solo due pagine, tra le prime che ho letto sul cavaliere oscuro, che si intitola Il Batman: chi è e come lo è diventato! Un semplice articolo determinativo cambiava la mia percezione di bambino. La cambia tuttora, sono sincero. Per me leggere The Batman o Il Batman porta l’eroe sul piano astratto, lo trasforma in un’idea. Privato di carne e ossa, l’uomo diventa un vero e proprio simbolo.
Il nuovo Batman è stato un vampiro. Da vampiro a pipistrello il passo è breve, forse a ritroso visto che nell’immaginario la creatura che succhia il sangue è una sorta di tremenda evoluzione del più comune chirottero. Mi spiego. Abbandonati i panni piuttosto comuni di Edward Cullen, il coprotagonista di Twilight, l’attore Robert Pattinson indossa l’ultima versione del costume-armatura del vigilante di Gotham City. È cresciuto, è maturato, ha trovato la propria strada umana e artistica, ha ricoperto ruoli importanti e complessi fino a quello di Bruce Wayne. Negli anni ha mantenuto il suo pallore vampiresco che ben si attaglia a una creatura della notte, o meglio a un individuo che passa il giorno a dormire e a studiare i casi da risolvere, coperto dagli alti soffitti di Villa Wayne, ed esce solo quando la Luna e il bat-segnale cercano di farsi largo tra le tenebre. Grazie a maschera e mantello non corre il rischio di abbronzarsi danzando col diavolo nel pallido plenilunio.

È così poco abituato al Sole, anche perché dalle sue parti piove quasi sempre, che quando i raggi illuminano il salone è costretto a indossare gli occhiali scuri. Poi il Batman di Pattinson è ferito, è pronto a prendere un sacco di botte e a restituirle, ma mai quanto il Daredevil di Netflix; è meno psicopatico rispetto al montaggio dei trailer, è un giustiziere ancora sulla via della formazione ed è vendetta, come ama definirsi e come viene chiamato anche da altri personaggi, con i toni dello scherno sprezzante e della vena amichevole. Restando tra le opinioni che le persone hanno di lui, ce n’è una in particolare che emerge durante i minuti iniziali della pellicola. Seguendo l’alleato Jim Gordon, che è a tutti gli effetti il suo passe-partout, il protagonista attraversa lo stretto corridoio di un palazzo per raggiungere la scena del crimine. Addossati alle pareti e dietro di lui ci sono dei poliziotti. L’effetto è quasi umoristico: c’è uno spilungone vestito da pipistrello che, con tanto di orecchie a punta a fargli guadagnare ulteriori centimetri, sovrasta le divise circostanti. Nel contesto cattivo, sporco, claustrofobico è tutto sommato realistico del momento che la sua presenza mi è parsa ingombrante e fuori luogo. La mia sensazione è stata tradotta in parole da uno degli agenti lì intorno, che commenta: «Buffone!». Con il passare dei minuti mi sono abituato a vedere il Batman in azione, ad ascoltarlo parlare lentamente e con voce ferma, ho iniziato a scorgere sul suo volto i bordi della maschera anche quando non la indossa. Forse è solo una mia impressione, ma sembra che sul naso e sulle guance di Bruce rimangano dei segni. Un dettaglio che fa il paio con quegli occhiali da sole portati in casa, a lasciare intendere che l’identità civile non esista e ci sia solo il crociato incappucciato.
Un cavaliere oscuro che, proprio come i pipistrelli, ho visto per due volte a testa in giù, in due inquadrature d’effetto come alcuni passaggi di una colonna sonora per il resto piacevole ma non memorabile. A sottolineare e ad accompagnare il climax, Michael Giacchino richiama la Marcia imperiale di Star Wars. Il mio amico Emanuele mi ha spiegato che il compositore può essersi lasciato ispirare da alcune note, dalla ritmica e dagli intervalli del tema di John Williams, inconfondibile e di forte impatto, e poi aver costruito la propria opera, che si evolve in qualcosa di unico e originale. Io sono ignorante in materia, mentre Emanuele è un grande musicista e mi fido ciecamente di lui. Quello che so io è che qui non c’è Darth Vader e non c’è l’impero galattico. Ci sono Batman e Gotham. Un ex vampiro regredito a pipistrello che azzanna i criminali del suo piccolo mondo. Sono un pinguino, un falco e un enigmista. Non hanno scampo e mi piace così.

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