Leggiamo sempre con molto interesse Iris Brey su “Les Inrocks”. Da quando ha cominciato a scriverci nel 2016. Non si occupa di fumetti, ma di teoria cinematografica, ambito critico in cui ha portato uno sguardo nuovo e, anche se non sempre condivisibile, interessante e stimolante, come purtroppo non riusciamo a trovare in tante sue emule italiane.
Nel 2018 ha pubblicato un testo, Sex and the series, nel quale analizza fino alla scarnificazione, da un’ottica prevalentemente femminista, la sessualità femminile nelle serie tv più famose. Nel febbraio di quest’anno ha invece dato alle stampe un libro, Le regard féminin, une révolution à l’écran, in cui indaga, senza concessioni, la prevalenza dello sguardo maschile nel cinema e le sue attuali conseguenze.
Inutile dirti che noi di QUASI amiamo tutte le sfide che vengono portate al nostro sguardo. Quindi ti consigliamo vivamente, di leggere i suoi due libri.
Intanto puoi goderti questa intervista che le hanno fatto proprio su “Les Inrocks”
«È ancora possibile essere dei voyeur. Riesco ancora a godermi la mia posizione di voyeur quando guardo un film. Trovo che sia una cosa che funziona molto bene. Ma mi sono resa conto che ci sono altri modi per divertirsi osservando le immagini e altri modi per costruire il desiderio attraverso lo sguardo, senza passare per una relazione di dominio. Dieci anni fa, ho letto i testi di Laura Mulvey [critica, regista e femminista britannica, che per prima ha formulato il concetto di “male gaze”, ndr]. A quel tempo, stavo facendo il mio dottorato alla New York University. E per la prima volta incontrai il termine scopofilia [il piacere sessuale di possedere l’altro, a sua insaputa, attraverso lo sguardo, ndr] che è stato coniato da Freud e che quindi era limitato al gergo della psicoanalisi. È stato allora che ho realizzato che la nostra relazione con il cinema era una relazione scopofila. Allora mi sono chiesta come potevamo uscire da questa relazione di dominio.»