Il solito bar

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La scena è ambientata nel cortile di un circolo Arci a Milano. I tre sono seduti intorno a un tavolo, che solo qualche mese fa, avrebbe ospitato almeno otto persone. Il cortile è abbastanza triste. I clienti sono contingentati dalle regole di Fase 3 e disposti su tavoli distanti. La scarsa densità umana costringe le zanzare a contendersi le poche prede. Tra vino e zampironi, la serata incede al ritmo degli schiaffi sulle braccia e delle bestemmie sibilate all’indirizzo di quei piccoli vampiri.

U: Che vino prendiamo? Vi piace la falanghina?

P: Ecco! Non ti ci porto più. Se ti mostri propositivo, a Boris viene lo spirito di competizione e torniamo a casa sui gomiti.

B: Ma no, che cazzone sei! Va benissimo una bottiglia di falanghina… Per iniziare. [fa un segno al ragazzo che prende gli ordini, soffrendo… le regole lo costringono a non alzarsi dalla panca di legno per andare a prendere la bottiglia al banco, come fa di solito. E lui odia le regole.]

P: Ecco… Appunto…

[Arriva il cameriere con la bottiglia e tre bicchieri da osteria larghi e profondi, stappa e versa… Niente assaggi per nessuno. La bottiglia è appena sufficiente per quell’unico giro e Boris ne ordina subito un’altra]

U: Ma siete sempre così?

P e B (insieme): Così come, scusa?

U: Battibeccate continuamente. Sembrate una coppia molto affiatata che, dopo anni di sesso sublime, gestisce l’inevitabile fatica della convivenza, punzecchiandosi continuamente.

P: Ma cos…

U [lo interrompe]: Noooo… Non voglio sapere niente. Fate finta che non abbia fatto la domanda.

P: Lo hai invitato tu?

B: No, Paolo. Anche questo lo hai portato tu. E vedi di non diventare il solito stronzo antipatico e aggressivo ché sennò finiamo a fare la figura dei soci di Gambadilegno e Trudy in un altro romanzo.

P: Ah… Perché adesso è colpa mia?

B: Lo sai. Non ci credo nella colpa. Perché ci sia, ci deve essere o un dio o uno stato.

U: Sapete cosa mi piace davvero di QUASI?

B: Cosa?

U: Il fatto che questo gruppone di QUASI è un po’ come il club di It di Stephen King.

P: Intendi che siamo un gruppo di persone di mezza età che ritorna nei luoghi dell’infanzia per sconfiggere i propri mostri?

U: Eeeh… No. Cioè, sì. Anche. Ma non mi riferivo a quello.

B: A Paolo piaceva questa cosa della mezza età perché da qualche tempo ha una crisi di terza età.

P: Lo hai portato tu?

U: Certo che a te i tormentoni non fanno paura, eh? Mi dispiace interrompervi, però vorrei continuare. Posso?

P:

B:

U: Perfetto. È proprio il club di It perché siamo una banda di stramboidi e outsider. La follia scorre potente in QUASI. Ed è una bella cosa.

B: Non lo so se ti ringrazio.

P: Invece si merita un grazie gigantesco. Perché pur non scrivendo nulla per QUASI, il maledetto, si considera uno del gruppo.

B: Uno di noi! Ma perché ti piace stare in quest’area di stramberia?

U: Perché io ci sono in quell’area. Leggo i post con continuità… o anche saltabeccando di qua e di là, perché a volte lavoro, io… e il discorso di QUASI prende forma. State parlando tutti dello stesso tema, lo state mettendo a fuoco, tirandolo ognuno dalla sua parte. Lo strattonate.

B: Un po’ come la giacchetta del politicante di turno.

P: Stavo pensando la stessa cosa.

U: E anche gli interventi meno allineati, come quelli del bassista e della strana, fanno parte del discorso che state facendo. Sembra di partecipare a una videoconferenza di quelle cui ci ha abituato il lockdown. Gente che parla con il microfono spento, qualcuno che accende la videocamera nel momento meno opportuno e c’è pure qualcuno che scubetta.

P: A Senago la fibra ha una copertura ridicola… A casa mia mica c’è arrivata ancora.

U: E a me piace stare lì. È un posto, un non-posto, in cui ho scoperto belle cose e belle persone. Per cui mi piace passarci. È come quando hai il tuo bar.

B: A proposito di bar… Abbiamo finito questa sciacquetta scolata da un container d’acciaio. Adesso la bottiglia la scelgo io.

Fino all’ultimo bicchiere, che è sempre il prossimo.

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