True Lies

Boris e Paolo | QUASI |

Sì. Hai sentito bene. Abbiamo proprio detto che QUASI è la migliore rivista letteraria italiana. Lo abbiamo fatto davvero e, non temere, lo rifaremo periodicamente. Sappiamo benissimo che hai subito pensato che siamo due sbruffoni esagerati e spudorati (magari, parlando tra te e te, hai usato epiteti più coloriti, e siamo certi di non voler sapere quali). Quando cerchiamo di figurarci le tue reazioni, ti vediamo mentre scuoti la testa e pensi: «Questi due sono veramente inconsapevoli!».
Ecco, su questo hai torto. Il pudore e la moderazione li abbiamo persi negli anni; la consapevolezza no, quella ce l’abbiamo ancora. Stiamo semplicemente mentendo. Non lo sappiamo mica se QUASI è la migliore rivista letteraria italiana… mica le conosciamo tutte.
Vedi? Funziona anche così. La bugia è un artificio retorico. Quando ne dici una, dai subito forma al mondo. Ed è impossibile che tu non ne dica. Perché l’unica verità è che la verità non esiste. La migliore approssimazione che riusciamo ad averne si chiama matematica e usa i numeri, che – lo sai – sono entità astratte e non permettono narrazioni. Non appena cerchiamo di raccontare il mondo, indossiamo il linguaggio che – ce lo ha spiegato benissimo Charles Sanders Peirce con la sua “semiosi illimitata” –  è una macchina che funziona solo grazie all’ambiguità e al conseguente inseguimento a rotta di collo del senso.

È così facile dare del bugiardo a qualcuno. E allo stesso tempo è difficilissimo identificare i confini della menzogna. Perché le bugie sono tali solo se rapportate ai difetti del bugiardo. Il fatto che non dica la verità non è poi così importante: la verità non esiste e nessuno può dirla. La cosa importante è che, con quel racconto sta mostrando un lato oscuro del suo carattere.
Proviamo a fare un gioco. Ipotizziamo alcune bugie facili da smascherare e, invece di smontare la menzogna, accaniamoci contro quella che consideriamo la verità. Non serve a niente, non aiuta a sviluppare pensiero laterale, non ci rende più intelligenti. Ci fa solo perdere tempo. È un gioco e gode della sua totale assenza di utilità.

Prima bugia. Non sono stato io. Benché tu mi stia accusando di aver rotto qualcosa, o di averla persa, o, ancora, di aver fatto un’azione che ha innescato una serie di sfortunati eventi, sappi che non sono stato io. Se non mi credi, il problema non è il fatto che pensi che io sia un bugiardo, ma l’accusa di non  essere capace di assumermi le mie responsabilità.

Seconda bugia. Mario, negli spogliatoi o al bar, dice di essersi scopato Luisa. Usa proprio quelle parole, diventando immediatamente sgradevole. Poi, senza dare il tempo di mettere in dubbio la sua verità, si lascia andare a una cascata di particolari pruriginosi sulle abilità ginniche sue e della sua conquista. Mentre lo ascoltiamo, sappiamo benissimo (o crediamo di sapere) che quello che Mario racconta non è successo, forse perché conosciamo Luisa ma, soprattutto, perché conosciamo Mario. Eppure, nel momento stesso del racconto, quella storia diventa reale. E, se Luisa non è consenziente, è violenza. Non è una menzogna: Mario sta commettendo un grave abuso.

Terza bugia. Anche stamattina – ne siamo certi pur non avendolo degnato di uno sguardo – il quotidiano “Libero” pubblica in prima pagina almeno una solenne sciocchezza. Probabilmente più di una. L’ultima di cui abbiamo saputo – benché si cerchi di starne alla larga il più possibile – è del 9 novembre. Quel giorno, nella versione venduta in edicola, in prima pagina titolava: «Presidente nell’angolo: La vice mulatta ha già rubato la scena a Biden». È una menzogna? Ma certo che no. Pur contenti perché ci siamo scampati un altro turno di follia trumpiana, non siamo in grado di gioire per la vittoria elettorale di un anziano signore bianco di cui sappiamo pochissimo. Il ruolo di Kamala Harris, invece, ci regala un barlume di speranza. Il fatto che la si definisca sulla scorta della sua subalternità (“vice”) e del colore della sua pelle non è una menzogna. È l’ennesima dimostrazione di bassezza morale che avviluppa quel giornale, fondato e diretto (editorialmente) da Vittorio Feltri, che ha come direttore responsabile Pietro Senaldi, come vicedirettori Giuliano Zulin e Fausto Carioti, come redattore capo Lorenzo Mottola, come proprietario Antonio Angelucci, e che, sotto quel titolo, riporta le firme di Gennaro Sallusti e Antonio Socci. Per tutti questi individui (che siamo felici di non conoscere), nei nostri dialoghi interiori, usiamo epiteti chiari che ne qualificano prossimità agli scarti del nostro corpo.

E potremmo continuare a lungo questo gioco innocuo. Ma, ormai, la nostra dimostrazione per assurdo – che usa il linguaggio naturale e, quindi, è menzognera per definizione – ha chiarito il punto.

La bugia non esiste. E neanche la verità. QUASI, per tutta la settimana, si confronta con questo paradosso che rende le nostre vite interessanti e degne di essere vissute.

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(Quasi)