I nove miliardi di nomi del sesso

Rosso Foxe | Quasiamore |

Pare che nel 2050 la popolazione mondiale conquisterà l’ambita vetta dei nove miliardi di individui.
Tra le teorie più assurde che amiche e amici ci hanno confidato in questi mesi di pandemia, di solito durante dopocena alcolici e fumosi, ce n’è una che dice che il pianeta si protegge. Quando gli umani diventano troppi, lo spirito di Gaia libera catastrofi: inondazioni, terremoti, glaciazioni e, appunto, pandemie. Al terzo o quarto giro di un amaro prodotto a Roccella Ionica di cui raccontavano i miracoli, quella strana teoria era sembrata anche più credibile della pentola d’oro che giace al termine dell’arcobaleno.
Ne abbiamo discusso per ore, snocciolando esempi la cui attendibilità storica era addirittura più sterile del terreno di coltura scientifica in cui gettavamo quei semi.

Al trascorrere dei mesi, il numero di individui presenti sul pianeta non ha subito il drammatico tracollo promessoci dalla Terra. Il terribile virus chiamato umanità è tenace e non ha alcuna intenzione di farsi schiacciare: confermiamo l’obiettivo di nove miliardi di bipedi con caratteristiche umanoidi per il 2050 a contendersi le risorse di dèi e pianeti completamente indifferenti.

Mancano, al 2050, poco più di ventotto anni. Non è tantissimo e, se vogliamo arrivare preparati, dobbiamo darci obiettivi chiari. Ci interessa molto (e interessa tantissimo anche alle persone che frequentano questa casa) il tema che la rivista che non legge nessuno (ma su cui scriviamo anche noi) si è dato per questo mese. Ci interessa per un fatto simbolico: la presenza di quell’asterisco. “Maschio e femmina l* creò”. I due furbetti che coordinano la rivista hanno usato l’asterisco e non un simbolo ancora un po’ controverso come la Scevà. Secondo noi perché ancora non sono capaci di trovare quel carattere sulla tastiera. Guardate, è facile: ə.
E lo possiamo fare anche più volte: ə ə ə ə ə ə ə ə ə ə ə…
Comunque, come dicevamo, nell’editoriale i due giocano sporco: usano la logica binaria (l’algebra booleana) per attaccare frontalmente un’idea binaria degli orientamenti sessuali. Fanno bene e, benché apparentemente cishet (ma uno sembra proprio un Bear e l’altro un Daddy), si qualificano come ally,fiancheggiatori della comunità.

disegno di Titti Demi.

La comunità è una sigla molteplice e cangiante. All’inizio allineava poche lettere: L di Lesbian, G di Gay, B di Bisexual e T di Transgender. Poi, un po’ alla volta, ha iniziato richiedere nuove lettere che precisassero, puntualizzassero, indicassero specificamente quel modo di vivere il proprio corpo e il proprio sesso. Siccome accordarsi e ricordare l’ordine delle lettere che ci raccontano stava diventando difficile, adesso usiamo la sigla LGBT+. In quel “+” si annidano tutte le differenze, i piaceri, i dolori, le scelte, le volontà rispetto ai nostri corpi e al sesso che facciamo.

Vogliamo essere riconosciuti per quello che siamo. E non ci basta un “+” dietro il quale iscrivere le nostre individualità: vogliamo un nome che esprima, con chiarezza e senza ambiguità, il nostro sentire.

Le cene in casa nostra tendono alla complessità. Soprattutto ora, in un periodo in cui chi siede al nostro desco rivendica il proprio stato di sessualità, perché il sesso biologico non è più l’unico discorso possibile e il sesso anagrafico ha perso la categoria di immutabile. Ecco, dopo secoli in cui ci hanno fatto sentire sbagliati, mostruosi e in pericolo siamo stufi.
Non ci basta nemmeno un “+” per iscrivere la nostre individualità. Vogliamo i nomi, nomi che esprimano, che affermino il nostro essere. Ed è un elenco lungo, che snoccioliamo orgogliosi come un rosario: LGBTQIAPK, vite. Tutte.
Quindi sia dannato chi guarda il mondo con una logica binaria, che è una logica che ammette solo il Bianco e il Nero, il Giusto e lo Sbagliato, che crea insiemi per dire Vero o Falso.
No, molto meglio la bellezza della fuzzy logic, una logica sfumata capace di ammettere tutti gli infiniti valori compresi tra 0 e 1.

Assecondando il desiderio di dare nome all’esistente, come se fossimo degli Adamo qualsiasi, ogni singolo individuo dovrebbe aver diritto a un nome capace di raccontare con precisione il suo rapporto unico con il corpo e con il sesso. Siamo convinti che il sesso sia Dio. E nel 2050 ci saranno nove miliardi di individui.
E sappiamo bene cosa succederà quando saranno detti i nove miliardi di nomi di Dio.
Ci sediamo in balcone a guardare le stelle, nell’attesa che si spengano. Una dopo l’altra. Senza tanto chiasso.

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(Quasi)