La notte in cui ho sconfitto l’Undertaker

Beniamino Malacarne | Squared Circle |

Anzitutto, non è successo di notte. Però fa figo. Voglio dire, vi sto raccontando una storia con Undertaker. Il signore della arti oscure. Il becchino. Il Deadman. Il wrestler più oscuro che abbia mai calcato il ring più famoso del mondo. Iconico, quando entra nell’arena. Forse l’avrete già visto, altrimenti vi perdete qualcosa. Si abbassano le luci, le campane suonano a morto e Undertaker fa il suo ingresso in scena. Lento come la sbarra di un passaggio a livello di campagna a ferragosto, cammina fino al centro del quadrato, si leva il cappello e getta le pupille all’indietro, guardandoti con i suoi sinistri occhi bianchi. Se poi tutto ‘sto teatro non ti piace, fermo restando che mi chiedo cosa guardi il wrestling a fare ma magari piace alla tua prole o alla persona con cui dormi, hai tempo di andare a farti un caffè o a far scaldare i popcorn nel microonde. Perché il wrestling migliora sempre e comunque, se mentre lo guardi ti mangi un bidone di schifezze comfort food. Quindi, il titolo dice notte ma facciamo solo finta che sia così. E già ti sento: «Eh ma il wrestling è finto gne gne gne». Bravo, chiudi il pezzo e vai a vederti le repliche della tua telenovela messicana preferita. «Onorevole, io a dire il vero non ho detto niente». Allora continua a leggere e non scassarmi più le palle. «Ma come? Io…» Continua. A. Leggere.

A voler essere onesto non l’ho nemmeno affrontato, Undertaker. Se mai mi trovassi a fronteggiarlo a centro ring sarei un wrestler realizzato. E morto, probabilmente, ma questi son dettagli. «Scusa, ma allora com’è che l’hai battuto?» Cosa ti ho detto? Bravo, continua a leggere e sigillati la bocca con la pinzatrice. L’ho affrontato su Netflix, dove trasmettono un film interattivo intitolato In fuga da Undertaker. Film interattivo? Sì, tipo Bandersnatch, quel lungo episodio di Black Mirror la cui trama cambia a seconda delle scelte che lo spettatore fa. Solo che qui la vicenda ruota intorno ai New Day, un gruppo di tre wrestler cazzoni che, in nome della positività, vanno a trovare a casa Undertaker per rubargli la mistica urna cineraria da cui trae il suo potere oscuro (fino a qualche anno fa la usava il suo manager, Paul Bearer, per controllarlo. Poi è venuto a mancare. Sul serio) e diventare ancora più forti sul ring. E qui entra in gioco lo spettatore che deve guidare Big E, Kofi Kingston e Xavier Woods nella magione del signore delle arti oscure in una storia horror a bivi in cui c’è in gioco l’anima di uno dei tre e il controllo su questo magico artefatto. Il tutto cercando di sfuggire ai pericoli che Undertaker stesso mette sul percorso dei tre wrestler del New Day per catturarli e renderli suoi schiavi per sempre. Quindi, insomma, una trashata? Assolutamente sì. Una delle trovate più trash che Netflix e la WWE, la federazione di wrestling in cui lottano Undertaker e New Day, abbiano mai escogitato. Ed è questo che rende In fuga da Undertaker così divertente.

Essendo il prodotto WWE estremamente family friendly, sembra di assistere a una puntata dei Piccoli Brividi in cui ogni tanto bisogna premere un tasto del telecomando. O del mouse. Quel che preferite. Kofi, Big E e Xavier Woods sono tre scanzonati minchioni che si divertono a scherzare tutto il tempo, un terzetto di amici che si aiuta a vicenda in un profluvio di buoni sentimenti in salsa buddy movie. Undertaker, dal canto suo, ci mette i classici del suo repertorio. Fulmini, nebbia e incubi che materializzano le paure dei nostri eroi davanti ai loro occhi rendendole reali. Divertente e innocente. Perché In fuga da Undertaker te lo devi pigliare così, senza grosse pretese. Un po’ come il wrestling: uno spettacolo fracassone e sopra le righe, e qui i puristi pipparoli della disciplina mi diranno che nuooooo il wrestling ha una sua grande profonditààààà. Oh, io lo seguo da quando ero una mezza raspa senza barba né peli sul petto e ve lo dico: il wrestling è intrattenimento. Una forma di teatro che sì, per carità, può avere i suoi momenti di adrenalina, dramma e tragedia, ma fondamentalmente lo segui per divertirti, per berciare con i tuoi amici scolandoti una birra. O due. O tre. Però occhio che poi devi guidare. E va bene così che, ne parlerò in futuro, già dall’altra parte della barricata, quella del backstage, ci sono troppi ego che tendono a gonfiarsi come il mio ventre dopo una cena all’all you can eat. Take it easy è lo spirito, e la WWE ha centrato perfettamente il punto con questo film interattivo che fa quello che deve fare: ti fa divertire, ti fa ridere, ti fa venir voglia di vederti qualche bel match. Anche se di solito il wrestling non lo segui. Ma se lo segui, te lo dice una mezza raspa a cui barba e peli sul petto sono cresciuti, e iniziato a tirare sul grigio, ti diverti.

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