Illusioni d’autore

Tiziana Metitieri | Spaziami |

Un cerchio centrale della stessa dimensione ma che percepiamo più piccolo o più grande a seconda della grandezza e della distanza di una serie di cerchi circostanti. È l’illusione di Ebbinghaus, nella quale il cerchio circondato da cerchi piccoli appare più grande del cerchio circondato da cerchi grandi, nonostante i due cerchi centrali siano geometricamente identici. Si tratta di una delle illusioni visive più note, quei fenomeni che ci rivelano come la realtà in certe condizioni possa trarre in inganno il nostro cervello che elabora le stimolazioni sensoriali provenienti dall’ambiente. Non si tratta di meri errori percettivi, perché anche quando ci rendiamo conto dell’inganno, continuiamo a cascarci con un certo senso di sorpresa misto a frustrazione.

Le illusioni ottico-geometriche possono essere costruite con apposite manipolazioni sperimentali e racchiudono fenomeni diversi, da quelli percettivi a quelli attentivi. In genere sono indicate con il nome di un autore ma non è mica detto ne sia stato lo scopritore o il primo a pubblicarne una versione! Anche nel campo delle illusioni ottiche s’insinua l’umano vizio di attribuzione smemorata o affrettata.

Come scrisse lo psicologo Giovanni Bruno Vicario (1932-2020), professore e studioso dell’Università di Padova, «se dovessimo far sempre riferimento al primo che descrisse questo o quel fenomeno, non potremmo fare a meno di attribuire parecchie cose a Lucrezio, che dedica ben 74 versi del De rerum natura (IV, 379-452) alle illusioni visive» e tra queste «il movimento relativo (387-388, 443-446), la parallasse di movimento (389-390), la soglia di percezione del movimento (391-396), il deficit di acuità visiva (397-399), l’after effect di movimento dopo la rotazione del corpo (400-403), un fenomeno di irradiazione (406-407) ripreso soltanto da Helmholtz (1867, 322*131), la percezione di profondità negli specchi (414-419), il movimento indotto e l’after effect di movimento (420-425), la perdita di costanza di grandezza per gli oggetti lontani (426-431), l’effetto schermo nel movimento (432-437), l’illusione ottica del remo spezzato quando immerso nell’acqua (440-442), la diplopia per pressione sui globi oculari (447-452)».

Questa citazione è tratta dal volume Illusioni ottico-geometriche. Una rassegna dei problemi del 2011, nel quale Vicario, affronta, tra le altre, anche i problemi di nomenclatura legati all’illusione nota come di Ebbinghaus.

Nelle pubblicazioni di Hermann Ebbinghaus (1850-1909) la figura non è stata rintracciata. Nell’articolo del 1896 su Philosophische Studien (12, 67-126), lo psicologo Armand Thiéry (1868-1955) pubblicò per la prima volta le due figure seguenti, come riportate da Vicario.

Thiéry le attribuì a Ebbinghaus, come fece nel 1898 Wilhelm Wundt (1832-1920). Le illusioni ebbero notevole successo già all’epoca e non si spiega come mai Ebbinghaus non le avesse inserite nei suoi scritti successivi, per perfezionarne l’attribuzione. Nei decenni successivi del secolo scorso, la figura è stata poi attribuita sia a Ebbinghaus sia a Edward Titchener (1867-1927) che l’aveva pubblicata nel 1901.

Per Vicario, è dunque inappropriato parlare di illusione di Ebbinghaus ed elenca due motivi a supporto di questa sua conclusione: il primo è che ci sarebbero molte altre figure originali e più importanti di Ebbinghaus nella sua produzione, e il secondo è che le due figure che compongono l’illusione non sono altro che «una spettacolare variante dell’eterna illusione di Delboeuf».

Quello che suggerisce Vicario è di denominarla come «illusione di Ebbinghaus-Thiéry», in analogia ad altre che portano il nome di chi l’ha scoperta con accanto il nome di chi l’ha pubblicata.

Una versione animata dell’illusione di Ebbinghaus-Thiéry, ideata da Christopher D. Blair, Gideon P. Caplovitz e Ryan E.B. Mruczek, dell’Università del Nevada negli Stati Uniti, ha vinto l’edizione del 2014 del concorso Best Illusion of the Year. L’effetto illusorio risulta ancora più forte rispetto alla versione statica.

Un ulteriore caso di errore di attribuzione si rintraccia in un’altra famosa illusione, quella della “giovane-vecchia”, un esempio di immagine reversibile.

La prima raffigurazione dell’immagine si trova su una cartolina tedesca anonima del 1888. 

Nel 1890 fu poi riprodotta su una stampa pubblicitaria della Anchor Buggy Company, la maggiore produttrice di carrozze degli Stati Uniti, con la didascalia: «Vedete mia moglie, ma dov’è mia suocera?». L’azienda di Cincinnati, in quegli anni centro principale di fabbricazione di veicoli, dal 1911 avrebbe iniziato la produzione di automobili.

La figura fu impropriamente attribuita al disegnatore britannico William Ely Hill (1887-1962), che ne pubblicò una sua versione nel 1915 dal titolo “Mia moglie e mia suocera” sulla rivista satirica americana “Puck”.

Nel 1930 lo psicologo statunitense Edwin Boring (1886-1968) la pubblicò in un articolo per l’”American Journal of Psychology”, attribuendola a Hill, per introdurla a colleghi e colleghe e da allora divenne nota come Figura di Boring. 

«Mostra in una figura il profilo sinistro di una giovane donna, a tre quarti da dietro. L’altra figura è un’anziana, a tre quarti di fronte. L’orecchio della “moglie” è l’occhio sinistro della “suocera”; le ciglia sinistre della prima sono le ciglia destre della seconda; la mascella della prima è il naso della seconda; il nastro del collo della prima, la bocca della seconda.»

Fu successivamente utilizzata negli studi sperimentali sull’apprendimento percettivo. 

Le probabilità di percepire più rapidamente moglie o suocera, come di passare dall’una all’altra, cambiano in base a fattori individuali, in particolare con l’esperienza di osservazione di altre figure ambigue.

Le illusioni ottiche e le figure reversibili non sono uno strumento rivelatore delle proprie caratteristiche di personalità o di spinte interiori più giovanili o più attempate ma un allenamento per la nostra percezione visiva e una prova per il nostro cervello. Diventano anche un esercizio per la nostra memoria affinché possa tenere conto di nomenclature e attribuzioni corrette, rifuggendo i vizi delle semplificazioni.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)