Alle origini di Tatsuki Fujimoto: Short Stories

Federico Beghin | Affatto |

Negli anni dell’università, frequentai ben tre corsi di filologia. All’inizio di ognuno di essi, i docenti tenevano particolarmente a precisare l’etimologia della parola e il suo significato “tecnico” e originario, distinguendolo da quello derivato e utilizzato, in epoca contemporanea, nel parlare comune. Quindi, da un lato abbiamo la filologia come disciplina dall’approccio scientifico, che cerca di ricostruire un testo, restituendolo nella versione più possibile aderente all’originale; dall’altro troviamo l’accezione quotidiana con cui s’intende un’indagine attenta ai documenti e a partire da essi, in un percorso diacronico.
Con buona pace dei docenti di filologia, devo muovermi nella seconda direzione. Entro nel mondo dell’editoria, nella fattispecie del fumetto e, per restringere ulteriormente l’orizzonte, del fumetto giapponese. In un periodo storico in cui i manga popolano librerie di varia e fumetterie, dominando le classifiche di vendita, “filologia” per una volta azzecca la rima con “economia”. Due esempi. All’inizio del 2022 Kaiju no. 8 è già un fenomeno fumettistico in patria e ancora prima di arrivare nella nostra Penisola è sulla bocca di tutti, allora Star Comics si impegna a pubblicare tutto il pubblicabile realizzato da Naoya Matsumoto. Pochissimi mesi dopo, consolidato il successo di Chainsaw Man, serie edita in Italia da Panini Comics e giunta alla conclusione della prima stagione ma già ripresa in Giappone, Star applica la stessa strategia alle opere sconosciute di Tatsuki Fujimoto, stampando in duplice edizione (una brossurata e l’altra cartonata) Tatsuki Fujimoto Short Stories 17-21. L’editore offre l’occasione di indagare i due autori e le loro opere, cavalcando l’onda del fenomeno del momento e allo stesso tempo proprio per cavalcare l’onda. Così, lasciando da parte i tankobon dedicati a Matsumoto, prendo in considerazione i primi quattro racconti brevi sceneggiati e disegnati da Fujimoto, raccolti nel suddetto volume.

Senza eccezioni, le quattro storie sono corredate dalle righe dell’autore, che le commenta con poche parole per poi dilungarsi nella postfazione. Da alcuni passaggi si coglie l’estemporaneità che caratterizza almeno in parte il suo lavoro, frutto più di sensazioni e di slanci momentanei che di pianificazioni a tavolino. Un fare affidamento sull’istinto che si nota anche nella seconda parte della prima stagione di Chainsaw Man, in cui la trama esplode in un violento e bizzarro guazzabuglio di sangue e carne, e che affonda le proprie radici in Due galline nel cortile, primo manga rifinito dopo una partenza a razzo, senza neanche una bozza. Era il 2011 e Fujimoto metteva in scena in modo poco più che amatoriale le conseguenze di un’invasione aliena nefasta per gli esseri umani. La presenza degli extraterrestri torna nella terza narrazione, mentre la quarta si apre al fantastico in un’altra maniera, ossia con l’immortalità di un vampiro sfinito dall’impossibilità di morire. Leggermente più ordinario l’episodio Sasaki ha fermato il proiettile, in cui uno studente con una cotta per una professoressa e il sogno di andare sulla Luna sfida un uomo disperato armato di pistola.
Il tratto del mangaka agli esordi appare naturalmente acerbo, sghembo, sicuramente scarno e incerto, povero di dettagli ma già capace di andare dritto al sodo, forse proprio per esigenza di semplificazione e per aderire all’urgenza istintiva di raccontare. Le vignette accolgono pochi soggetti e spesso statici; per l’azione l’autore si affida alla scomposizione dei gesti in più riquadri. Dati i pochi elementi di sfondo, pare che la concentrazione sia dedicata quasi del tutto ai personaggi. Neanche i testi sono molto articolati: con un certo minimalismo trasmettono l’assurdità della situazione fotografata.

In seguito il segno, meno abbozzato, inizia a evolversi. Probabilmente Fujimoto si sta formando come autore e, con l’esperienza, riesce a trovare uno stile personale. In un’alternanza tra spigoli e linee arrotondate delinea individui più espressivi e inizia già a mescolare staticità e dinamismo come farà ripetutamente in Chainsaw Man. Non ha ancora raggiunto la spettacolarità delle scene più potenti della serie, ma negli ultimi due racconti sembra frenarsi meno e lasciarsi andare, sperimentando soluzioni estetiche meno elementari. Ispessisce le linee e riempie gli spazi con le chine, oscurando e incupendo gli sfondi e, di rimando, le atmosfere. Non rinuncia alle fugaci intrusioni del quotidiano, ma spinge sul colpo di scena e sul cambio di ritmo attraverso l’azione.
Nonostante i cambiamenti artistici in atto da una storia all’altra siano palesi, il risultato è lontano da quello raggiunto con la pubblicazione delle avventure del Diavolo Motosega. È tutto molto semplice, diretto – e per questo pure apprezzabile – ma ancora in fase di sviluppo. Tatsuki Fujimoto Short Stories 17-21 è un volume che acquisisce valore e importanza in funzione di Chainsaw Man, dal quale viene retroattivamente abilitato, anche perché probabilmente senza quel successo non sarebbe stato dato alle stampe. Inoltre è interessante che sia arrivato in libreria quando la serie più famosa è momentaneamente ferma in Italia e prima della ristampa di Fire Punch (sempre Star Comics, prevista per le prossime settimane), quasi a riempire un vuoto e, magari, a esaudire il desiderio dei lettori di scoprire le origini dell’artista.

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