Luigi Bernardi il giocatore

Quasi | Visiting Professor |

di Laura Scarpa

Fare l’editore di fumetti, il piccolo editore di fumetti, è una roba da scommettitori, anzi, da giocatori.
Rischio e sfida continui, abilità e fortuna, le carte giuste anche.

«…mi sembra ancora più ridicola l’opinione corrente, da tutti accettata, che è assurdo e stupido aspettarsi qualcosa dal gioco. Perché il gioco dovrebbe essere peggiore di qualsiasi altro mezzo per far quattrini come, per esempio, del commercio? Vero è che, su cento, uno solo vince…»

(Il giocatore, F.Dostoevskij)

Più che altri giochi, tipo la roulette, speranza matematica, o il biliardo, che richiede abilità e nervi saldi, è il giocatore di carte quello che si avvicina per carattere al ruolo di editore. Un gusto sfrenato per la sfida, capacità di studiare il campo, di ricordare e prevedere le mosse da fare, e anche fingere, nascondere le proprie carte, rischiare tutto il piatto con mosse azzardate ma belle.
È difficile che un giocatore riesca sempre vincitore. E se riesce vincitore lo apprezziamo, ma ci piace meno di chi ha rischiato e a volte vinto, sì, ma altre perso.

Forse non tutti sanno che… – per citare una delle rubriche più popolari dei giornali – forse non tutti sanno che, e come, Luigi Bernardi poté avere un po’ di soldi per cominciare a fare l’editore.

Era ben giovane allora (1978?) 4 anni più di me. Io in quei primissimi anni in cui cominciavo, giravo trottolina tra fiere ed eventi di fumetto. Così capitai a Bologna, in un posto di cui non ricordo nome e dove… nulla tranne un angolino nascosto e un tavolino, lì c’era Luigi (probabilmente anche Ilde) e un tavolino con due volumi, Indagini nell’Altroquando e I miti di Chtulhu. L’Isola Trovata. Credo che un anno dopo, forse, mentre uscivano già Tram Tram Rock e Paulette, Luigi mi chiese di fare un libro e proposi Venturina Veneziana.
Era il 1979? Sì, finii di disegnarlo durante un carnevale e la copia di prova di stampa, copertina bianca, me la diede di sua mano durante il primo e unico Immaginaria, la prima e unica e bellissima manifestazione di fumetto veneziana, grazie a Toni De Marchi, un altro amico che non c’è, prematuramente, ricordato più per aver scoperchiato Ustica, che per il fumetto.
Mentre disegnavo Venturina, con Luigi passammo a scriverci per lettera (sì, le vecchie lettere di carta, con busta e francobollo), perché lui si fece in quel periodo il servizio militare, ormai inevitabile (ma, andando a memoria, direi in forma ridotta). Mi spiace aver perduto,  nei miei traslochi, quella sua fitta corrispondenza.
Gli piaceva scrivere lettere, so che se ne scambiavano anche con Cinzia Ghigliano (di cui pubblicò Lea Martelli). Gli piaceva molto parlare con noi donne, credo, era un suo lato femminile, quello per cui era caratteristica la sua posa che chiamavo “da odalisca” steso su un fianco, sia sul divano di casa, sia sul sedile posteriore del taxi, era la sua posizione da chiacchiere.
Il resto delle mie conversazioni con Luigi, oltre che di persona, avvenivano in quel periodo per telefono. Luigi era uomo di pause e silenzi, ma io avevo anche difficoltà a sentire quello che diceva al telefono… è vero che parlava piano, ma capii il perché solo quando andai a casa sua, casa dei suoi genitori, il loro telefono era un’imitazione riccioluta di falsi telefoni ottocenteschi con una cornetta lunghissima… i suoi sussurri non arrivavano fin laggiù.
Ecco, anche quelle pause parlando, fanno capire il Luigi giocatore. Perché ecco come era arrivato a fare l’editore. Giocando a carte.

Luigi a carte vinceva, e perciò andava a giocare a soldi, quei soldi sono serviti a un gioco più grande, l’editoria. Ci sono registi (Kevin Smith) o editori (così nacque la Taschen) che hanno venduto le loro preziose collezioni, per cominciare a produrre libri e film, Luigi invece frequentava luoghi probabilmente non “benfamati” per giocare, per il piacere, il brivido del gioco ma soprattutto per fare i soldi e poi editare fumetti.
Non sapeva che qui il gioco si fa più duro, e si perde più che con le carte.
Certo Luigi ha buttato sul tavolo molti assi, da “Orient Express” (poi ceduto a Bonelli) ai primi manga (assoldando i Kappa Boys, con occhio acuto), scoprendo autori nuovi, tentando strade diverse. Rischiava forte, con mosse azzardate.
Ha vinto, rischiato e perso anche.
Quel mondo in cui aveva fatto bottino e costruito un suo piccolo capitale, lo ha però influenzato anche come visione del mondo, gli ha aperto di più lo sguardo verso il noir, il delitto, il mondo oscuro che poi ha raccontato a parole.
Ha giocato sempre, fino alla fine.
Prima dell’ultima operazione ci vedemmo in videochiamata, organizzava la sua casa e la biblioteca, si preparava a qualunque carta uscisse.
Partita chiusa.

«…perché avevate una gran necessità di vincere. Proprio come chi annega, e si afferra a una pagliuzza. Lo riconoscerete anche voi che, se non stesse per annegare, non scambierebbe una pagliuzza per un ramo d’albero.» 

(Il giocatore, F.Dostoevskij)
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