Joséphine

Francesco Barilli | Il tradrittore |

Non so te, non ti conosco abbastanza, ma io non mi faccio quasi mai conquistare da una quarta di copertina. Neanche dalle recensioni. Mi tengo lontano anche dai siti di critica fumettistica (questo magari evita di dirlo a Paolo e Boris). Compro libri e fumetti per abitudine, fiducia nell’autore oppure su consiglio di amici. Insomma, negli acquisti di lettura ho la stessa inclinazione adottata verso le notizie dal mondo: non seguo giornali o TG, i talk «politici» mi irritano. Le notizie preferisco mi arrivino spulciando le bacheche social degli amici fidati di cui ti dicevo, filtrate dalla loro sensibilità. Atteggiamento stupido, ma tant’è.

Insomma, neppure ricordo come o perché ho comprato Joséphine, di Jean Rolin (Quodlibet, 2023). Credo per la copertina. Però, avessi letto la quarta, mi avrebbe conquistato. È una frase estratta dal libro, dove l’autore HA DETTO:

Cedo volentieri allo stesso Rolin il compito di Tradrittore, la sua frase te la può spiegare e raddrizzare meglio di me. È anche una questione di rispetto. Ma al consueto traduci/raddrizza/tradisci arrivo alla fine. Ora guarda la cover a cui accennavo.

Il colophon dice solo «fotografia di autore anonimo». Può darsi che venga pure a te il dubbio venuto a me. Quell’immagine, sfocata e bellissima nella sua imperfezione, ritrae la donna raccontata nel testo? È lei Joséphine, morta per un’overdose nel marzo 1993, a poco più di trent’anni?

Non serve essere un hacker e neppure vestire i panni di Monsieur Poirot per scoprirlo. Una googlata banale e paziente può spiegarti che Joséphine è stata compagna di Félix Guattari, indicato semplicemente come F nel romanzo. Su youtube trovi persino un video dove li vedi assieme…

… e capisci che la donna in copertina è proprio lei.

È dal romanzo che scopri quanto Joséphine fosse convinta che la propria tossicodipendenza avesse sfibrato l’esistenza di Guattari, portandolo alla morte (avvenuta nel 1992 a 62 anni) e precipitando se stessa in una cupa depressione.

Ora lascia perdere Guattari. E non stupirti se non conosci Jean Rolin. Piuttosto noto in Francia, soprattutto come reporter, non mi risultano altri libri tradotti da noi, a parte Il recinto (Barbès, 2008). E, in effetti, quello edito da Quodlibet non è esattamente un romanzo. È il reportage di come un incontro tra esseri umani incasinati sfocia in un amore. Che finisce male e improvvisamente. Una confessione che trova compimento in quella quarta di cover. Rileggila.

«Non sono mai riuscito a capire fino in fondo perché ricadesse ogni volta in qualcosa che temeva e detestava tanto come l’eroina, a meno che, nel suo terror panico di essere abbandonata, o di non essere abbastanza amata, non avesse bisogno di verificare continuamente fin dove, in fondo a quale abisso, l’uomo che amava sarebbe venuto a riprenderla.»

Da altre citazioni, dalle pagine del diario della protagonista, scopri che il desiderio di Jean di prendersi cura di Joséphine era reciproco. Cioè: ricambiato dalla protagonista verso Rolin. In un modo tenero che ora, visto l’epilogo, è ancora più struggente: «diventerò normale per custodire il suo corpo. Custodirò il suo corpo. Non lo perderà mai del tutto. Me ne prenderò cura. Credo di poterci riuscire, posso darmi questo obbiettivo».  Del resto lo diceva Battiato: «perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te». Una canzone bellissima proprio nella scelta di evitare la parola «amore». Potrebbe essere rivolta verso la persona amata, un figlio o una figlia, un amico in grave difficoltà. Ascoltala.

I protagonisti del libro sono francesi: mi viene in mente amour fou. Solo una banalità. E forse a questo punto potresti pensare che Rolin abbia voluto raccontare quell’amour (fou o meno poco importa). Sbagli. Rolin fa un ritratto dell’amata, intinto in ricordi sfocati (rammenti l’immagine di copertina?) come possono essere quelli di una persona cara che non c’è più. E restituisce schegge di quell’amore. Specialmente quando trascrive frasi dal diario di Joséphine. Lascio a lui, come ti ho detto, la responsabilità di Tradrittore di se stesso. Lo faccio per rivelarti il cuore del libro e spiegare, finalmente, cosa VOLEVA DIRE, in quella quarta di cover e in generale nel suo commosso omaggio a Joséphine.

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