Il mistero di Max

Paolo Interdonato | post-it |

Sapendo che avevo dedicato un post-it a Milady nel 3000, Claudio (editore di QUASI) mi ha lanciato uno sguardo contrito e mi ha rimbrottato: «Potremmo parlare anche di fumetti usciti nel terzo millennio dopo Cristo, eh?»
Sono disciplinato e, se l’editore pone dei requisiti (in forma interrogativa, poi), cerco di avvicinarmici. Milady è uscito nella prima metà degli anni Ottanta. Faccio un salto in avanti. Ma le zampette corte e l’affanno per l’età avanzata (quest’anno compirò per la quinta volta un’età palindromica a due cifre) mi riportano a terra prima del raggiungimento del nuovo millennio.

La traiettoria di Magnus di cui ti dicevo ieri attraversava anche una serie di storie raccolte dall’autore sotto il titolo Le femmine incantate.   QUASI è, dalle origini, uno spazio di strani anelli. Le femmine di Magnus mi portano ad afferrare dalla mensola le Mujeres fatales di Max e Mique Beltrán. È il fumetto in cui Max sperimenta meno, quello pensato perché fosse facilmente vendibile ai francesi. Si tratta di una serie di cinque fumetti brevi (8 pagine), ciascuno intitolato con il nome della protagonista. Sono usciti in Italia sulla rivista “Blue” di Francesco Coniglio, che acquisiva materiale tanto dalla rivista francese “L’Echo des Savanes” (su cui quelle storie sono uscite per la prima volta) quanto da “El Víbora” (che le ha poi proposte in spagnolo).

C’è in quei fumetti tutto il gioco formale della linea chiara: linea nitida, assenza di tratteggi e tessiture, colori piatti e privi di sfumature, balloon regolarissimi ed equidistanti dai bordi della vignetta, linee cinetiche ridotte al minimo e usate solo per rappresentare  le emozioni (il ricciolo che dice confusione o ebbrezza e le antenne vibranti che sono metafora della preoccupazione).

Ho una vera passione per Max e scelgo questo libro, che non è in alcun modo il mio preferito, perché mi sembra rappresenti un punto di ingresso facile nei suoi lavori. Credo che in italiano siano usciti solo Il lungo sogno del signor T per Mare nero di Coniglio, Bardin il superrealista per Black Velvet e Conversazioni di ombre nella villa dei papiri per Comicon Edizioni.

È difficile parlare di un autore così bravo e così importante, se non trovi mai nessuno che lo abbia letto con cui fare quattro chiacchiere. La cùpola, casa editrice di Barcellona, aveva in catalogo una collana (dalla numerazione un po’ incasinata, tra rinumerazioni di Gustavo e Peter Punk non si capisce nulla) che si chiamava “Todo Max”. Non riesco a capire quanti e quali siano i volumi e cercare “Max” su un sito di eCommerce senza avere ISBN è un’operazione che richiede calma e controllo e, quando distribuivano la pazienza, ero a rifare la fila a merendine.

Ci sono fumetti e fumettisti che non riescono a ottenere la visibilità che meritano o desiderano per l’ampiezza limitata dei canali che usano per comunicarsi. E poi c’è Max, che potrebbe essere rintracciato da chiunque, ma che rinuncia al suo vero nome, Francesc Capdevila, che gli consentirebbe di essere trovato con qualsiasi strumento digitale, per garantirsi una tranquilla invisibilità, alla luce del sole. Un nome così breve e incisivo da rasentare l’anonimato.

Leggi i suoi fumetti. Se ci riesci.

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(Quasi)