Grendel ha un problema, e noi con lui

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Una cosa di cui noi di Quasi siamo convinti, magari con motivazioni e argomentazioni diverse, è che le storie che ascoltiamo, leggiamo, guardiamo e, a volte, raccontiamo, sono strumenti inevitabili e indispensabili per stare e agire nel nostro tempo presente. Se ha ragione Jonathan Gottschall, sono due le cose che ci denotano come esseri umani: l’istinto di narrare e la necessità di combattere. Quello che invece ci connota è il modo in cui decliniamo il narrare e il combattere, la direzione in cui decidiamo ci debbano portare queste due attività. Per dirla semplice, quello per cui combattiamo e come lo narriamo fa di noi degli esseri umani degni o dei fascisti. Noi siamo il nostro immaginario, e il nostro immaginario siamo noi che collaboriamo a costruirlo.
Antonio Vena e Matteo Meschiari, sono due persone che da tempo riflettono su questi meccanismi, e alle loro riflessioni prestiamo da sempre la dovuta attenzione. Dopo avere animato, un blog (”La Grande Estinzione”), di riflessione su immaginario e scrittura nel nostro tempo, quello chiamato Antropocene, hanno deciso di dare vita a un sito, “Il problema di Grendel”, in cui «ragionare sul potere dell’immaginario e della letteratura come strumento per agire nel reale (Fiction is Action); guardare in faccia i demoni e i mostri dell’Antropocene per inventare un nuovo kit di sopravvivenza cognitiva.»
Per riuscire a sopravvivere è necessario imparare a usare le narrazioni, e quella loro particolare declinazione che noi oggi vediamo come l’unico reale futuro dell’editoria, la saggistica, senza farsi male.

«La lettura di un saggio richiede una speciale forma mentis che ha poco a che vedere con il semplice desiderio di informazione o con il mero furto di idee. Ovviamente non parliamo qui del saggio divulgativo, come può essere un bel libro di Jonathan Safran Foer o di Merlin Shaldrake, lavori che sono già la traduzione in qualcos’altro di un sapere più o meno specialistico. Con saggio si intende qui tutto quello che si son letti Foer e Shaldrake prima di apparecchiare il loro prodotto, l’a monte fatto di dati, modelli, teorie, analisi, interpretazioni, ricerche che in qualche modo va raccontato, semplificato, attualizzato e sottoposto a restyling. Per capire come funziona un saggio nella testa di uno scrittore bisognerebbe osservare il preciso momento in cui questo lost in translation, il fraintendere alla Bloom, diventa qualcosa di nuovo e di diverso.»

In virtù della fiducia che nutriamo verso i due curatori, ti consigliamo vivamente di leggere tutto quello che pubblicheranno su “Il problema di Grendel” e, per iniziare, questo pezzo, su come vanno usati i saggi.

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(Quasi)