Un vecchio gioco

Francesco Pelosi | Affatto |

Le fiabe più famose, quelle che tutti conosciamo, come Cenerentola, Biancaneve e i sette nani o Cappuccetto Rosso, hanno origini antichissime e, com’è noto,  sono arrivate a noi attraverso la tradizione orale.
La prima versione scritta di Cappuccetto Rosso è del 1697 nella raccolta I racconti di Mamma Oca del francese Charles Perrault, che trascrisse anche molti altri racconti popolari europei, come Il gatto con gli stivali, Barbablù, Pollicino e La bella addormentata nel bosco (in quel libro si trova anche una versione di Cenerentola, fiaba che, con molte differenze, compariva già in Lo cunto de li cunti del 1634, scritto dal campano Giambattista Basile e risalente, pare, al racconto egiziano di  Rodopoi, citata da Erodoto).
Fra il 1812 e il 1822, in Germania, i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm pubblicarono poi I racconti del focolare, una grande raccolta di favole popolari con anche una nuova versione di Cappuccetto Rosso, differente da quella di Perrault, mentre in Italia nel 1956 fu lo scrittore Italo Calvino a raccogliere in un libro intitolato Fiabe italiane i molti racconti popolari del nostro paese e uno in particolare, La finta nonna, ascoltato dallo scrittore in Abruzzo, ricorda molto da vicino Cappuccetto. Nel 2009 lo studioso inglese Jamie Therani scoprì che la favola è in realtà ancor più antica di così. A quanto pare la prima versione conosciuta risale circa al VI° secolo a.C. e fa parte della raccolta delle Fiabe del greco Esopo, rilevando anche che esistono almeno 35 versioni diverse di Cappuccetto Rosso, diffuse oltre che in Europa anche in Asia, Cina, Giappone e Medio Oriente.

Tutte queste fiabe, così antiche da essere ormai parte inscindibile della nostra immaginazione e  sedimentate a fondo nell’inconscio collettivo, hanno subito, di trasposizione in trasposizione lungo i secoli, notevoli edulcorazioni fino a giungere, per sfortuna di molte di esse, fra le mani di Walt Disney che le ha definitivamente rese innocue. Ma inizialmente tutte loro erano colme di aberrazioni, sangue e violenza. La loro funzione sociale, che si potrebbe definire iniziatica, sembra allora essere stata affidata ai racconti del terrore tout court, togliendole però totalmente dall’orizzonte infantile a cui erano un tempo indirizzate.
Nel 1993, Mike Mignola, ha raccolto il testimone di queste antiche tradizioni crepuscolari e le ha convogliate nella sua opera magna: l’investigatore del paranormale, il figlio prediletto degli inferi, il viandante solitario, Hellboy.

Le favole a fumetti di Mignola, i suoi racconti dell’oltretomba, prendono spunto sia dai maestri della letteratura dell’orrore, come H.P. Lovecraft e Edgar Allan Poe, sia da antiche fiabe e leggende dei popoli, con una netta preferenza per quelle celtiche e nordiche ma senza trascurare Asia, Africa e mediterraneo.
Il cadavere, una delle prime storie brevi del ciclo, è un perfetto esempio di questo tipo di procedimento. Mignola nell’introduzione alla storia dice di essersi ispirato al racconto irlandese raccolto da W.B.Yeats, Teig O’Kane e il cadavere. Qui si racconta di un giovane avvezzo alla vita mondana, alle forti bevute e al sollazzo in compagnia di donne di strada, che una notte, dopo una lite col padre che gli intimava una vita più morigerata e timorata di Dio, incontra alcuni «piccoli uomini» che trasportano un cadavere. I folletti lo riconoscono e gli impongono di trovare entro l’alba una degna sepoltura per il morto, in una delle cinque chiese che gli indicano. Se non riuscirà nell’impresa, morirà.
Il ragazzo, terrorizzato, comincia allora l’affannosa ricerca con il cadavere avvinghiato al suo corpo e senza possibilità di liberarsene. Durante la notte, e man mano che gli spiriti che abitano i cimiteri delle chiese prescelte li cacciano, si scopre che il cadavere parla e aiuta Teig O’Kane nella sua ricerca, sempre con le braccia ben strette al suo collo e le gambe avvinghiate alla vita. Alla fine, poco prima dell’alba, nell’ultima delle cinque chiese, il ragazzo trova una fossa già scavata con all’interno una bara nera e vuota. Il cadavere viene lì seppellito e Teig O’Kane dorme per due giorni interi in una locanda per poi tornare da suo padre e cominciare una vita sana e responsabile. Durante questa «notte dell’anima» il ragazzo è stato continuamente in mano alle forze oscure e alla paura, e il suo corpo è stato messo a dura prova.
Mignola decide, avuta la commissione di una storia a puntate di Hellboy, dove ogni uscita deve durare solo due pagine, di fare la sua versione di questo racconto. Assistiamo così alle vicende dell’eroe che, cercando una bambina umana rapita dal Piccolo Popolo, viene incaricato della sepoltura di un  cadavere dai folletti in cambio della restituzione dell’infante a prova avvenuta. La storia a questo punto procede identica a quella raccolta da Yeats nelle sue Fiabe irlandesi: Hellboy visita cinque chiese con il cadavere avvinghiato al corpo e si scontra con vari spiriti fino a trovare, poco prima dell’alba, la fossa già scavata e quindi la giusta dimora per il trapassato.

Nel libro Il re e il cadavere: storie della vittoria dell’anima sul male di Heinrich Zimmer si trova una versione indù, ancora più antica, di quella che sembra essere la medesima vicenda. Qui un grande re si trova a dover trasportare un cadavere avvinghiato al suo corpo non per seppellirlo ma per portarlo da un mago che tramite il suo spirito defunto vuole impadronirsi delle potenze demoniache del cimitero. La prova del re qui non sta nel correggere il suo comportamento sconsiderato (come nel caso di Teig O’Kane) o nel raddrizzare un torto o “fare la cosa giusta” (come per Hellboy), ma nel sopravvivere all’inganno del mago, che fingendosi in buona fede gli sta facendo compiere l’impresa per poi ucciderlo. La sua “colpa” in questo caso è l’ingenuità che mal si addice al suo rango, sia temporale che spirituale.
Una volta avvinghiatosi alle sue spalle, il morto sottopone al re 24 racconti-indovinello (quindi si tratta in questo caso di 25 prove, compresa quella finale del mago, contro le 5 chiese da scandagliare delle versioni recenti) e se il re non risponderà correttamente il cadavere gli farà esplodere la testa. Alla fine, quando la risposta al ventiquattresimo indovinello non viene data perché il re non la conosce, il cadavere sancisce il superamento della prova, perché il re ha compreso che alcune situazioni sono irrisolvibili dal raziocinio. Il re viene allora avvertito dal cadavere stesso del piano del mago e riesce a sovvertirlo, acquisendo lui i poteri magici legati agli spiriti del cimitero e superando così la sua personale prova di crescita.

Più antico è il racconto più l’intreccio è intricato, o più efferate e macabre le situazioni, quasi come se la lettura di queste fiabe fosse simile alla funzione di certi scioglilingua rituali, incentrati sul cedimento delle barriere razionali nella mente di chi li pronunciava. Dice Hellboy ai genitori della bambina rapita dal Piccolo Popolo: «È un vecchio gioco e va giocato secondo le loro regole».  

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