Ma non è una trilogia

Sergio Rossi | Consigli per editori distratti |

Il primo incontro con Leçon des choses di Grégory Mardon, edito in Francia da Dupuis, avviene per caso alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna nel 2011. Sono insieme a Omar Martini fuori allo stand di Media Partecipations (MP), il gruppo editoriale a cui appartengono Dargaud, Dupuis, le Lombard e altre sigle varie, e stiamo aspettando il nostro turno per vedere le nuove proposte da inserire, eventualmente, nel catalogo Black Velvet. Quando esce l’editore italiano prima di noi, ci fermiamo a chiacchierare con lui in attesa che nello stand rimettano a posto i libri già visti. «Cosa hai preso?», gli chiedo, un po’ perché sono sempre curioso, un po’ perché abbiamo gusti diversi, facciamo scelte diverse e hai visto mai che si scoprano libri interessanti. «Mah», sbuffa l’amico, «pensa che mi hanno fatto vedere un libro assurdo su un uomo che si rade tutti i peli e comincia ad avere strane inclinazioni sessuali, impossibile pubblicarlo in Italia, siamo mica pronti». A me sembra una reazione un po’ esagerata, dopotutto storie di sessualità fluida, definizione che all’epoca era poco usata, c’erano già. Penso a Enigma di Pete Milligan e Duncan Fregredo, e insomma, il mercato italiano ha visto di ben peggio. Però mi sono incuriosito, ci vuole poco, e quando tocca a me chiedo di vedere questo libro tanto scandaloso. Sophie, la direttrice dei diritti esteri di MP sgrana gli occhi e corre a prenderlo. «È il mio autore preferito», mi dice, «non lo vuole nessuno ma a me piace tanto». Conosco Sophie da anni: è precisa, attenta, simpatica, competente ma è la prima volta che la vedo accendersi per un libro, quindi le chiedo informazioni sull’autore, Gregory Mardon, «Chi è e cosa fa? Perché non lo conosco?» «Per forza», mi conferma Sophie, «non lo conosce nessuno, vende poco anche in Francia e all’estero anche meno». Apro il libro che si intitola Les Poils, I peli, fa parte di una serie chiamata “L’extravagante comédie du quotidien” e subito capisco che chiunque sia questo Mardon è bravo, almeno a disegnare. C’è sempre il rischio della storia, che può essere una ciofeca, ho gli scaffali pieni di libri francesi con disegni belli ma la storia non proprio, quindi va letto. Ora, in generale non sono un lettore ma un lavandino, anzi una fogna che inghiotte tutto, perché vorrei leggere tutto ciò che trovo a fumetti, poi magari mollo dopo poche pagine ma, appunto, poi. Quindi le chiedo se posso leggerlo. «Davvero?», mi domanda lei contenta. «Davvero», dico io. Allora lei si alza e mi aggiunge anche Leçon des choses, «Eccolo qui», e me li porto a casa entrambi per leggerli.

Les Poils è la storia di un poliziotto molto barbuto e molto irsuto, i “peli” del titolo, che, per gioco, si rade completamente il corpo. Questo gesto porta nuova linfa al rapporto sessuale con la moglie la quale scopre il piacere di essere sedotta da un affascinante estraneo, lei non ricorda il marito senza barba, e scopre un proprio lato inedito: sedurre ed essere sedotta da altri uomini. Questo provoca nella donna una rivoluzione sia sul piano personale (civetta con altri uomini, va in club privati, si trucca e si veste in modo più provocante del solito), sia in quello lavorativo dove mostra un’intraprendenza inedita. A questo punto il volenteroso lettore ha già capito che il riassunto dell’amico editore era un po’ fuorviante: non siamo dalle parti de Il Vizietto di Edouard Molinaro quanto di Bella di giorno di Luis Buñuel. In più, è chiaro da subito che ‘sto Mardon non solo sa disegnare, ma anche scrivere, pure bene, quindi continuo la lettura. La resa dei conti finale con il marito è narrata con una grossa, pure troppo, ellisse narrativa che fa capire che mancano dei tasselli interni alla storia. È chiaro che Mardon li ha nascosti da qualche parte, ma dove? Di certo non in questo volume. Dico a me stesso che forse ho capito perché Sophie non riesce a venderla questa storia, ma in realtà non ho capito nulla. Poi apro Leçon des choses, e finalmente direte voi, e qui scatta l’innamoramento.

Leçon des choses è il romanzo di formazione di due bambini, Jean-Pierre e Cyril, che frequentano le scuole elementari in un piccolo paese francese negli anni Settanta. In 80 dense pagine Mardon ci porta in contatto con tutto quello che può accadere a quell’età e quindi la noia dei compiti a casa e delle lezioni a scuola, i maglioni che all’epoca avevano nel beige il loro colore più luminoso, le litigate con gli amici, i primi innamoramenti per le compagne di classe, le punizioni corporali assestate dagli insegnanti, i litigi familiari, la separazione dei genitori, la noia di certi pomeriggi senza fine, il gioco della fantasia che trasforma la realtà, la ricerca di parole e immagini nelle storie a fumetti, nei film e nei programmi televisivi per dare un ordine al caos dentro e fuori di sé, la scoperta della mortalità e della sessualità, l’arrivo dei primi film di arti marziali, i dispetti che si trasformano in grandi disastri, le piccole crudeltà quotidiane e la grande paura del buio, la voglia di avventura e di fare “cose da grandi” unite alla paura di essere scoperti o di fare brutti incontri. In più, come mi accadrà vedendo Stranger Things che è ambientata nel 1983, mi colpisce la quantità di elementi in comune che condivide chi, lettore e autore, è cresciuto in quegli anni anche in Paesi diversi, infatti Mardon è del 1971, io del 1970, Shawn Levy, regista della serie Una notte al museo e principale showrunner di Stranger Things e regista di alcuni episodi del 1969 (i creatori della serie, fratelli Duffer, sono invece del 1984).

Per me rimane straordinaria la lunga sequenza muta in cui Jean-Pierre si annoia e allora va a passeggiare nel bosco che, immediatamente, si popola secondo i suoi desideri dei personaggi che ha in testa, leoni, anaconda, cavalieri, supereroi, goblin e chi più ne ha più ne metta, mentre lui si immagina di essere un gigante che provoca onde di tsunami nelle pozzanghere. In tre parole, colpo di fulmine come quello che mi colpì durante la lettura del primo volume de Le combat ordinaire di Manu Larcenet, letto quando l’autore pensava di fermarsi a quello e basta.

È chiaro che 1) devo trovare SUBITO altri libri di Mardon da leggere, 2) questo libro va pubblicato, quindi scrivo a Sophie ringraziandola e chiedendo se sia ancora libero, e lo è, evviva, mentre su Les Poils ho qualche riserva. In risposta Sophie mi manda i due libri della stessa serie di Les Poils appena usciti, ossia C’est comment qu’on freine? e Le dernier hommes. Hai visto mai che questi possano convincermi? Li leggo al volo, il primo è bello ma il vero atout è Le dernier hommes, che fin dalle prime pagine è bel-lis-si-mo, e in entrambi i libri i protagonisti sono Jean-Pierre e Cyril, gli stessi di Leçon des choses ma adulti, infatti molte scene ricorrono nei tre libri. Poi, a un certo punto arriva in scena anche la protagonista di Les Poils e, ovviamente, anche il di lei marito pulotto, e il finale del libro contiene i tasselli che vanamente cercavo in quel libro.

Guardo la quarta di copertina di Le dernier hommes, assente in C’est comment qu’on freine?, leggo che i tre i libri (Les Poils, C’est comment qu’on freine? e Le dernier hommes) sono descritti come una trilogia, e finalmente capisco perché Mardon non vende un libro, né in patria né all’estero. No, caro anonimo redattore francese che hai scritto quelle righe, questa non è una trilogia, ossia tre storie leggibili separatamente ma unite da elementi comuni, ma una singola storia in tre parti, ognuna narrata da tre punti di vista diversi e piena di rimandi da una all’altra, con la terza che tira le fila di tutte e senza la quale le prime due mancano della loro conclusione. Ma non è solo l’anonimo redattore a essersi sbagliato, c’è anche Charles Berberian, indimenticato autore con Philippe Dupuy di Monsieur Jean e sceneggiatore per Cornelius di Cycloman, divertente omaggio ai robottoni giapponesi e ai supereroi disegnato proprio da Mardon. Nella sua prefazione a Les Poils, Berberian scrive che il suo amico Gregory sta lavorando a una trilogia di cui questo è il primo volume. Mai fidarsi degli amici, caro Charles, perché questa non è neppure una storia in tre parti ma in quattro, dato che non si possono capire molte scene senza aver letto prima Leçon des choses.

Ma non è finita qui.

Per convertirmi definitivamente a Mardon, Sophie mi manda anche altri due suoi libri precedentemente editi sempre da Dupuis, Incognito e Corps a corps, pubblicati ognuno in collane diverse da quella di Les Poils. Non sono dei capolavori ma insomma, averne da leggere cose così. Il protagonista di entrambe è Cyril e, forse lo avrete già capito, anche queste vicende sono poi in parte citate e parti integranti in C’est comment qu’on freine? e Le dernier hommes.

Insomma, la trilogia che non è una trilogia è un lungo romanzo in 6 parti.

Ora, si sa che i francesi amano le saghe lunghe, non a caso “La commedia umana” di Honoré de Balzac conta 137 libri, compresi quelli finiti dalla vedova e gli aiutanti, “La saga dei Rougon-Macquart” di Emile Zola 40, la Recherche di Proust ne conta solo 7 perché scriveva a letto e si addormentava presto la sera, ma quando ne affronta una il lettore o sa cosa sta leggendo, o viene avvertito da qualche parte, come accade ne La fortezza di Trondheim e Sfar, oppure ancora può leggere i singoli volumi separatamente senza perdersi dei pezzi come accade dei volumi di Mardon, che in più l’editore pubblica anche in collane differenti. Mi domando se Gregory sia stato vittima della vendetta di un editor a cui ha fatto uno sgarbo, e quello si è vendicato così per non farlo vendere e mandarlo via, infatti adesso Mardon pubblica storie in un unico volume, guarda caso, per Futuropolis ma, illazioni a parte, è chiaro il perché questi libri non li vendono in patria e all’estero: se ne leggi uno solo ti manca sempre un pezzo.

O meglio, c’è un’eccezione che conferma la regola: è Leçon des choses, l’unico leggibile a sé stante, che è anche il più bello, il più suggestivo. Cominciamo da questo, dissi a Omar, poi il resto si vedrà.

Invece è rimasto inedito in Italia perché non riuscimmo a pubblicarlo, ma questa è un’altra storia.

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