Venti

Boris e Paolo | QUASI |
Albert Robida (1848-1926)

Dopo un decina di giorni ci dovremmo aver fatto l’abitudine. Il 2020 è finito e non è successo niente di eclatante; nulla che ci faccia dire che questo è un anno completamente diverso dal precedente. Capodanno è un simbolo buono per stappare bottiglie e cambiare il calendario appeso al muro della cucina. Riti semplici. Stappare bottiglie è una pratica cui ci adoperiamo quasi quotidianamente: lo si capisce dalla sicurezza con cui usiamo il cavaturaccioli e, ancora di più, da come ci brillano gli occhi quando il bicchiere si riempie. Col calendario abbiamo un rapporto laico e distante: lo vogliamo illustrato e non ci piace acquistarlo; di solito lo troviamo allegato a una delle riviste che compriamo. Quando arriva il momento, lo liberiamo dall’involucro di cellophane e lo appendiamo al medesimo chiodo da cui abbiamo staccato quello dell’anno concluso. Poi ce ne dimentichiamo. Al punto che, qualche volta, scopriamo di dover sfogliare due o più pagine alla volta.

I fatti che hanno cambiato in modo significativo le nostre vite raramente hanno avuto a che fare con i giorni segnati in rosso su quelle pagine. E quando è successo, è stato per un caso assoluto. In fondo, ciò che deve accadere accade. Anche gli eventi che ci segnano.

Il tempo continuo della storia esce nel 2014 ed è l’ultimo libro di Jacques Le Goff. Il grande storico ha novant’anni e sa di essere prossimo all’evento che definisce il limite temporale delle trasformazioni che la vita di ciascuno di noi può subire. Nei suoi ultimi giorni si chiede quali siano i punti notevoli che permettono agli studiosi di definire periodi consistenti da analizzare. Interrogandosi sulla possibilità di distinguere pienamente Medioevo e Rinascimento, Le Goff pone una questione che ci sembra centrale: «Il problema, infatti, è capire se la storia è una e continua oppure se è divisa in compartimenti. In altre parole: è davvero necessario tagliare la storia a fette?»

Stiamo attraversando  un periodo che ha modificato radicalmente il modo in cui tutti agiamo nel mondo. Prima o poi se ne uscirà, indipendentemente dal grado di lucidità, competenza, autorevolezza di ciascuno degli attori che hanno giocato questa partita. La pandemia sarà un ricordo, ma le cose non torneranno come prima. Saremo tutti un po’ diversi. Alcune cose si normalizzeranno con il tempo: la paura se ne andrà e ci abitueremo a una distribuzione dei beni che, in questo momento, è anche più iniqua del solito. Altre saranno completamente diverse. Gli equilibri delle nostre vita cambieranno tanto nelle cose effimere quanto in quelle importanti: dal nostro rapporto con le malattie contagiose alla necessità di essere in ufficio, dall’uso dei mezzi di trasporto alla frequentazione dei luoghi dello spettacolo, dall’idea di scuola a quella di solidarietà.

Non saremo migliori. Non ci saranno meno imbecilli. E in giro, tanto per strada quanto sulle bacheche dei social network, saremo investiti dalla consueta ondata di idiozia e disinformazione.
Fortunatamente, non saremo neanche peggiori.

Consapevoli di aver attraversato un periodo straordinario, abbiamo deciso di dedicare l’apertura del 2021 di QUASI a un tema che richiamasse l’anno appena concluso: “Venti”.
Ne abbiamo approfittato per ricostruire gli ultimi dodici mesi delle nostre vite predisponendo una carrellata dei punti notevoli che li hanno scanditi. Per tutta la settimana, ti proporremo questo racconto sconnesso, interrotto e discontinuo. Per predisporlo abbiamo dovuto fare due esercizi: uno di memoria e ricerca e l’altro di cernita e selezione. Due movimenti opposti che ci hanno costretti a confrontarci con i nostri limiti, le nostre paure, le nostre ossessioni.
Guardiamo il mondo da pagine e schermi e lo esperiamo con suole di scarpe che, quest’anno, si sono consumate pochissimo.
Siamo convinti di avere accesso a tutte le informazioni, eppure – sommersi come siamo da foto di animali, notizie curiose, video divertenti, bugie e fraintendimenti, manie e pettegolezzi – ci accorgiamo che i confini del nostro mondo non sono poi così vasti.
Nel nostro diario di un anno difficile mancano eventi che avremmo dovuto guardare con preoccupazione e intere aree dell’immaginario. Non abbiamo inserito, perché inconsapevoli o incapaci di riassumerli: guerre, colpi di stato militari, stragi, malattie diverse dal COVID, cronache dei comportamenti di dittatori che hanno approfittato del lockdown per annientare nel sangue le opposizioni… Dall’altra parte, muovendoci nell’immaginario che dovrebbe essere l’area di interesse centrale di QUASI, non abbiamo parlato di narrazioni che si sviluppano poco oltre il confine di quelle in cui normalmente viviamo, usando piattaforme che non abbiamo ancora capito.

Segnalaci tutte le omissioni imperdonabili che identifichi e, se ti accorgi che c’è un ambito in cui non sappiamo muoverci, parlacene: ti aspettiamo.

Ah… Buon anno.

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(Quasi)