Va tutto bene

Paolo Interdonato | La cassetta degli attrezzi |

Succede che, in questo periodo di clausura quasi monastica, le rare uscite di casa mi trascinino fino all’ingresso di una libreria. Vivo in provincia e tutti i piccoli librai che conoscevo e frequentavo, anno dopo anno, hanno chiuso. Uno dopo l’altro. Da oltre un decennio, per andare in libreria, devo passare il cartello blu che segnala il confine di Milano ed entrare in città.
Pure lì, molte delle librerie che ho amato non ci sono più. Per arrivare in una libreria da dove abito (provincia nord milanese a una decina di chilometri da Milano) devo toccare quattro comuni diversi, armato di un’autocertificazione che funge da lasciapassare. Mentre guido verso la libreria che ho scelto, gusto la sensazione di dire al tizio in divisa del posto di blocco che sto andando in libreria. Non mi succede mai: nessuno pare intenzionato a fermarmi. Quando mi avvicino, carabinieri e poliziotti girano la testa dall’altro lato, ignorandomi deliberatamente. Probabilmente pensano: «Cosa ha da fissare ‘sto idiota paranoico che tiene la mascherina anche in auto, da solo?»
Parcheggio davanti alla libreria, entro, saluto, mi cospargo le mani di gel disinfettante e inizio a muovermi tra i banchi. Mi guardo attorno circospetto, in cerca di qualche sciagurato che, senza prestare la dovuta attenzioni alle cautele che ci salveranno la vita, mi si avvicini troppo. Il mio sguardo livido, rapace e furtivo ne resta sistematicamente deluso. Le librerie in cui entro, quasi sempre di sabato pomeriggio, sono desolate. Capita spesso ch’io sia l’unico cliente nel locale in quel momento. Eppure in panetteria devo sempre fare la fila e ringhiare verso gli astanti. E anche nel supermercato.
C’è qualcosa che non torna.

Lo scorso 29 gennaio, al termine della Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri, l’AIE, Associazione Italiana Editori, ha presentato il dato a consuntivo dell’andamento del mercato editoriale. Il giorno prima, il comunicato stampa si apriva con una sentenza perentoria: «L’editoria di varia (romanzi e saggistica) cresce nel 2020 del 2,4%, trainata dal digitale. Italia modello in Europa per il sostegno al settore». Il mercato del libro sta benissimo. Possiamo tirare il fiato.

Però le librerie sono vuote. In modo preoccupante. Non ho accesso ai rapporti AIE, basati sui dati analizzati da Nielsen, ma posso dare un’occhiata alle presentazioni messe a disposizione di tutti nel portale dell’Associazione. Guardo i grafici e gli andamenti e rilevo alcune distonie che mi sembrano evidenti. Addirittura un po’ banali. Ne traggo la sensazione che l’euforia per la scampata apocalisse si fondi sull’indifferenza nei confronti della cattiva notizia. Del resto anche i topi ballavano seguendo il suono del pifferaio di Hamelin.

L’evento catastrofico lo conosci bene perché, come tutti, lo hai vissuto sulla tua pelle. Il 2020 è stato segnato dalla chiusura forzata delle librerie per quasi tre mesi, dal 12 marzo al 3 maggio. Gli editori, consapevoli della catastrofe, hanno bloccato, in quel periodo, le uscite di tutte le novità. Inoltre, per un po’ di tempo, si capiva così poco ed eravamo tutti così terrorizzati che pure gli acquisti di libri di carta in rete hanno subito una battuta d’arresto quasi totale. Pareva che l’unico mezzo capace di garantire l’incolumità degli acquirenti fosse lo scambio di file. L’incredibile crescita nell’uso dei servizi offerti dalle società specializzate nella distribuzione in streaming di film e serie TV ha toccato in parte anche i libri in formato elettronico.
Nonostante questo evento nefasto, rappresentato da rapporti di periodo che riportavano dati catastrofici, un po’ alla volta il mercato editoriale si è ripreso, segnando, alla fine dell’anno, una crescita complessiva del 2,4%. Siamo salvi, Va tutto bene. Però le librerie sono vuote.

Stiamo parlando di soldi. Quel 2,4% di incremento fa atterrare il valore totale del mercato del libro – composto da librerie fisiche, online, grande distribuzione organizzata, ebook e audiolibri – a 1.544 milioni di euro. Non male se si pensa che dall’inizio dell’anno fino al 3 maggio erano stati bruciati 134 milioni di euro di incassi rispetto all’anno precedente: una perdita netta del 20%. Da quel momento la lenta risalita, scandita dalla fanfara dei rapporti AIE. Però, se all’elenco degli elementi che compongono il mercato del libro di varia togliamo ebook e audiolibri, quella crescita si abbassa un po’ e, a pari perimetro, si assesta sullo 0,3%. Ma mica siamo schifiltosi, davanti a quel numero c’è comunque un bel “più” e bisogna gioirne perché rappresenta una crescita. Il mercato del libro nel 2019 valeva complessivamente 1.508 milioni ed è cresciuto, nel primo anno della pandemia, di 36 milioni di euro. Limitandoci al libro di carta, quello che teniamo sulle mensole, che nel 2020 vale 1.430 milioni di euro, la crescita è stata di 2 milioni di euro. Va tutto bene.

Scorrendo la presentazione AIE, c’è un altro numero interessante. I 1.430 milioni di euro che compongono il mercato del libro fisico sono distribuiti su 90,7 milioni di copie. Questo valore ci dice due cose: da un lato, il costo medio di un libro in Italia è di 15,77 euro; dall’altro, nel corso del 2010 sono stati venduti 7.000 libri meno che nell’anno precedente, con una perdita netta dello 0,8% delle copie.
Il “Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura”, che è entrato in vigore il 25 marzo 2020, ha .fissato il tetto massimo di sconto sui libri, venduti in tutti i canali, al 5%. Prima era il 15%. Questo sconto minore per gli acquirenti ha prodotto il numero positivo che troviamo nella presentazione nonostante la perdita di copie vendute.

Va bene, se ne vendono un po’ meno, mi dico aggirandomi per la libreria deserta, ma… quando vengono a comprarli che qui non c’è mai nessuno? Me lo spiega ancora AIE. Nel 2019, il 73% dei libri veniva comprato in negozi fisici, di quelli con una porta, un cassiere e l’uscita che suona se cerchi di rubare. Nel 2020 la percentuale di libri venduti nelle librerie, nei supermercati e nei festival scende al 57%.
Faccio due conti e capisco che le librerie fisiche hanno venduto 15 milioni di libri in meno, incassando 236,5 milioni di euro in meno.

Beh, dirai, bella forza, tra marzo e maggio era tutto chiuso. Per forza si sono messi tutti a comprare in rete. È vero, fino a quando le librerie non hanno riaperto, ci si è spostati tutti online e, alla fine di aprile, i libri comprati in rete erano il 48% del totale. Ma poi, mentre il mercato del libro tornava alla normalità e la perdita netta rispetto all’anno precedente si riduceva fino a tradursi in un guadagno, gli acquirenti hanno continuato a muoversi in rete, garantendo che quel segmento si assestasse al 43%.
Dico una banalità: quando parliamo di acquisti online, parliamo quasi esclusivamente di Amazon. E non sarebbe nemmeno un male se quell’azienda gigantesca offrisse condizioni di lavoro anche appena umane e pagasse le tasse.

Ho un po’ di fiatone… Tutti questi numeri noiosissimi mi hanno fatto montare un’inquietudine che non ti dico. Se li ho capiti bene e se è vera la voce che dice che le librerie maggiormente colpite dalla crisi sono le grandi catene (che di solito hanno relazioni importanti con degli editori di riferimento), non è mica così vero che va tutto bene.

Mi siedo e penso a quello che succede agli editori di fumetto. Che canali di vendita hanno? Sempre i soliti: le edicole, le librerie fisiche e online, le fumetterie e i festival. Nelle edicole ci vanno pochi editori con poche pubblicazioni, la loro distribuzione sul territorio nazionale è sempre più rarefatta e come funzionano non l’ha mai capito nessuno. Dell’andamento delle librerie fisiche e online ci ha detto tutto il rapporto AIE. Pare che le fumetterie, dopo aver attraversato un periodo di crisi, in questo periodo stiano bene (ma non ho alcun dato reale). I festival erano, per gran parte degli editori, una voce di bilancio importantissima: un sacco di vendite dirette, senza la mediazione del distributore, con un guadagno per ciascuna copia venduta molto più alto del solito. Girava voce che gli editori più piccoli facessero percentuali del fatturato annuo importantissime (in alcuni casi superiori al 50%) nei soli giorni di Lucca Comics.
In questo contesto, qualora non stessi prendendo un clamoroso abbaglio (perché non ho tutte le informazioni e le competenze per leggere bene la situazione), non va tutto bene. Per niente.
Il suono incalzante, in crescendo, che sentiamo in sottofondo, è la colonna sonora che suggerisce che la catastrofe spaventosa si sta avvicinando. E ha fame.

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