Playlist: Ritmolento/4

Quasi | If I Can't Dance, It's Not My Revolution |

Per tre settimane abbiamo fatto questa cosa del ritmolento (QUI, QUI e QUI). Ora, BPM dopo BPM, abbandoniamo la velocità di crociera, accelerando.

84

Eugenio Finardi qualche anno fa, un po’ in sordina, ha pubblicato un disco (bellissimo) dove interpreta accompagnato dall’orchestra Sentieri Selvaggi diretta da Carlo Boccadoro le canzoni di Vladimir Vysotsky in italiano (nella traduzione di Sergio Secondiano Sacchi). Il cantante al microfono è un live in studio e la voce di Finardi è sorprendente per limpidezza e precisione. Le liriche di Vysotsky probabilmente perdono un po’ della potenza originaria ma, a meno di non conoscere il russo, ci si può accontentare. L’orizzonte è il mio pezzo preferito del disco, quello che vuol spingere tutto più in là – ritmo compreso – oltre una linea immaginaria, metafora del regime. [FP]

96

Il raggae è quella musica a ritmolento che però sembra veloce. Un tempo doppio, d’oppio, d’oro. I tempi d’oro del Duo Bucolico probabilmente non è la vetta del genere, ma dà una bellissima sensazione di sereno cazzeggio. [FP]

98

Che storia quella dei Lynyrd Skynyrd. Il 20 ottobre 1977 l’aereo che li porta a suonare a Baton Rouge, in Louisiana, si schianta in una palude. Una tragedia che uccide parte della band e dello staff e menoma tutti gli altri. Una di quelle storie, ambientate nel sud degli USA che sentono di zolfo e patti col diavolo. [PI]

100

Nel 1986 esce Gone To Earth, lavoro quasi solista di David Sylvian. Nel 1987 un tipo che ci stava ospitando in massa nella sua sontuosa casa sul lago mi ha detto: ma come, proprio te, che ti piacciono le cose strane, non hai mai sentito Gone to Earth? E mi ha fatto ascoltare la titletrack. Io ammutolimento, strabìlio, esaltazione. Era musica, ma non era musica, ma era musica! Perché David Sylvian cantava sopra quei rumori, che poi ho scoperto essere in gran parte opera di (cuore) Robert Fripp, una melodia chiarissima, che riusciva a incastrarsi elevando, col mio cervello stranito ed euforico, dall’entropia alla luce. [AS]

100

Quando nel 1996 esce il secondo album dei Fugees, lo compriamo tutti. Tutti. Nel mondo se ne vendono 18 milioni di copie. Nel disco c’è una bella versione di Killing Me Softly. In quel periodo programmo ancora e in ufficio quel disco è sempre nel lettore. Riccardo, che fa versioni sceme in italiano di qualsiasi canzone (che se ce l’avesse avuta vent’anni dopo sarebbe stato un apprezzatissimo youtuber), traduce la canzone dei Fugees raccontando la nostra vita quotidiana: “Ho scritto dieci programmi / Non ce n’è uno che va / Tutta la vita a provare / Chili di Software / Sbagliati / Chili software / bacati / Chili di software / Da buttaaaar”. Due anni dopo, la cantante Lauryn Hill ci regala il suo esordio da solista. Un altro disco comprato da chiunque (forse gli stessi di prima, perché pare che anche questo abbia venduto 18 milioni di copie). Dentro c’è anche questa canzone. [PI]

111

Sto leggendo solo ora Le destin de Claire, libro molto bello che Dargaud ha dedicato a Bretécher a un anno della morte. È uscito nei giorni in cui QUASI dedicava la sua settimana a quell’autrice gigantesca. L’ho subito comprato e poi l’ho adagiato sulla mensola in attesa del momento giusto per leggerlo. Approfittando del ritmolento, lo prendo e inizio a sfogliarlo. Rimbalzo tra le interviste, mi perdo in foto di Claire che non ho mai visto. La chiamo per nome perché è stata così tanto e così spesso nella mia vita che la sento vicinissima (benché lei abbia fatto di tutto, con i suoi fumetti, per farmi sapere quanto mi disprezzasse). A un certo punto atterro su una coppia di pagine dedicata ai suoi ascolti musicali. Mi colpisce la presenza di Angels With Dirty Faces, quarto album registrato in studio da Tricky. È un disco che ho molto amato e ascoltato. Sicuramente più di quel Maxinquaye d’esordio lodato da tutti. In particolare non riuscivo a smettere di canticchiare questo pezzo graziato dalla voce di PJ Harvey. «Those men will break your bones, / Don’t know how to build stable homes. / Those men will break your bones, / Don’t know how to build stable homes.» [PI]

116

È l’ultima settimana del ritmolento e c’é da tirare su i BPM. Bisogna tornare a un ritmo contemporaneo. Credevo che questo capolavoro di Léo Ferré fosse la base perfetta per la risalita. E invece un’applicazione mi ha svelato che il ritmolento a volte è più veloce di quel che sembra. [FP]

122

The Avener è un DJ francese la cui musica ho conosciuto per caso, entrando in un negozio di dischi della mia città (il penultimo, chiuso ormai da due o tre anni). C’era su un pezzo d’atmosfera che appena ha fatto partire la cassa mi ha conquistato. Questo. [FP]

127

Non avevo la più pallida idea di cosa significasse BPM… Cioè, per me BPM è la mia Banca. Ma dài, una playlist sulla mia banca???!!! Poi ho spulciato indietro nelle mail e ho visto “battiti per minuto”. L’avevate spiegato. Fesso io. Però glisso sui bpm. Nel senso: si è detto ritmolento e io a quello mi adatto. Poi è pure mattina presto. Questa è adatta, (Yawn, yaaawn, stiracc stiracc…..) [FB]

139

Ultravox. C’è da dire che per un anno forse ho ascoltato, con poche eccezioni, solo i primi 3 album di Ultravox. Quell’approccio punk alla new wave, o viceversa, mi entusiasmava. Ma c’è un pezzo così fuori dal tempo alla fine del secondo disco, Ha!-Ha!-Ha! – se non fosse per la datazione al carbonio14 del sax, che odio ovunque ma non qui – che mi faceva struggente come se avessi perduto qualcosa che non avevo mai avuto: sul vinile, i solchi di Hiroshima non amour sono completamente annientati da un ascolto infinito. [AS]

145

Lo ammetto, c’è stato un periodo un cui mi piaceva la musica di Jovanotti. All’incirca dal disco Buon sangue del 2005 a quello del 2011, Ora. Proprio lì c’è un pezzo che fa perfettamente al caso nostro. Si chiama Spingo il tempo al massimo. [FP]

149

Nel 1984 sono al liceo, ho sedici anni e ascolto quasi esclusivamente cantautori. Più sono noiosi e tristi più mi sento in pace con me stesso. Poi, un compagno di classe, probabilmente infastidito dai miei ascolti nefasti, mi registra qualche disco. È appena uscito Born in the USA di Bruce e dentro c’è anche questa. [PI]

161

Cheap Trills, con quella copertina di Robert Crumb, è un disco che per una sacco di tempo ho più guardato che ascoltato. Poi, a un certo punto, e neanche troppo tempo fa, il lettore mi si è incagliato sulla quarta traccia. Un bluesaccio virato al rock. Mi è difficile rimanere attento mentre ascolto musica. Di solito mi metto a fare altro. Parto pieno di buone intenzioni e poi il cranio inizia a rumoreggiare e dopo un po’ ho un fumetto in mano. Quella volta no. Janis Joplin, con la sua voce roca, strillata, intenta a duettare e duellare con la chitarra, mi ha preso per le spalle e mi ha sbattuto sul muro. Stordito, come dopo un orgasmo, sono rimasto ammutolito. Adesso, ogni volta che l’ascolto, mi strappa un altro brandello di cuore. [PI]

172

Dice: minchia! Quanto siete vecchi. La cosa più giovane che mettete su, se va bene, è stata scritta alla fine del secolo scorso. Allora, per dimostrare a questi giovani che noi le cose del loro tempo le sappiamo, magari non ci piacciono, ma le sappiamo e sono loro che non sanno da dove arrivano le cose del loro tempo, mettiamo su questo. [BB]

1015

C’è un numero di BPM oltre il quale non ha senso registrare canzoni? Non lo so. Moby ha provato a trovarlo. Ha inciso questa roba che pare utile solo per il guinness dei primati… Non è poi così importante che l’ascolti. Wikipedia dice che ci sono parti in cui tocca i 1.015 bpm. Infatti si chiama Thousand. Mah. [PI]

Be’, Paolo, non ascoltare tutto il pezzo di Moby sarebbe un grave peccato. È una bomba!!! Non lo conoscevo. Grazie. [FP]

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)