«Sempre sia lodato!»

Francesco Barilli | Il tradrittore |

1985 o 1986. Legamenti ginocchio e caviglia fuori uso. Ospedale di Cremona. Non ricordo quanti siamo nello stanzone, mi sembra 6. Tutti sono messi peggio di me, nessuno in pericolo di vita. Un po’ di ossa sfasciate, tutte nella parte bassa. Tibie, peroni, roba così. «Sia lodato Gesù Cristo», dice.
Io (la sfiga ci vede benissimo evidentemente non è solo un modo di dire) sono quello col letto vicino alla porta. Quindi la suora vede me per primo. Sfiga anche per lei, mi sa. Alla frase fa seguire uno sguardo allo stesso tempo assertivo e interrogativo.
La scena seguente nella realtà si condensa in una manciata di secondi. Amplio la narrazione NON per drammatizzarla, ma perché devo spiegarti il contesto. Non quello della sala, che ti ho già detto, ma il mio personale. Sennò non comprendi la catena degli eventi.

Io non sono mai stato un mangiapreti. Sono privo di fede, ma verso le confessioni religiose porto lo stesso rispetto che porto verso tutto quello che non conosco (che è tanta roba). Non voglio atteggiarmi: davvero NON sono un mangiapreti. Certe persone credenti mi affascinano, persino, ne ho conosciuto diverse di grande spessore. Una l’ho sposata, figurati…
Resta però un fatto: le pratiche religiose mi sono ignote. Adesso ne so un po’ di più (mi aiutano qualche matrimonio, battesimi, funerali), ma all’epoca niente di niente. Questo mi costerà un altro paio di gaffes, negli anni. Se ci sarà occasione te le racconterò. Ora torniamo al 1985. O 1986.

L’inciso qua sopra è per dire che quella mattina non sono minimamente interessato a una disquisizione teologica, ma neppure ad aprire una polemica o chissà cosa. Semplicemente, la frase della suora («Sia lodato Gesù Cristo») mi suona come semplice e vaga affermazione di principio. Tipo «Va’, mi sa che stasera piove!», «Eh, oggi ci siamo, domani chissà!», «Vedremo come va il derby!», cose così. Dunque all’affermazione non so cosa rispondere. Meglio: MI SFUGGE che io DEBBA rispondere… Primo errore.
La suora mi fissa, un tantinino… Non dico “minacciosa”, quello no, ma si fa inquietante. E ripete, scandendo:
«SIA
LODATO
GESU’
CRISTO……»
I 6 puntini di sospensione li ho messi, ma in quel momento li sento. Sono un invito che, anche volendo, non so proprio come cogliere. Ma, ora mi è chiaro, DEVO dire qualcosa. E la cosa migliore mi sembra (ecco il momento del Tradrittore!)…

… Ha detto (ho detto):

«Ehhh, già, già!» (con sospirone)

Niente di offensivo, nelle intenzioni. Intendo dire (ecco il secondo momento del Tradrittore!)…

… Volevo dire:

«Beh, sì, se vuoi lodarlo sentiti libera, eh… Mica mi dà fastidio, son tollerante, io… Peraltro, insomma, ho ginocchio e caviglia scassati, se penso a Gesù, non so come dirtelo, non è che lo penso per lodarlo. Istintivamente lo accosto ad altro… Ma tu lodalo, tranqui, nessun problema!»

La suora rivolge gli occhi al cielo e se ne esce con il rituale:
«Sempre sia lodato!»
(adesso so che è rituale, allora non lo sapevo, giuro, non lo ricordavo).

Ora, devi sapere un’altra cosa di me. Sono campione del mondo imbattuto ed ineguagliabile in gaffes. È un’arte, la gaffe. Per esserne campione del mondo mica basta fare una figura di merda, noooo! Devi saper aggiungere qualcosa, un lampo, come nella definizione del Genio che dà il Perozzi («Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione»).
Eccomi dunque a rispondere:

«CAZZO, sì, QUELLO INTENDEVO!»

Lo sguardo della suora riesce a sostanziare il concetto stesso di “figura di merda”. La mia, dico. Esala un sospiro ed esce dalla stanza.

Bacino fuori squadra sibila un bestemmione che non avevo mai sentito. Nella circostanza mi suona stonato e pure irrispettoso.
«Tu sei UN COGLIONE!», aggiunge rivolto a me. Senza inflessione, disapprovazione, odio o altro. Quella è una constatazione, ci sta. E comunque non può alzarsi…

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(Quasi)