Creatura di fumo e tenebra

Arabella Strange | Rorschach |

C’è un fantasma fatto di fumo. Esiste. Come può esistere un fantasma, intendo. L’ho cercato e l’ho trovato, con il confortante aiuto della rete, nella tetralogia demonologica di Toriyama Sekien, pubblicata intorno al 1781.
L’opera è composta di rotoli illustrati raccolti nei libri Gazu hyakki yagyō (La parata notturna illustrata dei cento demoni), Konjaku Gazu Zoku Hyakki (Cento demoni del presente e del passato illustrati), Konjaku Hyakki Shūi (Supplemento alla parata notturna illustrata dei cento demoni) e Gazu Hyakki Tsurezure Bukuro (Un’orda di case infestate).
Sekien, studioso, artista e stampatore aveva concepito la sua “parata” come parodia di un’altra opera, il Wakan Sansai Zue, la popolarissima Enciclopedia illustrata sino-giapponese in 105 volumi compilata da un dottore di Osaka, pubblicata un paio di anni prima. L’intento di Sekien era parodistico ma, com’era prevedibile, i suoi bestiari soprannaturali illustrati divennero subito testi di riferimento per gli appassionati di fantasmi, spiriti, apparizioni e mostri, anche se alcuni se li era proprio inventati lui, e l’aveva anche detto. Gli piaceva disegnarli. Le sue immagini, stampate con una tecnica di lavorazione della matrice di legno di sua invenzione, hanno esercitato una profonda influenza sull’immaginario successivo degli yōkai in Giappone. E sulla mia, adesso che ho trovato il mio spettro di fumo: lEnenra, fumo di tessuto leggero, fatto di fumo e tenebra. Abita i falò e, quando ne emerge, lo fa in forma umana. Si dice che solo chi è puro di cuore può vederlo. Oppure chi gioca a Mortal Kombat, visto che il personaggio Smoke è un Enenra.

Ho cercato un fantasma di fumo perché è un po’ così che mi sento, in questo periodo. Fatico a manifestarmi in forma umana, mi rintano nei falò, non è una bella situazione.
La metafora della casa in fiamme da cui a volte si può scappare solo saltando da una finestra non è mia, credo sia di David Foster Wallace. Il fuoco morde e distrugge, ma a volte il fuoco interiore, per quanto incandescente, sembra meno spaventoso del buio là fuori. E allora perché non mescolarli in una creatura di fuoco e tenebra? Sarebbe bellissimo, farei paura a tutti, ma non ai puri di cuore che mi vedrebbero in forma umana – ho ancora una forma umana? – a cui farei ciao. Magari elargirei doni, o buona fortuna. Dev’essere fichissimo essere un mostro, dichiaratamente. Nessuno ti rompe le scatole per come ti comporti, al massimo cercano di bandirti, o scacciarti con un esorcismo. Io invece sono costretta a comporre, come con i Lego, dei pattern accettabili, delle sequenze di azioni, e faccio una faticaccia. Le medicine non funzionano. Sono tra una prescrizione e l’altra. L’ultimo tentativo è terminato quando i giochi sembravano fatti, era il quattordicesimo giorno; di solito le prime due settimane sono quelle che servono alla molecola per agire e agli effetti collaterali per scatenarsi in una sarabanda di nausee, mal di testa, mal di pancia, capogiri che dopo un po’ dovrebbero sparire, o almeno attenuarsi fino a diventare tollerabili. Invece io mi sono sentita un po’ presa in giro: ma come, la tachicardia di colpo, il quattordicesimo giorno? Quando pensavo di avercela fatta? Ho srotolato il foglio illustrativo, quello che come le carte geografiche di una volta è impossibile poi ripiegare e rimettere nella scatola: la tachicardia colpisce una persona su 100. Ed eccomi lì, a 120 bpm, come una delle sale più truzze del Number One negli anni Novanta. Fermi tutti, sospendere, sono rimasta una settimana col cuore pumpumpumpumpum. Rabbia e frustrazione.

I Giapponesi avevano l’epoca Edo – quella in cui Sekien ha inciso le sue bellissime tavole –, l’epoca Meiji… io ho l’epoca Zoloft, l’epoca Deniban, l’Epoca Wellbutrin – finita malissimo – ed ecco che si fa retromarcia, e si torna all’epoca Deniban. Ma vacca. Poi dicono che uno si automedica.

Perché sì, io odio il fumo. Non ho mai fumato. Finché non ho fumato. Fa ridere perché non sono capace, ma il cbd e la maria li fumo. Goffamente. E mi fanno stare meglio. Appiattiscono la pelliccia ritta sulla schiena. Risollevano gli arti molli, abbandonati come abiti vecchi. La maria di più, ma anche il cbd fa il suo sporco lavoro. 
Ho cominciato tardissimo. A fare quasi tutto, tranne che leggere. Sesso, musica, fumo: ci sono arrivata che avevo vent’anni, e rispetto ai miei coetanei ero una imbranata. Poi, per certi aspetti, ho recuperato terreno. Il fumo, in particolare, che detestavo con tutte le mie forze venendo dagli anni Sessanta in cui noi piccoli boomer avevamo genitori che fumavano dappertutto, nelle nostre camerette, in macchina andando al mare, con i finestrini rigorosamenti sigillati, per non compromettere l’aerodinamicità del veicolo (alcune vecchie Renault, una Peugeot) che facevi tutto il viaggio con il mal d’auto e all’arrivo guardavi il mare e mentre volevi sorridere, vomitavi. L’odore del fumo stagnava sulle tende, sugli abiti, sui capelli, che schifo. E anche da grandi si andava a rinchiudersi fino alle ore piccole, o anche medie, in locali  fumosissimi, e si usciva rintronati. Insomma, ero insofferente, e l’habitat non era ideale.
Poi ho cominciato a uscire coi fattoni, e ho scoperto l’erba. E quello che mi faceva l’erba: mi faceva pensare tantissimo, ma con un andamento morbido, zampillante, luccicoso. Mi rendeva socievole, rilassata, stupida, e per me, che non bevo, era un colpo di scena: gli Stati Alterati di Coscienza! Che oi i miei stati di coscienza sono alterati da quando avevo dodici anni, ma questa alterazione era materna, accogliente, umanista. Amniotica.
La medicina non ha le idee chiare. Si comincia finalmente anche in Italia a parlare di marijuana terapeutica – perché non sia mai che una cosa sia anche divertente, dev’essere terapeutica, no fun. Ma secondo alcuni studi la sindrome bipolare potrebbe non trarne beneficio, aumenterebbero le ideazioni psicotiche, l’insonnia. Io vorrei partecipare a uno di quei panel e dire: intervistateci. Non siamo mica tutti uguali. La pillolina che mi ha lanciato il cuore in orbita va benissimo per alcune persone, a me mi ammazza. Ho preso ad alto dosaggio farmaci che a certe persone provocano il vomito a getto: io, imperturbabile, li ho presi per anni.
Certe persone sono spettri, e io sono una di loro. A volte non esisto, o almeno non mi sembra. Altre volte mi manifesto e oh! Uh! She’s alive!
Ho l’impressione, confermata nel modo in cui le case farmaceutiche stanno mettendo le mani sul cosiddetto Rinascimento psichedelico, che sia soprattutto importante che non ci sia niente di ricreativo in una terapia. Deve essere uno schifo, ma sopportabile. A differenza dello schifo senza terapia, che è insopportabile. Non credevo che la sopportazione avesse un valore così ideologico.

Immagino Toriyama Sekien che incide le matrici di Shinkirō, una vongola talmente gigantesca (un mononoke!) da poter risalire in superficie e soffiare miraggi di città lontane, o di Ninmenju, un albero che cresce su remote montagne e i cui fiori hanno una faccia umana che sorride sempre, anche quando i fiori cadono dai rami, o l’ Hōkō, uno spirito che vive in un albero vecchio un migliaio di anni, che ha la forma di un cane nero senza coda con un viso umano. E uno stretto parente dell’Enenra, l’Hangonkō, un incenso – fumo – che può evocare gli spiriti dei morti. E poi aggiunge un altro libro per puro diletto, inventandosi mostri che poi qualcuno, con la dinamica che in seguito avrebbe prodotto lo Slender Man e il Mothman, comincia ad avvistare.

Dei, un fantasma di fumo e tenebra è balzato fuori dal falò! Però era gentile. Non ha spaventato i bambini. Non ha preso a schiaffi nessuno, né ha predetto sciagure. Si è limitato a prendere un po’ di fresco fuori dalle fiamme, rammendando l’inconsistente materiale di cui è composto, e ci ha raccontato delle cose. Come si sta dentro un falò, per esempio. Come si riesce a restare interi, coerenti, anche se si è fatti di una sostanza impalpabile. Era molto socievole, e abbiamo tutti riso un sacco. Persino le stelle sembravano diverse, forse per quel po’ di ombra che il fantasma aveva rubato per darsi un corpo, e le cose minuscole sembravano interessanti, le idee brillavano improvvisamente come sassolini in una fiaba di orfani e streghe.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)