Playlist: Fumo / Arrosto

Quasi | If I Can't Dance, It's Not My Revolution |

#1

Se l’inganno percettivo dell’innamoramento è in grado di generare metafore superiori alla temperatura corporea, in quelle figure retoriche ci si può tranquillamente arrostire. Metaforicamente. [AA]

#2

Gli è che a seguire il fumo e il suo profumo, a volte, si possono avere ottime sorprese. Un po’ come succede con la pentola d’oro all’estremità dell’arcobaleno. Che poi l’arcobaleno, se si è su un’isola, si vede meglio. Ne sono certo. E anche l’arrosto è più buono. [PI]

#3

Non riesco a pensare all’arrosto cantato da Duilio Del Prete senza correre con il pensiero anche a uno chef d’eccezione, uno di quelli che esistevano prima dei master chef, Hannibal Lecter. Nel Silenzio degli innocenti, a un certo punto, di fronte a un mangianastri, fermo come un Cristo con le braccia larghe, ci introduce alla musica che lo fa godere. Ascolta l’Aria delle Variazioni Goldberg. Il sangue che traccia le decorazioni di guerra sulla sua maglietta bianca e sul suo viso, ci fa intuire che ha dovuto rinunciare alla cottura. Ma sappiamo benissimo che ha una passione per la carne cotta. [PI]

#4

Non è chiaro perché, in italiano, gli agnelli siano diventati innocenti. C’è una leggenda che dice che la produzione fosse un po’ intimidita da un eventuale fraintendimento. Chi avrebbe voluto, nel 1991, giocarsi un’ambiguità con la famiglia più potente d’Italia? The Silence of the Lambs, il romanzo di Thomas Harris, esce appena due anni dopo il secondo disco degli Smiths. Non lo so se il dialogo tra Clarice Sterling e il dottor Hannibal Lecter che dà il titolo al libro venga da lì. Ma non è impossibile. [PI]

#5

Ricordavo, e non sbagliavo, che nel video di Black Hole Sun dei Soundgarden c’è barbecue. Solo che non ricordavo cosa ci finiva, arrosto, e sono andato a rivedermelo. Era una Barbie (Barbie Q? simpaticoni…). Ad ogni modo, l’arrostino di bambola è il meno – siamo al ’93 e Chris Cornell e soci sono a cavallo della corrente grunge ormai da un po’ quando iniziano a mettere insieme i materiali per il loro quarto album, Superunknown, di cui questo pezzo sarà il primo singolo. L’arrosto metaforico, il falò del sole-buconero che viene invocato in continuazione, è quello di tutto un mondo di plastica, steroidi, bocche fameliche, sguardi pazzi, colori supersaturi, umani snaturati e spaventosi, falsi colori, luci stroboscopiche. I toni beatlesiani sulla strofa non fanno che accrescere il senso di straniamento. Quando la ascoltammo le prime volte ci fece grossa impressione anche grazie al video-BBQ. [LC]

#6

Niente di eccezionale però un pezzo soul jazz da mettere quando fate la griglia al posto delle playlist del c***o che vi suggerisce il servizio di streaming a cui siete abbonati (o che magari vi siete scelti da soli). Il problema è che questo è solo un pezzo, ma che, devo fare tutto io? Oltretutto sono specializzato in roba depressiva che non si adatta bene né al ballo né al sottofondo da festa da giardino. Sia come sia, qui c’è un pezzo che gira benissimo, sa di anni ’60, di copertine con font Cooper Black e colori lisergici. La imparate facile, come canzone: dice soltanto «Hot Barbeque» per un po’ di minuti. A quell’hot potete decidere di dare l’accezione che volete, ovviamente. [LC]

#7

Un pezzaccio psychobilly perfetto per gli idioti della fettina: «Eat a cow, eat a cow ‘cause it’s good for you / Eat a cow, eat a cow it’s the thing that goes ‘Mooooo’». Mollare la carne o ridurla drasticamente vi suona hippy e poco virile? Paura di diventare come dei Morrissey a fine corsa (i.e. vegani ma anche deragliati mentali e sostenitori dell’EDL e di For Britain o dei loro equivalenti)? Cinismo da predatori apicali? Come dice Kevin Bridges, grazie al c***o che c’è una relazione tra povertà e obesità: prova a proporre di comprare avocado a chi deve contare i soldi per sbarcare il lunario. Un cheesburger cancerogeno a una sterlina e novantanove continuerà a vincere sempre. Boh, non volevo prendere questa piega ma è uscito fuori ‘sto paragrafo e quindi… cercate di curare la dieta, mi raccomando, e un occhio anche al resto, se potete! [LC]

#8

Il termine sarcofagia indica l’abitudine di alcune specie animali di mangiare carni di cadaveri. Se serve sottolinearlo, abitudine in larga parte anche umana. Giusto Battiato, con la complicità di Manlio Sgalambro, poteva infilare questa parola in una canzone, vegetariano da tutta la vita, uomo curioso e colto. «Non é mostruoso desiderare di cibarsi di un essere che ancora emette suoni?» [FP]

#9

Battiato mancherà, certo. A me moltissimo. Mancherà la sua voce, la sua visione sul mondo. Ma forse per lui, è stata infine una liberazione. [FP]

#10

Ribaltando l’espressione classica viene fuori «tutto arrosto e niente fumo». Fa un po’ ridere, ma mette le cose in chiaro. [FP]

#11

E potrei riempire l’intera playlist solo con pezzi suoi, per salutarlo e ringraziarlo. Ma anche quattro canzoni possono bastare. Vedendo come la reinterpretava negli ultimi concerti, credo che a questa fosse particolarmente legato. [FP]

#12

Anzi, ne metto ancora un’altra. A questa sono particolarmente legato io. E l’unica volta che il fumo ha fatto effetto su di me, non volevo più smettere di ascoltarla. [FP]

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(Quasi)