Mappaterra del Mago

Francesco Pelosi | Mappaterra del Mago |

Alcune cose da sapere sulla Mappaterra del Mago

  1. Per fare una Mappaterra è necessario e auspicabile procedere a tentoni, meglio se partendo da un luogo buio.
  2. La Mappaterra deve essere intrapresa principalmente con passione e leggerezza, per poi avviarsi piano piano verso l’ossessività. Può comunque funzionare anche il percorso inverso.
  3. Una volta avventuratisi in una Mappaterra non si può più tornare indietro. Nemmeno piangendo disperatamente o chiedendo per favore.
  4. La Mappaterra non ha un obbiettivo preciso. Vagando si trova quel che c’è, non quel che si cerca. Nel caso le due cose coincidano, fortuna a te.
  5. La seguente Mappaterra vaga nei territori scoperti dallo scrittore e mago inglese Alan Moore e da alcuni dei suoi collaboratori più noti, procedendo, nell’illusione del tempo lineare, da From Hell in avanti. Non verranno esplorate perciò, se non incidentalmente, le opere precedenti.
  6. L’affermazione al punto 5 è potenzialmente falsa, perché la Mappaterra tratterà soprattutto di Magia e Tempo, realtà piuttosto instabili e di certo non circoscrivibili.
  7. Per quanto detto al punto 6, la serie di scritti che andranno a formare questa Mappaterra, oltre a non avere una fine e un inizio determinati, né un numero preciso, saranno come porte per saltare da uno all’altro, senza soluzione di continuità.
  8. Infine, per la natura stessa di una Mappaterra, nessuna delle cose fin qui elencare potrebbe rivelarsi vera.
  9. Prima di cominciare, è bene porgere il proprio omaggio a Ganesha.

Primo passo: Sotto le ceneri del matriarcato

Tra il 1995 e il 1996 Alan Moore porta a termine due dei suoi lavori più ambiziosi sino a quel momento: From Hell e La voce del fuoco.

Il primo è un fumetto su Jack lo Squartatore, realizzato insieme a Eddie Campbell, che lo tiene impegnato dal 1988, anno in cui ricorre il centenario dei delitti di Whitechapel. L’opera è eccessiva sotto tutti i punti di vista, per lunghezza, complessità, architettura e bellezza e, pur non avendo avuto nemmeno un briciolo del successo commerciale di Watchmen o V for Vendetta, è probabilmente il capolavoro dell’Alan Moore analitico, quello che lavora soprattutto con la prima metà del processo alchemico solve et coagula. Per questo From Hell è anche la sua opera più anatomica, dove lo sviluppo creativo è visibile, sezionato e squadernato all’interno della stessa.
Le parti in prosa alla fine di ogni volume, tecnica narrativa che Moore adotta in moltissimi lavori da Watchmen in poi, sono qui dedicate a un corposo apparato di note, dove il lettore viene messo al corrente di tutto ciò che deve sapere a proposito di quel che ha appena letto e di come l’autore si sia approcciato al materiale raccolto per costruire l’opera, proprio come in un saggio.

La voce del fuoco è invece un romanzo, lungo poco meno di 300 pagine, dove Moore, attraverso le suggestioni psicogeografiche sollevate dell’amico Iain Sinclair (scrittore molto conosciuto in patria ma per nulla da noi), traccia una storia magica della sua città natale, Northampton, posta al centro esatto dell’Inghilterra e, per quel che ne dice l’autore, luogo imprescindibile per la storia occidentale.
La voce del fuoco attraversa le epoche, dal 4000 a. C. fino al 1995 d. C., sviluppando ogni capitolo tramite il dialogo interiore del protagonista o della protagonista della vicenda. Si comincia con un ragazzino ritardato di sei millenni fa, che si esprime con un lessico molto ristretto («Nel primo capitolo ho dato il meglio di me per scrivere in un’approssimazione di quelli che pensavo potessero essere gli schemi di pensiero del Neolitico. L’ho fatto in un inglese assolutamente povero. Penso che ci sia un vocabolario di circa 400 parole nella prima storia, che occupa 60 pagine, e se pensi che il vocabolario medio di un lettore medio del “Sun” si attesta sui 10.000 vocaboli… Era un esperimento») e si finisce con lo stesso Moore che racconta della sua città e del libro che sta scrivendo, quello che il lettore ha fra le mani in quel momento («Ho il vincolo di scrivere un racconto in prima persona ambientato nel presente e mi sembra che l’unica possibilità sia quella di prendere personalmente parte al romanzo (…): se inventassi tutto non funzionerebbe. È narrativa questa, non una bugia»). Nel mezzo vengono presentati, avanzando cronologicamente nei secoli,  streghe, maghi e situazioni storiche più o meno famose, con le quali lo scrittore delinea la mappa della sua psicogeografia magica. Nell’ultimo capitolo scrive una frase che è insieme dichiarazione d’intenti e affermazione ideologica:

«Se è vero che la Storia viene continuamente riveduta e corretta, allora è molto pericoloso pensare che contenga in sé una verità innata e quindi dobbiamo considerarla solo un altro genere di fiction. Ma, in questa fiction, noi dobbiamo vivere. In mancanza di territori che non siano soggettivi, non ci rimane che vivere sulla loro mappa».

In From Hell, Moore e Campbell, partendo dalla tesi del giornalista Stephen Knight, per cui lo Squartatore era il medico personale della Regina Vittoria, Sir William Gull, innalzano il loro impianto storico-immaginifico, contribuendo a quanto detto fino a lì sull’argomento, e per farlo adottano la strada della ricerca storica accurata e, ovviamente, della psicogeografia.
Come scrive John Higgs nel suo KLF: Chaos, Magic and the Band who Burned a Million Pounds (in Italia col titolo Complotto!), in un capitolo dove viene ben riassunta la visione magica di Moore, «la psicogeografia [è] una tecnica basata sulle derive dei situazionisti per cui la storia e le associazioni spaziali hanno un effetto su chi si muove al loro interno». Insomma, una mappa su cui «non ci rimane che vivere».
Per questo, l’azione di William Gull / Jack Lo Squartatore viene presentata come un rituale, un’azione che il vecchio massone intraprende perché «a volte la magia è un atto sociale necessario: il trionfo dell’uomo sulla donna è precario, la polvere della storia non si è ancora posata. Col cambiare dei tempi si è cancellato il modello che poneva freno alla parte irrazionale, femminile, della società». Il complotto real-massonico supposto da Knight, viene ammantato di magia da Moore, e Gull diventa l’esecutore di un rito di sangue per fermare l’ascesa del potere femminile e consegnare così il XX secolo nuovamente al patriarcato.
Il frammento di dialogo qui sopra è tratto dal lungo discorso che Gull fa al cocchiere Netley nel quarto capitolo, Cosa ti chiede il Signore?, che riempie quasi completamente le quaranta pagine dell’episodio, e incarna le fondamenta stesse dell’opera, divenendone il nucleo concettuale. Gull e Netley fanno un lungo giro intorno a Whitechapel, il quartiere dove agì Jack, mentre il medico racconta al vetturino la storia massonica del mondo, svelandogli il significato dei molti simboli pagani nelle cattedrali cristiane che circondano il quartiere.

Nel 1975 Iain Sinclair pubblicò il poemetto, Lud Heat (inedito in Italia), dove per primo portava alla luce il pentacolo tracciato nelle strade di Londra dall’architetto Nicholas Hawksmoore, ispirato seguace degli Architetti di Dioniso dell’antica Creta (antenati mitologici della massoneria), e ideatore delle chiese londinesi dalle forme falliche, adornate di simboli. Su queste teorie Moore ha fondato la sua architettura magica, facendo di Gull un mago sanguinario e di Whitechapel la mappa psicogeografica del suo rituale anti matriarcato.

Dice ancora Gull a Netley: «Vedete, il modello di controllo dell’uomo si sta indebolendo in mezzo al tumulto di questi tempi. Il potere folle e femminile della Luna deve rimanere arginato dal cerchio di Soli maschili, le sette stelle della Razionalità».
Queste sette stelle, incise in un simbolo degli Architetti di Dioniso, sono l’Aritmetica, la Musica, l’Astronomia, la Retorica, la Grammatica, la Logica e la Geometria, i pilastri di quello che sarebbe poi diventato il pensiero massonico e gli spietati carcerieri del femminile “irrazionale”. Parte di ciò che Moore chiama «il corpo sembrato della magia».
Rinforzare il pentacolo che ingabbia Whitechapel, offrendo a ogni punto della stella un tributo di sangue femminile – le cinque prostitute uccise da Jack –, è allora l’obbiettivo del rito solare psicogeografico di Gull. Come nel secondo capitolo di La voce del fuoco, dove uno sciamano del 2500 a. C. si è fatto tatuare sul corpo la mappa del suo villaggio così da diventare egli stesso il villaggio, nel medesimo modo Gull imprime il suo apollineo e macabro ideale su Londra, «in un’associazione magica in cui l’oggetto è vincolato per sempre dalle linee che lo rappresentano». Linee di sangue. Atti di violenza del maschile sul femminile.

«Ci circonda il pentacolo degli dèi del Sole, con gli obelischi e il fuoco razionale maschile, dove l’inconscio, la Luna e la Femminilità, sono in catene. Le sue linee di potere e senso devono essere rafforzate, nel metodo antico… Quale migliore sacrificio delle “Heiros Gamos”? Delle sacerdotesse di Diana?».

[continua]

Arnesi del cartografo

Gli stralci citati provengono da From Hell (Magic Press, 2005) e da La voce del fuoco (Edizioni BD, 2006). Il primo, fortunatamente, si trova un po’ ovunque, anche in una nuova edizione colorata da Eddie Campbell stesso (io, se è la prima volta, consiglierei comunque di leggerlo in bianco e nero),  mentre il secondo è appena stato ristampato in una nuova edizione da 451.

Il pezzo di John Higgs sulla psicogeografia è tratto dal suo Complotto! (NERO, 2018).

Le considerazioni di Moore a proposito del primo capitolo del suo romanzo, vengono da un’intervista, molto lunga e bella, che si può trovare completa sull’indispensabile blog di smokyman.

Ho scritto a proposito del solve et coagula nell’opera di Moore e del discorso del «corpo smembrato della magia» in un approfondimento che ho dedicato a Promethea, leggibile qui.

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