Playlist: Maschio e Femmina l* creò / Tu sei un* altr* me

Quasi | If I Can't Dance, It's Not My Revolution |

#1

«La sua mente è quella di una scienziata oltre che di un’artista», ha detto una volta Antony Hegarty/Anohni di Bjork. Le due artiste hanno collaborato in diverse occasioni e in Atom Dance raggiungono una dimensione trascendente di voci e anime e, dal mio particolare punto di vista, di cervelli: «Siamo gli emisferi l’uno dell’altro / sto sintonizzando la mia anima / alla lunghezza d’onda universale / nessuno è un amante da solo / propongo una danza dell’atomo». [TM]

#2

Un’altra unione/fusione di Anohni, (come sottolineato anche dall’immagine sulla copertina dell’album), è quella con Franco Battiato all’Arena di Verona, il 2 settembre 2013. Si chiamava ancora Antony al tempo, e il pezzo è uno dei più belli del suo repertorio con i The Johnson. «You are my sister, and I love you. May all of your dreams come true». [FP]

#3

– Io mi chiamo G.
– Io mi chiamo G.
– No, non hai capito, sono io che mi chiamo G.
– No, sei tu che non hai capito, mi chiamo G anch’io.
– Ah. Il mio papà è molto importante.
– Il mio papà… no. [FB]

#4

2D, Murdoc Niccals, Noodle e Russel Hobbs calcano la scena dal 1998. Guardandoli, Damon Albarn e Jamie Hewlett dicono senza timore: «Tu sei un altro me». E pure io mi ci identifico spesso. [PI]

#5

Dove sarebbe Eastwood se non ci fosse Lee Van Cleef da fronteggiare. Tutti vorrebbero essere come Clint Eastwood (fare quel fischio che sente di Leone e Morricone e canticchiare la canzone dei Gorillaz). Poi c’è una ridotta combriccola che vorrebbe invece essere come Lee Van Cleef. Les Claypole, sicuramente; poi io; e infine anche Massimo Giacon. Nel 2014 era appena uscito Primus & the Chocolate Factory with the Fungi Ensemble. Massimo e io, tornando da Lucca Comics in auto ascoltavamo a ripetizione il disco precedente. Mica troppo bello. Però dopo un po’, questa canzone ci è entrata dentro e, già dopo Fidenza, la canticchiavamo inebetiti. [PI]

#6

Qui è altro tutto, c’è un me, c’è l’uomo che ha venduto il mondo, quello che ha scritto il pezzo rendendosi immortale e sovrumano e quello che lo rifà non senza grazia e interpretazione dello Zeitgeist. C’è stato anche un altro che l’ha rifatto a modino il pezzo, si vede che l’autore originale si è fatto ecumenico con la sua creazione riuscendo a portare altri vicino a sé. Però è un riconoscersi nello sperdimento: qui non si sa più chi è vivo, se si è morti molto tempo fa, se si è ancora sé stessi. Tu sei un altro me ma tutti e due insieme non sappiamo bene se ci siamo veramente o se la storia che viene raccontata è vera. Tra l’altro questa versione è il pezzo clou di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain di quel geniazzo di Hideo Kojima. Complimenti a chi l’ha scelta. [LC]

#7

Nel 2014, nel terzo disco che pubblica come Le luci della centrale elettrica, Vasco Brondi torna a far coppia con Giorgio Canali, ex chitarrista dei CSI che l’ha scoperto e prodotto agli inizi, per questa bellissima canzone, Le ragazze stanno bene. Il pezzo finisce così: «padre eterno che sei così reazionario, che dal finestrino atterrando guardi Venezia dall’alto, hai visto il loro non era un amore poi tanto diverso». [FP]

#8

Poi una volta, qualche anno fa, mi è capitata la splendida occasione di fare un duetto con Marino Severini della Gang. La canzone, Black Hills era una commissione dell’ANPI al gruppo in cui suonavo allora, gli Emily Collettivo Musicale e, chissà perché, nel settantesimo della Resistenza mi venne l’idea di paragonare la lotta dei nostri partigiani per riprendere la terra dall’invasore, con quella dei Lakota -Sioux che si videro rubare le loro sacre montagne dagli Yankee. Inutile dire che «tu sei un altro me» finì subito nel ritornello. [FP]

Hidden Track

Ecco il mio segreto. Nel 2005 ascoltavo un disco di Jovanotti che mi piaceva molto. C’era in fondo a quel disco una traccia nascosta. Hai presente quelle cose che si faceva un sacco di tempo fa quando ancora credevamo che la musica fosse fatta di oggetti fisici da infilare in giradischi e lettori? A un certo punto il disco finiva e, se stavi facendo una cosa, rimanevi un po’ in silenzio fino a quando non ti alzavi a metterne un altro. L’artista furbetto – per ragioni che non ho mai capito – approfittava della capienza del CD e, dopo alcuni minuti di silenzio, faceva partire un pezzo nascosto, che anche se lo avevi sentito già dieci volte, ti faceva fare un salto sulla sedia. In fondo a Buon sangue c’era questo. Racconta di immortalità e altri me. Mi piace ancora. [PI]

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(Quasi)