Batman, l’Enigmista, Tom King e il coraggio a metà

Federico Beghin | Affatto |

Sarebbe scontato partire da una citazione di The Riddle, la canzone di Nik Kershaw, quindi te la risparmio. Tu, però, indovina un po’ questo («riddle me this»): chi o che cosa ha trasformato Edward Nygma nell’Enigmista? Per provare a rispondere alla domanda, se ti serve un aiuto, puoi leggere Batman: una brutta giornata – L’Enigmista di Tom King e Mitch Gerads.
Il fumetto DC Comics, edito in Italia da Panini Comics, è sia una storia dell’Enigmista che una storia di Batman, con il colore verde quasi onnipresente nelle sequenze prese in diretta che ricorda Matrix. E, restando in tema, la matrice, il modello per l’opera dedicata a Riddler è il celebre The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland, il fumetto detestato dallo stesso autore di Northampton. King dialoga con The Killing Joke, lo smonta e lo rimonta, lo fa suo, assimilandolo e senza scimmiottarlo, cambiando il cattivo da opporre all’Uomo Pipistrello.

Mentre cerchi la risposta al mio enigma, ti imbatti in una serie di scene, tra presente e passato, e in una serie di sfide mentali attraverso le quali lo sceneggiatore statunitense, che ama pestare le coscienze dei supereroi, discute un caposaldo del supereroico ormai obsoleto, l’identità segreta, e la regola di non uccidere, costantemente in bilico, di cui evidenzia a più riprese l’ipocrisia. Da un lato la domanda è: tra i nemici di Batman, chi è rimasto a non conoscere il nome dell’uomo che si cela sotto la maschera? Dall’altro il pensiero corre alla presunta debolezza dell’eroe: visto che tutti i suoi nemici sanno che non uccide, non si preoccupano più di tanto di quello che potrebbe attenderli, a maggior ragione sapendo che l’Arkham Asylum ha le porte più girevoli di quelle dell’Aldilà dell’Universo Marvel. Ma Batman è Batman e, lo sai, trova sempre un modo per risolvere la situazione senza mandare nel mondo dei più il malfattore di turno. O forse no? Come fece Moore con la sua famosa ultima pagina, anche King ti lascia con il dubbio. O meglio, ti lascia credere a quello che vuoi, perché poi tra le righe il discorso è ben chiaro a partire dal recupero della griglia da nove vignette (suo feticcio e omaggio all’autore di Watchmen). Chiede al disegnatore di oscurarne quattro: diversamente da Bolland, che disegnò le pozzanghere sul terreno e la pioggia che vi cadeva dentro con inquadrature sempre più ravvicinate, riprendendo così l’incipit, Gerads è chiamato a riempire di nero i riquadri fino all’apparizione della scritta «Fine» che cristallizza la narrazione.

Pur non urlandoti in faccia che cosa accada nell’epilogo, ne L’Enigmista King dimostra coraggio, come fece, per esempio, nei precedenti Mister Miracle e Visione. Questi tre fumetti hanno in comune lo statuto di racconti piuttosto slegati dalla continuity, quasi avulsi dagli universi narrativi all’interno dei quali sono pubblicati. A questo punto è doveroso rilevare come sia facile impostare storie di questo tipo quando hanno sopra l’etichetta rassicurante di “Elseworld” o di “What… if?”, dell’antologia, della miniserie autoriale che poi non viene più ripresa dai colleghi; diverso invece è incidere sulla continuity senza darsi cura delle rivolte degli appassionati dotati di conoscenza più o meno enciclopedica della materia. Sicuramente il problema è più ampio, e a monte c’è l’esigenza dell’editore. Non per niente Garth Ennis, per dirne uno, per demolire i super ha creato il suo mondo fuori dalle due major statunitensi. Anche King stesso, infatti, non è riuscito ad andare fino in fondo quando ha sceneggiato Eroi in Crisi sempre per DC. È partito con la volontà di sminuzzare la psiche dei personaggi, concentrandosi sulle loro ipocrisie, le idiosincrasie, la solitudine, il burnout, lo stress post-traumatico, l’incomprensione e l’incomunicabilità. Li ha portati quasi al punto di rottura, mostrandoli in difficoltà nel Santuario, una sorta di ospedale psichiatrico o se vuoi sfogatoio per supereroi, ma poi forse ha avuto paura di spingersi più in là e ha contenuto il tutto, dilatando eccessivamente la parte investigativa della narrazione. Così, dopo aver scavato per varie pagine sotto le maschere, si è limitato a smascherare realmente solo una “tutina”.

Tuttavia King, in quell’occasione, è riuscito a spogliare, anche se purtroppo solo parzialmente, i supereroi di alcune sovrastrutture, li ha interrogati sulle loro basi: cosa significa fare il supereroe per l’individuo e per gli altri? Che cosa si aspetta mentre agisce e che cosa ottiene?

Come in Eroi in Crisi, anche ne L’Enigmista l’autore racconta che a volte dentro una persona, che vive tra le vignette o nella realtà, si spezza qualcosa: vuole solo annullare tutto e tutti e sparire. Se in Eroi in Crisi lo sceneggiatore ha avuto anche il merito di collegare i supereroi con la gente comune, evitando almeno in parte l’autoreferenzialità del supereroico, nel fumetto dedicato a Nygma circoscrive la vicenda allo scontro ideologico, psicologico e fisico con Batman: eroe contro cattivo, come capita spesso nei comics DC e Marvel. Ecco allora una storia prevalentemente statica, fatta apposta per Gerads, che in contesti come questo dà il meglio di sé disegnando tanti primi piani e frammentando la narrazione per concentrarsi sui particolari, in cui il buono e l’antagonista si rincorrono fino a prendersi, un indovinello dopo l’altro, un trauma dopo l’altro.

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