Faccio dopo

Lella Parmigiani | Interni |

Procrastinare, vietato.

Se hai un cantiere, una partita iva, vivi in una regione operosa e frenetica, la tua città è talmente industriosa da possedere un PIL pro capite  tra i più alti e sei una donna, va da sé che tu, la tua saccoccia di responsabilità da sommare alla casa e al figlio, te la sei presa, a qualunque ora, di qualunque giorno.
Il tubo dell’acqua, per rompersi, non attende il lunedì; il sabato è diventato l’estensione di un venerdì lavorativo troppo breve; il cliente, i suoi problemi, te li snocciola la sera, quando lui è libero, non attende i tuoi orari di lavoro. Caro cliente, io ti ho fatto domande private solo per organizzare meglio i tuoi spazi e materializzare i tuoi desideri, non per diventare la tua analista a tempo pieno, ma non so come dirtelo.
Solo gli artigiani, ora, procrastinano. E tanto. È sempre una lotta tra me e la pazienza; mi pare di passare la vita a rincorrerli.

Procrastinare nella vita?
Non mi pare neppure comodo, una cosa rimandata è lì, sta sul gozzo, fastidiosa più di una mosca.
Qui e ora è il risultato di un  carattere che mi ritrovo, forgiato da un padre che aveva fatto l’accademia militare e che tutte le mattine, comprese quelle delle vacanze, mi obbligava  ad alzarmi presto perché il giorno doveva trovarmi pronta.
Di conseguenza l’attesa mi rode, mi consuma, fino a spegnermi; i programmi a lungo termine, i vedremo, ci penseremo, ne riparleremo, mi snervano.
No, non procrastino. Scelgo di non fare, piuttosto. È diverso.

Quando rileggo i fumetti di Claire Bretécher, rileggo di un’altra epoca; I Frustrati, Le madri sono stati un baluardo femminista. Lei una voce femminile ai tempi unica, potente. Ma le sue protagoniste, rilette, hanno troppe aspettative, poca autonomia, poca autostima, vivono i sentimenti come bisogni e, nell’attesa, o si consumano bruciando il loro tempo sul divano, molli fino all’abbandono, sigaretta a ciondoloni, rassegnate, illuse, distrutte, infelici o si trascinano, una vignetta dopo l’altra, scapigliate, arruffate, schiena curva, spalle basse, abbacchiate, a dar voce a grattacapi irrisolti, immutati e procrastinati, come fosse un modus vivendi, il ritratto di un mondo  fatto di scervellamenti ingarbugliati, annegati nell’appiattimento dell’ ineluttabile  ordinarietà quotidiana.
Le vignette si susseguono ripetitive: stesso taglio, stessa ampiezza, stessi grigi, ordinate, mai una nota più alta, un nero più intenso, non suggeriscono una fine, una soluzione, un punto d’arrivo.
Disegni di domande senza risposte .
Un procrastinare perenne che Bretécher evidenzia: non rende neppure felici.

Vuoi mettere Hugo Pratt e il suo  Corto Maltese?
Corto ti si presenta impettito, stringe determinato la sigaretta  tra due dita, aspira con piacere, assapora sapiente con lentezza, possiede l’attimo, gusta e consuma con pienezza in continua ricerca.
Guarda anche il tratto: la dice lunga su queste icone.
Disegnato con segno deciso, pulito, perfetto, la sua immagine spadroneggia nella vignetta, si muove prendendo la vita di petto, l’addenta, la morde e l’azione non lascia spazio a dubbi e incertezze.
È istinto.
Corto ha l’occhio attento e vigile, il suo sguardo scruta lontano. Pare non procrastinare e, quando è l’uomo del fare, si conosce.

«Nosce te ipsum»

inciso sul frontone del tempio di Apollo di Delfi è nel suo Dna e si esplica nell’avventura.
Hugo Pratt spiega:

«La parola evasione che dà tanto fastidio ai materialisti storici, significa scappare da qualche cosa; l’avventura è cercare qualche cosa, che può essere bella o pericolosa, ma che vale la pena di vivere…»

E l’avventura non può che essere acchiappata e cavalcata.
Per Corto l’avventura è vita e la vita è un’avventura, pare un motivo più che valido per non procrastinare.

Ora pare che tutti leggano Zerocalcare. Apro e sfoglio Nulla di nuovo sul fronte di Rebibbia. Lui ha un  milione di follower su Instagram e la sua serie Netflix, Strappare lungo i bordi, apparsa nel 2021, è ancora tra le più viste; parlo di Michele  Rech, uno dei fumettisti di maggior successo in Italia e grande comunicatore.
Le sue vignette sono diffuse attraverso tutti i mezzi disponibili: giornali, libri, audiolibri, cinema, serie TV, corti, murales.
Autobiografia, cultura popolare, mondi fantastici, profonde denunce, crisi esistenziali e ansia sociale sono mixate a creare  un prodotto in cui il lettore riesce a immedesimarsi.
Attivo da sempre nel mondo dei centri sociali, approfondisce tematiche inusuali prima di lui nel fumetto. Denuncia luoghi sofferti, i più complessi della nostra società, le carceri, e apre a un mondo guardato spesso con indifferenza o, peggio, con  diffidenza e pregiudizio.
Luoghi lasciati all’abbandono, dove è facilmente intuibile il grado di civiltà della società che li ingloba, dove non è civile procrastinare e invece oggi più che mai, è lo Stato che procrastina, su tutto, a cascata.

Eh no, staterello mio!

Solo io posso darmi delle regole per il piacere di eluderle.

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(Quasi)