Il manuale supremo dei pupazzi di The Sando: Per una teoria del fumetto

Carlotta Vacchelli | Charlie don't surf |

Il manuale supremo dei pupazzi di The Sando (Daniele De Sando), edito da Beccogiallo (2020), irrompe nella manualistica sul fumetto per decostruirla dall’interno: con 160 tavole di meta-fumetto intrise di rifacimenti spiritosi, mimesi comiche, osservazioni argute, che disvelano i meccanismi di generi, tecniche e tendenze. Questo complesso sistema regge grazie alla verve briosa, scanzonata e brillante dell’autore e a una struttura saldamente impostata – una cornice narrativa in cui sono collocate tavole che esaminano singoli aspetti dell’arte fumettistica. Così, storia, critica e teoria incontrano il ricco ventaglio di forme della comicità esplorate da The Sando: da surreali combinazioni di montaggio e rapporti testo/immagine, a spiazzanti abbinamenti di situazioni, a soluzioni vistosamente cheap per fare fronte alle sfide del disegno fumettistico.

The Sando ci offre insomma una panoramica sull’inter-medium del fumetto come insieme di pratiche socio-culturali in cui si intrecciano questioni autoriali (tecnica, stilistica, genere di riferimento…), logiche editoriali (graphic novel/fumetto seriale/riviste/webcomics…), di mercato, pubblico, supporto (cartaceo/digitale), e così via. Ma Il manuale non è solo un prontuario ben informato – o forse un de-prontuario, dato che il fumetto ne esce, prima che analizzato, decostruito a 360 gradi: è la parodia di un manuale, tanto più efficace nel messaggio quanto più irriverente nei toni, battente nel ritmo e accattivante nel segno, stratificato in una dotta rassegna di riferimenti.

Il manuale racconta diversi aspetti della cultura del fumetto. Quali?

Oltre a parlare dei grandi classici del fumetto, tocca anche le derivazioni e le evoluzioni, come le fiere, i cosplayer e i cinecomic.

L’opera è nata sul web come serie di parodie di tutorial, diventati virali e poi raccolti nell’edizione Beccogiallo. Chi è il lettore ideale?

Come target ho cercato di essere meno settoriale possibile, in modo che non fosse solo un volume per “addetti ai lavori”, ma apprezzabile anche da chi non è avvezzo al mondo dei fumetti. Questo ambiente ora è meno di nicchia e “nerd”.

Come cambia il tuo stile tra disegno digitale e a mano?

Quando disegno a mano uso molti meno colori, oltre a questo il disegno vettoriale per me è diventato una cifra stilistica, ma parto sempre dal disegno manuale. Il digitale mi permette di provare molte volte segni e abbinamenti cromatici diversi, visto che faccio mille prove prima di essere soddisfatto del risultato.

Mi sembra molto intrigante il clash tra il disegno vettoriale e le forme geometrizzanti, i contorni netti e spessi e le pose caricaturali da cartoon americano classico.

Mi è venuto in maniera naturale poiché fin da ragazzino ero fan dei cartoni dei fratelli Fleischer e le Silly Symphony, anche le grafiche e cartoni anni 50 hanno avuto un forte influenza sui miei lavori.

Le tavole tutorial sono presentate nella cornice di una storia, il viaggio di un tuo alter-ego che ci accompagna attraverso i diversi stili che illustri e fa capire il tuo rapporto con il fumetto. Ce lo racconti?

Per non creare un “noioso” manuale pieno solo di tutorial che rischiavano di allontanare chi non vuole fare fumetti, ho creato un’avventura all’interno di un centro commerciale. Un luogo neutro che non ha bisogno di essere descritto nel dettaglio (perché tutti ne conoscono la struttura) e che ci permette di partire subito con la storia, oltre ad essere un omaggio a Kevin Smith. Ogni negozio e situazione che capita all’interno si collega ad un preciso tutorial.

Al contrario di molte teorie dei linguaggi, Il manuale è molto divertente. Comicità e ironia sono strumenti molto adatti a veicolare contenuti culturali e riflessioni teoriche. Come mai, secondo te?

Certi messaggi arrivano meglio se veicolati in questo modo, e rimangono più impressi. Altrimenti se si assumono toni troppo articolati si rischia di passare per spocchiosi scollegati con il pubblico.

Sulla lingua dei fumetti rifletti in diverse tavole del libro. Ci parli un po’ dell’aspetto della sceneggiatura?

La sceneggiatura è un lavoro costante, un continuo rimettere mano alla struttura narrativa fino a che non si trova la propria quadra. In molti seriali c’è un meccanismo consolidato e calcificato nel tempo che ormai è stagnante.

Con lo sperimentalismo di oggi tra graphic novel, riviste e autoproduzioni, alcune testate seriali più longeve ci sembrano un po’ superate. Nel Manuale si trovano diversi spunti per rinnovarle. Per esempio?

Alcune storiche testate sperimentano molto, anche se poi tornano sui loro passi per non deludere i fan millenari. Ad esempio io prendo in giro certi linguaggi desueti: quanto sarebbe più fico Tex se, mentre gli sparano addosso, sparasse un sonoro e veritiero bestemmione?

E adesso la domanda più difficile, degna di un vero teorico del fumetto: ci dai la tua definizione di fumetto?

Come dicono in molti e fanno tutti: il fumetto è quella roba che te leggi sul cesso.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)