The Dark Side of Mr Gilmour and Mr Waters

Francesco Barilli | Affatto |

Musicalmente ognuno ha i propri miti generazionali. E le proprie leggende: quei miti alla cui storia non appartiene, ma che in qualche modo lo hanno affascinato o addirittura formato.
Io, classe 1965, nella seconda casella infilo Woodstock. Jimi Hendrix e peace and love, l’inno americano distorto dalla sua Fender Stratocaster in bombe e lamenti. Come nel Vietnam, certo, e come l’anima dilaniata di una generazione. Alla prima categoria appartiene invece il Live Aid del 1985. La coinvolgente esibizione dei Queen, il breve ma intenso set degli Who, la spompata performance dei Led Zeppelin e quella riuscitissima di Bowie. We are the World e Do They Know It’s Christmas puoi tranquillamente dimenticarle, ma l’evento epocale resta. Che non abbia sfamato il mondo svela un’illusione, una menzogna se sei cinico, ma non sminuisce il suo fascino.
Più avanti negli anni, ma ancora non vecchio, ho vissuto il Live 8 del 2005. Uhm, sì, pure questo lo metto nella prima casella. Ricordo l’emozione della reunion dei Pink Floyd. Quelli di Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright e David Gilmour (Syd Barrett era già perso da più di trent’anni nel suo mondo allucinato e sarebbe morto l’anno dopo). Non suonavano assieme dal tour di The Wall. The Final Cut era stato un epitaffio posto sul marchio dal solo Waters. Poi, liti feroci e una causa legale sull’uso del nome della band, vinta da Gilmour e Mason, seguite da anni di pace armata. Il marchio fu tirato fuori dalla naftalina per un paio di dischi e alcuni tour live (nel 1994 a Modena c’ero anch’io!) senza più il bassista geniale e dispotico alla guida.
Quei quattro che avevano letteralmente creato un immaginario sonoro, dal 1967 in poi, salirono sul palco il 2 luglio 2005 e suonarono per una ventina di minuti. Regalarono anche una chicca: Breathe e la sua Reprise, di norma in coda a Time, furono combinate in un unico brano. Una soluzione mai provata prima né, per quanto ne so, in seguito.
Un’esibizione eccellente e alzi la mano chi non pensò, nel vederli abbracciati alla fine dello show, a una nuova possibile reunion, una tournèe, un nuovo disco. Qualcosa che mettesse fine ad anni di liti, artistiche e personali e commerciali.

La reunion finì lì, sul palco di Hyde Park. Richard Wright fece in tempo a partecipare ad alcuni progetti solisti di Gilmour, con conseguente tour, prima di morire nel 2008. Gilmour e Waters, al di là di rarissimi lampi di speranza in un riavvicinamento, rinnovarono screzi e veleni fino a tempi recenti.

L’avrai capito. I Pink Floyd appartengono al mio immaginario. Di più, lo hanno forgiato già nel 1973. Però mica mi sarei ricordato dell’anniversario tondo (Dark Side Of The Moon esce a marzo di quell’anno) se le bizze algoritmiche delle mie bacheche social non me l’avessero ricordato, caricando a briscola con l’uscita di un box celebrativo.

Stai lontano dal box farlocco

Potrei darti diversi link sul cofanetto dei cinquant’anni. Tanto lo so che poi vai su Amazon (occhio, ti sgamo…). E io mica lo prendo, che trecento euri, orcozzio… Quindi il titolo di questo paragrafo, con quel consiglio rafforzato da un aggettivo perentorio, suona male e magari mi vedi come la volpe di Esopo. Dopotutto è acerbo quel box, non vale lo sforzo…
Tu fai quel che ti pare, ci mancherebbe, ma l’unica cosa imperdibile del cofanetto (a parte il disco originale: rimasterizzalo come ti pare, quello devi averlo) è il Live at Wembley 1974, che però trovi anche in edizioni precedenti più economiche e che peraltro verrà commercializzato pure singolarmente.
La sensazione è che le liti fra Gilmour e Waters abbiano depotenziato il box celebrativo. Beh, certamente hanno mandato di traverso cofanetto e anniversario a me. E il punto più basso è stato raggiunto il 6 febbraio. Recentemente i toni si sono smorzati e sono apparsi ramoscelli d’ulivo, spero duraturi anche se temo il contrario, ma la ferita resta.

A questo punto forse ti aspetti una rece di Dark Side. Ridondante, chiaro, in rete ne puoi trovare a bizzeffe. Elegiache, dozzinali, critiche, entusiaste, illuminanti. Qui NON troverai la mia, Al massimo, qualche ricordo e impressioni personali. Preferisco soffermarmi su una cronistoria il più possibile distaccata di quelle beghe a cui accennavo. Che io a David e Roger voglio un sacco di bene, per tutto quello che hanno rappresentato e rappresentano per me, e mi spiace che…
Ma andiamo con ordine.

La musicassetta

1973. Io ho 8 anni e Dark side of the Moon lo conosco in cassetta. Lo ascolto con un coso del genere…

Suono a fedeltà per niente alta, chiaro. L’attrezzo potevi utilizzarlo anche per registrare le canzoni dalla radio. Aspettavi giorni fino a quando passavano Stairway to Heaven e il DJ tagliava l’assolo finale di Jimmy Page. Allora tiravi quattro madonne bislacche e maledicevi il DJ e la sua progenie fino alla settima generazione, poi riavvolgevi il nastro curandone il tensionamento. Una cosa da Maestro Yoda. Alta è la speranza in te che in radio Stairway ripassi, mio padawan.

8 anni, dicevo. Ma Dark Side diventa IL MIO disco. Tutto, lì, è fascino assoluto. Non solo, se mi capisci, nelle orecchie. Perfino la pausa obbligata tra Great gig in the sky e il registratore di cassa in Money (all’epoca devi girare la cassetta, non c’è ancora l’ascolto in fluida continuità del cd) ha una sua importanza quasi mistica.
Non so quante volte l’ho ascoltato. Con una frase fatta, retorica quanto sincera, posso dirti che lo so a memoria. Quando lo infilo nel lettore, mentalmente ne anticipo ogni suono. Persino ogni parola mi è nota, pure col mio inglese ben sotto il livello basic, anche le tante di cui non so il significato. Fanno parte di un’esperienza di ascolto che trasforma il suono in immagini e sensazioni. Ammetto che la potenza dei testi, in un disco che parla dello stress della civiltà moderna, unendo momenti visionari e altri di pace assoluta, l’ho colta dopo. Inizialmente è la qualità sonora a conquistarmi, quel flusso in cui pure gli ospiti (il sax di Dick Parry o i vocalizzi di Clare Torry, per dire) si fondono nella perfetta armonia dei quattro protagonisti. Un’armonia professionale che io volevo vedere anche umana… E poi quella cover! Guarda, inutile parlarne, credo ne esistano poche altrettanto iconiche. Se vedi un prisma attraversato dalla luce a creare lo spettro dei colori pensi a Dark Side, poche palle. E almeno in una citazione ti ricordo gli autori, Storm Thorgerson e Aubrey Powell dello studio Hipgnosis.
Insomma, l’ho già detto: è IL MIO disco. E per me è difficile (da bambino, certo, ma ammetto uguale difficoltà anche ora) scindere il disco da chi l’ha realizzato. Per me dovrebbero essere quattro eroi senza macchia che lo suonano ogni volta per me. Capirai la delusione nel capire che sono quattro esseri umani che invecchiano, sbroccano, litigano. Concentrati di rancori come chiunque.

Il lato oscuro di Mr Gilmour e Mr Waters, appunto

Sull’origine del dualismo fra il chitarrista e il bassista sono state scritte talmente tante cose che possiamo soprassedere. Ti segnalo solo Inside Out di Nick Mason, da noi uscito aggiornato nel 2018 per EPC.

Batterista non eccelso, ma solido e molto personale, Mason – apparentemente e solo nella dimensione, per così dire, on stage – sembra il personaggio meno carismatico del gruppo. In realtà ne è la spina dorsale. Facci caso: è l’unico a poter dire d’essere stato presente fin dalle origini e in tutte le incarnazioni della band. È persino il custode del repertorio più sperimentale, quello della fase/Barrett, che ancora oggi porta in scena con i suoi Saucerful of Secrets. Col suo fare pacato e il suo humor molto british ha scritto una biografia riuscitissima della band, lontana da vezzi scandalistici quanto da toni agiografici. Insomma, ti consiglio la lettura del suo libro, anche per risparmiarmi fatica e dare per acquisito da te ogni dettaglio sulla rottura storica. Quella degli anni, per intenderci, da Final Cut a Division Bell.

Mother, Animals e il maiale Algie

Nel maggio 2020, in piena pandemia, Waters attacca Gilmour. L’occasione è la pubblicazione di una interpretazione di Mother da parte di Roger, che scrive:

«Perché questo video non è su un sito che porta il nome di Pink Floyd website?  Beh, la risposta sta nel fatto che nulla che mi riguardi è presente sul sito dei Pink Floyd. David Gilmour mi ha bannato dal sito. Circa un anno fa … ho proposto qualsiasi tipo di misura per cercare di superare questa orribile impasse nella quale siamo … ho suggerito, tra le altre cose, che tutti noi potessimo avere uguale accesso al sito e condividere con voi i nostri progetti … Purtroppo David pensa che i Pink Floyd siano di sua proprietà.»

Waters aggiunge una stoccata a Polly Samson, compagna di Gilmour dal 1992 e moglie dal 1994, coautrice dei testi di The Division Bell. Non è la prima volta che Polly finisce impigliata nelle ruggini fra Roger e il marito. La cosa adesso può sembrarti un pettegolezzo o una spigolatura, ma avrà la sua importanza in seguito:

«Molti si sono chiesti perché dovessimo stare lì e guardare Polly Samson mese dopo mese, giorno dopo giorno…»

Nel 2021 la ristampa di Animals apre una nuova crepa. Uno dice, sarà per qualche aspetto tecnico. Hah, magari! In realtà sono le note di copertina, che sottolineerebbero maggiormente l’apporto del bassista al progetto originario, dal concept fino all’idea del maialino Algie sulla copertina.
Su Algie andrebbe detto qualcosa, almeno in un inciso. Me la cavo segnalandoti questo link. Pure su Animals sarò stringato, per non allungare ancora il brodo. Grande album, se qualcuno dice il contrario limitati a compatirlo. Un disco incazzato con l’Inghilterra della Thatcher due anni prima che la Lady di ferro salisse al potere, una critica attualissima a capitalismo e avidità. «Big man, pig man!» è un incipit della madonna, si fotta Johnny Rotten e la sua T shirt!

Alla fine Waters accetta la censura delle note, ma le pubblica sulla sua pagina FB, non senza togliersi qualche sassolino dalla scarpa in alcune interviste/dichiarazioni.

Ora, bada bene, David il 6 marzo ha compiuto 77 anni, Roger farà cifra tonda 80 il 6 settembre. Non so te, ma io resto basito a pensare che due vecchi signori, ancora geniali e che ci hanno regalato momenti di bellezza assoluta, riescano a litigare su chi ce l’ha più lungo e chi abbia portato il pallone. Qui secondo me sbaglia pure Mason, che in un’intervista a “Rolling Stone” liquida la faccenda: «Il problema è che Roger non rispetta David a sufficienza. Secondo lui la scrittura delle canzoni è tutto. Suonare la chitarra e cantare sono cose che hanno meno valore.»
Sì, è una parte della verità, non tutta. Il nodo è il possesso del pallone, del sogno. E anche cose più prosaiche, come i diritti sul catalogo. Dopo ci arrivo.

Hey Hey Rise Up e la guerra in Ucraina

Il 24 febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina. Il mondo si accorge tragicamente di un conflitto in realtà già in corso dal 2014. È storia assai più importante, questa, per lo strascico di distruzione, morte e dolori che comporta, e pure per le conseguenze che l’escalation porta e potrà portare a livello globale.

Meriterebbe ben altro spazio questa guerra, schifosa come tutte, ma qui ci interessa solo il riflesso che finisce con l’avere sui rapporti fra i due geniacci dei Pink Floyd.
Pochi giorni dopo l’invasione, Andriy Khlyvnyuk, cantante e frontman della band ucraina Boombox, pubblica su Instagram un video in cui canta Oh, the Red Viburnum in the Meadow, canzone popolare risalente alla prima guerra mondiale. Khlyvnyuk, ora, oltre che cantante è soldato, intona la canzone con la sua uniforme nella piazza di Kyiv.
Gilmour vede il video. Sua nuora è ucraina, l’emozione aumenta. Pensa di poter fare qualcosa, di DOVERLO fare. Il brand Pink Floyd ha ancora un suo fascino, riflette fra sé, e l’idea prende forma. Chiama l’amico Mason, anche lui è interessato. Contatta pure Khlyvnyuk. La telefonata, racconta David, anche nella drammaticità del momento ha aspetti umoristici. Immagina di essere in guerra, sotto le bombe, e di ricevere una telefonata tipo «Sono David Gilmour, mi piacerebbe lavorare sul pezzo che hai cantato, per dare una mano. Io e Nick rimettiamo in piedi la vecchia band per il tuo pezzo, lavorando con gli strumenti sulla tua voce…». Tu come reagiresti? Con un pizzico di incredulità, esatto. È come se mi telefonasse Jack Kirby e mi dicesse «Baro, bella la tua sceneggiatura, mi piacerebbe disegnarla». Vabbè, mica succede, Kirby è morto.
Solo attraverso una videochiamata il cantante/soldato capisce di non essere finito sulla versione Eurovision di Scherzi a Parte, accetta con gratitudine l’offerta e il gioco è fatto. Hey Hey Rise Up esce il 7 aprile 2022, primo brano targato Pink Floyd dal 1994 (The Endless River, seppure uscito nel 2014, contiene registrazioni di vent’anni prima). Non è memorabile, ma passerà alla storia per questo. E, comunque tu possa pensarla sul conflitto in Ucraina, è un bel gesto: la sua pubblicazione serve a raccogliere fondi per aiuti umanitari alla popolazione civile.

Purtroppo pure il conflitto russo/ucraino alimenta le tensioni fra le due anime dei Pink Floyd. E qui devo affrontare…

… le opinioni di Roger

Waters è personaggio dalle idee politiche forti e complesse. Descriverlo, come hanno fatto alcuni, come utile idiota del Cremlino è una sciocchezza enorme, un’offesa che non merita. Di certo ha espresso in più occasioni la sua perplessità verso il conflitto, soffermandosi sulle responsabilità occidentali e in particolar modo statunitensi. Seppure sottolineando spesso la sua vicinanza alla popolazione colpita dall’invasione, è fortemente contrario all’invio di armi all’esercito di Kyiv da parte dell’occidente e favorevole a iniziative diplomatiche.
Roger non è nuovo a esternazioni politiche. Spesso, non sempre, da me condivise. Lo dico solo per giocare a carte scoperte, precisando subito che NON m’interessa, qui e ora, entrare in polemiche di questo genere. Se faccio un breve e incompleto accenno a queste sue opinioni è perché assumono un certo rilievo ai fini del mio articolo, stop. Sono note, in particolare, le sue posizioni critiche verso il governo israeliano e vicine alla causa palestinese, fra cui il suo appoggio al movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions) contro l’occupazione israeliana. Posizioni che per alcuni, superficiali o in malafede, sono sufficienti a bollare Waters come antisemita. E qui veniamo alla…

… prima legge dello sbrocco

Il primo e unico e fondamentale enunciato della legge dello sbrocco, comunemente nota anche come «quando uno s’incazza, s’incazza», te lo recito io, abbellito nell’interpretazione di Simone Lucciola.

disegno di Simone Lucciola

Qui puoi prendere il presunto antisemitismo di Roger, l’antipatia reciproca fra lui e Polly Samson, le beghe artistiche e personali col vecchio amico Gilmour, raccattare tutto e fare scopa col tweet di Polly, appoggiato e rilanciato dal marito. Te lo traduco: rileggilo che poi ti spiego un’altra cosa.

«Purtroppo, Roger Waters, sei antisemita fino al midollo. Difendi Putin e sei un bugiardo, un ladro, un ipocrita, uno che elude le tasse e canta in playback, un misogino, un invidioso patologico, un megalomane. Ne abbiamo abbastanza delle tue cazzate»

A parte l’alitosi c’è tutto.

Il nodo del catalogo

Fin qui non l’ho nemmeno fatto intuire fra le righe, ma nei dissidi fra i due ex amici entra, almeno a mio avviso, anche un nodo economico. Lo dico subito, probabilmente è marginale. Sarebbe scorretto pensare che David e Roger combattano spinti dal dio denaro. Sono scazzi d’altro genere a muoverli – il possesso del pallone, ricordi? – ma in qualche modo va detto anche del denaro.

Avrai capito che, fino a tempi recenti e seppure nella cornice di liti diventate famose quasi quanto la loro musica, i PF sono riusciti a gestire il proprio immenso patrimonio musicale dignitosamente. Dopo la tempesta sulle note di copertina di Animals, i 3 Floyd rimasti sembravano aver deciso di mettere in vendita il catalogo, per dividersi una torta interessante senza ogni volta mangiarsi fegato e muso. Si è parlato di un’offerta sui 500 milioni di dollari, presto svanita. Il mercato è quel che è, la crisi finanziaria e i tassi d’interesse in crescita, certo, poi le esternazioni politicamente scomode di Waters… Troppi casini, insomma. Ma a raffreddare i compratori è stato anche un altro fattore: «Sì, vabbè, il catalogo è una figata. Ma CHI ha i diritti su questo e CHI su quest’altro? Non è che poi ci invischiamo in assurde menate pure sul sesso di Algie?» (nota mia: ci sono state pure quelle, credimi sulla parola). Del resto «Money, so they say, is the root of all evil today».

L’anniversario divisivo di Dark Side e la versione di Roger

A inizio 2023 Waters annuncia di avere in lavorazione da mesi una nuova e personale versione di Dark Side, senza che gli altri membri ancora in vita della band siano a conoscenza dell’iniziativa. Il disco dovrebbe uscire a maggio. Nelle interviste fin qui apparse Waters sottolinea (almeno sembra e, te lo dico subito, in seguito ha smussato i toni) la paternità esclusiva sul lavoro del 1973, esprimendosi in modo sprezzante verso il talento compositivo di Gilmour (a cui riconosce il valore come cantante e chitarrista) e verso Wright. Cosa, questa, decisamente spiacevole nei confronti del tastierista, morto da quindici anni.
Insomma, metti in fila:

  • i casini pregressi;
  • la disputa fra i due geni creativi su chi ce l’ha più lungo, il genio;
  • le frizioni politiche;
  • il pasticcio sul catalogo…

Risultato? L’anniversario di Dark Side partorisce un box di cui puoi fare a meno, una versione parallela del solo Waters, uno sbrocco della coppia Gilmour/Samson con corollario di veleni. Così come, in una famiglia lacerata, una ricorrenza significativa può far volare piatti e bicchieri.

I ramoscelli d’ulivo

Come ti accennavo all’inizio (se ti sei perso puoi controllare) recentemente gli animi si sono placati. Non so dirti se per il lavoro di qualche Paperoga diplomatico oppure perché i diretti interessati hanno capito d’aver esagerato. Io, chiaro, spero nella seconda ipotesi.
A un giornale inglese che aveva ventilato la possibilità che nella nuova versione dell’album venissero stralciati «gli orribili assoli di chitarra» il bassista ha replicato con durezza:

«Amo gli assoli di chitarra di Dave su The Dark Side of the Moon, così come amo quelli su Wish You Were Here e su Animals, su The Wall e su The Final Cut. Dal mio punto di vista, benché di parte, gli assoli di Dave in quegli album costituiscono una raccolta di alcuni dei migliori assoli di chitarra nella storia del rock and roll.»

A inizio marzo, intervenendo sulla propria pagina FB a proposito della prossima uscita della sua rivisitazione del lavoro del 1973, Roger ha speso parole ancora più chiare:

«È anche un modo per me di onorare una registrazione di cui Nick, Rick, Dave e io abbiamo tutto il diritto di essere molto orgogliosi.»

Nick Mason, recentemente, ha aggiunto la sua firma a una petizione tesa a revocare il divieto al concerto di Waters a Francoforte, cancellato per le assurde accuse di antisemitismo rivolte al bassista a cui ho accennato prima. E fra i segnali distensivi inserisco anche questo: sulla pagina ufficiale del gruppo sono stati pubblicati dei video, fra cui quello del Live 8, con la presenza della band al completo. Quasi che pure Gilmour, «proprietario» delle pagine social dei «suoi» Pink Floyd, abbia voluto ricordare «quanto era bello suonare assieme!»

Bene. Io sono ancora qui, amareggiato per le liti rancorose fra due persone che per me significano tanto, sempre indeciso se davvero l’uva di quel box celebrativo è troppo acerba e comunque sicuro che la versione di Roger me la compro… Ma penso d’averti annoiato già troppo. Del resto «The time is gone, the song is over, thought I’d something more to say…»

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Una risposta su “The Dark Side of Mr Gilmour and Mr Waters

  • Angelo Cerri

    io voglio rimanere fuori dai dissidi dei 4 Pink ….e’ normale in tutte le famiglie avere liti piu o meno accese !!!!
    Ascoltiamo le loro note celestiali ….quelle dal 67 al 77 ….il resto non lo digeriro’ mai tranne qualche nota di the Wall ….
    Ci hanno regalato cose uniche e irripetibili (Dark side……) amore infinito

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