Un confronto impossibile – parte prima: Argonauti del mare salato

Paolo Valeri | Antropocomics |

È il 1913, tra il 155° meridiano e il 6° parallelo sud: è qui che inizia l’avventura che ha cambiato la disciplina antropologica, rifondandola attraverso l’osservazione partecipante e a partire dal lavoro sul campo. In questo tempo e in questo spazio Bronislaw Malinowski, cittadino dell’Impero austro-ungarico, rimane bloccato dal governatorato britannico a causa delle tensioni per l’imminente conflitto mondiale: un esilio forzato che gli consentirà di vivere tra le popolazioni delle Isole Trobriand per quasi 4 anni, studiare il kula – il loro sistema di scambio rituale – e arrivare nel 1922 a dare alle stampe un libro che rimane un caposaldo: Argonauti del Pacifico Occidentale.

«Sono l’Oceano Pacifico e sono il più grande di tutti», questo invece è l’incipit di Una Ballata del Mare Salato, la prima avventura di Corto Maltese. Agli appassionati non sarà sfuggito come le coordinate spazio temporali in cui Hugo Pratt ambienta la prima avventura del suo eroe siano le medesime dell’esperienza di Malinowski. A dire il vero l’antropologo polacco inizia le sue peregrinazioni sull’oceano qualche mese più tardi, siamo già nel 1914, e i suoi luoghi di ricerca sono qualche centinaio di km a ovest dal punto in cui il Capitano Rasputin recupera i due fratelli Groovesnore. Ma la geografia imperfetta di Pratt, così come l’ha definita Umberto Eco, lascia buon gioco all’idea che il mito fondativo dell’antropologia e la prima avventura di Corto Maltese avvengano in contemporanea e nei medesimi luoghi.

E se tempo della narrazione e tempo dell’etnografia coincidono, quel tempo non è casuale: entrambi gli eventi si svolgono sul crinale del primo grande macello mondiale. Fino a quel momento la storia occidentale era ancora piene di presenze, l’onda lunga del romanticismo aveva prodotto spettri che si aggiravano per l’Europa, politici e non solo. Fantasmi nati dal confronto con l’Altrove, figli degli incontri con molteplici mondi, avvenuti tra cinquecento e seicento.

È lo stesso humus da cui scaturiscono le narrazioni dei grandi romanzi d’avventura, prodromi delle vignette della Ballata, come la costruzione del sapere antropologico, di cui gli Argonauti fanno indiscutibilmente parte. Due “attrezzi” per cercare di contenere le presenze che da quegli incontri si sono emanate. Quasi due tronchi di uno stesso ramo, nato nel Settecento e cresciuto per tutto l’Ottocento, tra la mente scientista e il braccio del colonialismo, come affermazione della modernità.

In ogni caso, grazie a loro, fino ai primi anni del Novecento l’alterità è stata anche occasione d’incanto. Ma gli anni dell’etnografia di Malinowski, gli stessi in cui Corto Maltese vive la sua prima avventura, cambiano tutto. Da qui in poi, invece, non ci sarà più spazio per l’incanto. Qui principia la Guerra dei trent’anni, che inizia con l’iprite sulle trincee e finisce nelle camere a gas, spingendo il mondo nelle mani del capitalismo più compiuto: globale, finanziario e della sorveglianza. Un mondo in cui ciò che non è logico, misurabile, oggettivo e individuale, non può più esistere semplicemente perché non è più reale.

Ecco perché, nei prossimi articoli di questa rubrica, più che domandarci quanto l’etnografia di Malinowski abbia contribuito alla creazione dell’immaginario Altrove situato nei Mari del Sud o quanto, del tutto involontariamente, questo si sia insinuato, attraverso il colonialismo, nell’esperienza dello stesso Pratt, abbiamo deciso di fare delle similitudini e delle differenze che si inseguono, in questo confronto impossibile tra due opere tanto diverse quanto affini, un’occasione per illustrare ciò che l’antropologa Stefania Consigliere chiama il reincanto.

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