Che cazzo ci sarà da ridere!?

Boris Battaglia | Ce ne sarà per tutti |

Sul finire del 1971, Philippe Druillet è un uomo sereno. Ha 27 anni e tutto sta andando per il meglio. Ha all’attivo un libro importante, quello con la prima avventura di Lone Sloane, pubblicato dalla Terrain Vague di Eric Losfeld grazie all’interessamento di Jean-Claude Forest e di Jean Rollin; è un autore molto richiesto di manifesti cinematografici (ha cominciato proprio con i film di Rollin); e pubblica regolarmente (grazie al fatto che Renè Goscinny ha apprezzato, pur senza capirlo, il suo volume edito da Losfeld) sulle pagine di “Pilote”. È felicemente sposato, da circa tre anni, con Nicole.
La tempesta che, portandogli via a causa di un cancro la moglie e il figlio che stavano aspettando, lo perderà in un lungo naufragio di dolore e di rimorsi – che a modo suo esorcizzerà in quel capolavoro di disperazione che è La notte, e più recentemente nella sua autobiografia Delirium – non è neppure all’orizzonte. I quattro anni che hanno davanti prima che questo accada saranno anni pieni e, se si può dire, felici. Per questo Philippe ancora non abusa, almeno non metodicamente, di alcol e altre sostanze.
Quella sera lì, a casa sua e di Nicole, quello depresso è Forest. Sembra l’ombra di sé stesso. Tra i fumi dell’ottimo borgogna che si sono scolati e della ganja, si sfoga con i suoi ospiti. Quegli stronzi di “Pif” hanno interrotto, così senza preavviso, la pubblicazione di Mystérieuse: matin midi et soir, il suo adattamento dell’Isola Misteriosa di Jules Verne, e con una scusa ridicola, figuratevi, hanno detto che non andava bene per «eccesso d’immaginazione», non è una cosa ridicola?! La verità è che il PCF, che di “Pif” è l’editore, è un covo di bigotti moralisti; per loro la pornografia è una perversione borghese, e da quando è uscito quel cazzo di film con Jane Fonda, considerano Forest un pornografo. Quindi caro Forest, su “Pif”, che finisce nelle mani dei figli dei compagni lavoratori, le tue storie non ci possono stare, mica possiamo correre il rischio di essere accusati di traviare le giovani generazioni. La nostra collaborazione si conclude qui. E poi, dopo l’estate, ci si sono messi anche quelli di “France Soir”: il primo quotidiano del paese, una testata che nel decennio appena finito ha raggiunto il milione e mezzo di copie diffuse, tiene molto al consenso dei propri lettori, e alla maggior parte di essi non va proprio giù quella ragazzina così… perversa? Sì, hanno definito Hypocrite, ragazzina perversa. Bah. Non fosse che ora deve trovarsi un’altra testata dove pubblicarla, ci sarebbe da ridere.
Insomma, Forest si è ritrovato senza uno straccio di lavoro. Tra l’altro il suo amico Losfeld non può aiutarlo. Sta messo peggio di lui. Guai molto seri con il fisco, che gli ha sequestrato quasi tutto, e il divieto per la sua casa editrice, Terrain Vague, di pubblicare alcunché, per questioni di censura. A questo punto Druillet, azzarda «Perché non vieni a “Pilote”? Ti fisso un appuntamento con René, è disponibilissimo e Dargaud paga bene.»
Forest non ama “Pilote”, i suoi riferimenti sono altri, i suoi maestri sono americani, non è in sintonia con la roba che pubblicano lì sopra. Ma i soldi che servono a coprire le spese a Parigi, sono i franchi e Dargaud paga in valuta corrente, quindi ci va, a incontrare il direttore.

La calorosa accoglienza di Goscinny lo mette a suo agio, e dopo pochi minuti si ritrova infervorato a raccontargli la nuova storia di Hypocrite che ha in mente. Quella che diverrà Comment décoder l’Etirchopy.
Gosciny ascolta, attento e coinvolto. Poi quando Forest ha finito, gli dice:

«Non credo di averci capito niente, da quello che mi ha raccontato mi sembra una storia completamente folle, senza capo né coda… devo essere sincero, chiunque altro me l’avesse proposta, l’avrei rifiutata, ma lei è Jean-Claude Forest, ha creato Barbarella, qui ha carta bianca. Per quando crede di riuscire a consegnarci la prima puntata?»

“Pilote” sta vivendo un periodo particolare. In pochi mesi, proprio tra il 1971 e il 1972, vive defezioni importanti. Gebè, Reiser e Cabù tornano all’ovile da Cavanna a “HaraKiri”; Mandryka, Gotlib e Bretécher (pur continuando gli ultimi due a collaborare con la rivista) fondano una loro testata “L’Echo des Savanes”. È vero che arrivata nuova linfa da autori giovanissimi come Tardi, Caza, Bilal e Goetzinger, ma alla testata servivano nomi affermati. Forest era decisamente un autore di rilievo.
Così, sul numero 668, del 24 agosto 1972, Forest fa il suo esordio su “Pilote”, e per le dieci settimane successive allieta i suoi lettori con una delle storie più folli che mai siano state raccontate a fumetti.
Hypocrite viene catturata dagli agenti dell’organizzazione segreta AMFFFPA e obbligata a lavorare per loro, ma subito arrivano gli agenti della APFFFMA che la catturano a lor volta e la portano via. La trama si sviluppa all’interno della guerra tra Avignone e Arles con continui colpi di scena e detournement, come il risveglio del Ponte d’Avignone che in realtà è una tigre dai denti a sciabola che era stata pietrificata dai tempi preistorici, coinvolgendo il lettore in una girandola senza sosta.

Tutto sembra essersi aggiustato. Ma, appunto, sembra. Nel 1973, non ti so dire se per un qualche festival o per un tour promozionale di qualche tipo, Dargaud porta tutti in Quebec: Goscinny, Charlier, Uderzo, Fred, Gotlib, Bretecher, Druillet, Giraud, altri che dimentico e Forest. Tutte le mattine Goscinny raduna la truppa e tiene un discorso motivazionale. Ogni re ha le sue manie e i suoi vezzi, c’è quello che non vuole che i sudditi mangino rognone trifolato e quello che ci tiene che la truppa rida divertita ai motti di spirito che infila nei discorsi. Goscinny è così. Gli piace che gli altri si mostrino divertiti quando infarcisce i discorsi con le sue battute.
Quando, all’ennesima battuta d’occasione, pensando di non essere sentito Forest sbotta: «Lo trovano divertente? cazzo ci sarà da ridere!?»
Tutti invece lo sentono, chiaramente.
Scende un silenzio di gelo. Pallidissimo Goscinny se ne va. Seguito lentamente da tutta la corte. Il giullare che ha osato dire al re che era nudo, resta solo, in quella sala d’albergo. Non sa se ridere o piangere, poi pensa, vaffanculo!, ormai è andata come è andata.
È andata male. Ma Forest scoppia a ridere.

Tornati a Parigi, Forest si mette al lavoro sulla nuova storia di Hypocrite, Ah: misère de misère, ma quando consegna le tavole della prima puntata, scopre che Goscinny ha dichiarato: in questo giornale non c’è più spazio per Forest. Claire Bretecher, durante una cena, gli dice. Tu non sai quanto René ti odia, adesso.
Forest va a protestare da Dargaud, ma non ottiene niente. Dovrà fargli causa, per vedersi pagato il lavoro come da contratto e restituiti i diritti del personaggio, nonché, una volta si usava, le lastre e le pellicole del volume della storia precedente. E troverà ospitalità su “L’Echo des Svanes”.

Goscinny, questo genio a cui, pur senza averlo mai conosciuto, tutti noi lettori di fumetti vogliamo un bene che non si può dire, aveva le sue ombre e i suoi demoni, come ognuno di noi. Quando si chiude la faccenda con Forest è ormai la fine del 1973. Proprio nell’autunno di quell’anno per Goscinny sta arrivando un’altra mattonata. Poi il 1974 non sarà un anno facile, e quelli a seguire non andranno meglio, e purtroppo, saranno troppo pochi.

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