Playlist: Orient Express

Quasi | If I Can't Dance, It's Not My Revolution |

LATO A: VERSO EST

#1
Vi prego, qualcuno metta Alla fiera dell’Est, l’unica canzone che riesco ad ascoltare dell’inutile Branduardi. Non posso proprio dirlo che esiste una sua canzone che mi piace. Ne va della mia fama di duro che non balla, [BB]

#2
La vodka a me piace tanto. La Russia e la Polonia stanno a est (se non ho perso il senso dell’orientamento), è vero che l’Orient Express va a Costantinopoli, ma nulla ci vieta – con la fantasia – di scendere a Vienna, farci un giro Varsavia/Mosca e poi, se ci va prendere la Transiberiana (ma questa è un’altra storia e la lasciamo raccontare a Hugo Pratt). Oppure – nella realtà – stiparci al City Square (lo amavo quel locale) e sfinirci di Rock finlandese e di vodka ucraina. viva l’universalismo, fanculo l’identitarismo! [BB]

#3
In Libano la guerra civile finisce nel 1990. Se capitavi a Beirut nella seconda metà di quel decennio, di quella fottuta guerra ne vedevi ancora i segni dannatamente presenti. Però appena prendevi un taxi, o entravi in un ristorante, palpavi fortissimo il desiderio di cancellarli tutti e in fretta, quei segni. E il mezzo più diffuso era un flusso ininterrotto di musica pop (alle volte davvero imbarazzante) che usciva da ogni dove: autoradio, finestre, cucine, stereo appoggiati sui baracchini che friggevano kibbeh. Haifa Wehbe era la popstar più in voga in quel momento. Sarà per quel desiderio di vita e di rivincita che ho respirato insieme al profumo delle kibbeh, io la trovo ancora divertentissima. [BB]

#4
E chiudo le mie scelte orientaliste, con questo pezzo di Teddy Afro. L’Etiopia ha una parte speciale nel mio cuore di granito, e quando lo sento mi ritrovo ancora a scarpinare per le avenue di Addis Abäba, o seduto al Lambadina bar, accecato dalla luce quel sole orientale. [BB]

#5
Tre fratelli palestinesi, suonatori di oud, ti fanno scoprire e piacere l’oud se non lo conoscevi. Ancora di più se già avevi un’idea di cos’è. Qui l’oriente è vero, reale, non è così remoto ma è molto radicato nella tradizione e in un’identità musicale che è sia locale che ecumenica. Dai, complichiamoci la vita, compriamoci un oud e iscriviamoci a un corso online! [LC]

#6
Quando penso Orient Express, prima di Agatha Christie o di Sidney Lumet, mi arriva subito nella testa la copertina del primo numero della rivista, quello con Lo Sconosciuto in giacca, cravatta e mitra che salta un muretto, in tutto quel blu. E quindi Full moon in Dendera e La Fata dell’improvviso risveglio, con quella donna vietnamita che strappa i sogni di Unknow dalla morte, mentre una troupe di medici sta facendo lo stesso al suo corpo, in una sequenza molto famosa e altrettanto indimenticabile. Da bambino non la capivo quella chirurgia rappresentata così, quasi da fotografia. Ma la «donna giovane del Vietnam», come canta De Gregori in questa sua vecchissima canzone, restavo a guardarla a lungo, custode di un tragico destino, lontano e impalpabile. [FP]

#7
Aladino non c’entra, quindi neanche una Persia da Mille e Una Notte, però le assonanze orientali ci sono a livello musicale. Il gioco di parole è viaggiare da A Lad Insane, un ragazzo matto (il fratellastro di Bowie), a Aladdin Sane, con un antipodo fortissimo e sognante. Il pezzo è rimarchevole per il pastiche che rimette insieme, con il solo di piano di Mike Garson a farla da protagonista assoluto. A Garson chiedono quasi sempre di quel pezzo, non ne può più… [LC]

LATO B: TORNANDO A OVEST

#8
Oriente meets occidente in un pezzo che funziona come pochi altri. Il baricentro è a ovest però, l’est è più che altro Sakamoto (c’è anche una atmosfera un po’ meditativa che potrebbe suggerire una contemplatività molto poco occidentale). Un’armonia piena di accordi di settima, eleganti, con Sylvian che ci canta sopra. Anche se si è resistenti alla “cucina” fusion il palato musicale non può non goderne. [LC]

#9
Per me Orient Express è Agatha Christie, grandissimo amore delle medie, e la scoperta della possibilità di una congiura di vittime che si vendicano. E viaggiare col comfort di un appartamento lussuoso, io che temo i viaggi. Ma da decenni è anche la cover dei They Might Be Giant, band surreale che ha prodotto alcuni dischi che adoro, di Istanbul not Constantinople. Sfruttando la loro capacità di cantare velocissimi, con dialoghi interni che a me fanno ridere e godere contemporaneamente, creano un gioiello che preferisco non solo alle altre cover, ma al brano originale del 1953, scritto da Jimmy Kennedy e Nat Simon in occasione del 500° anniversario della conquista ottomana della città, eseguito dal quartetto canadese dei   Four Lads, che comunque si beccarono un disco d’oro con questa canzone. Il mio passaggio preferito è il botta e risposta: «So take me back to Constantinople / No, you can’t go back to Constantinople, Been a long time gone, Constantinople / Why did Constantinople get the works? / That’s nobody’s business but the Turks». Lo traduco malamente così:
– Oh, fammi tornare a Costantinopoli
– Non, non puoi tornarci a Costantinopoli, ormai da un sacco di tempo è andata Costantinopoli
– Ma perché è stata cassata Costantinopoli?
– Questi sono esclusivamente c*zzi dei Turchi
Come spesso succede in questa amata playlist, ho scelto il pezzo perché è divertente, pieno di energia gioiosa e fa ballare – ma come potrebbero ballare Finn e Jake in Adventure time, coi braccini e poco altro. [AS]

#10
Il primo maggio del 1967, a Diamoci del tu, trasmissione condotta da Giorgio Gaber e Caterina Caselli, Francesco Guccini fa la sua prima apparizione televisiva insieme a un altro Francesco che da allora, su proposta di Gaber per differenziarli, sarà sempre chiamato Franco. Si tratta di Battiato, che quasi vent’anni dopo, nel 1984, in duetto con Alice arriva in quinta posizione all’Eurofestival con una canzone che mischia treni a vapore e ricordi d’infanzia con gli insegnamenti di Gurdjieff. [FP]

#11
Nel film I favolosi Baker, Michelle Pfeiffer, la donna più bella del mondo, canta con voce profondissima. È il 1989, io ho ventun anni (lei dieci di più, ma la differenza d’età non è un problema) e sono perdutamente invaghito di lei dai tempi delle Streghe di Eastwick. Le relazioni pericolose mi ha dato il colpo di grazia. Vederla cantare mi devasta. Poi il tempo passa e io ho il cuore ballerino. Un po’ mi dimentico. Mentre cerco di farmi venire in mente un’idea di cui non vergognarmi da inserire nelle mie proposte per la playlist, scopro che nell’adattamento cinematografico più recente di Assassinio sull’Orient Express, Michelle recita e canta. [PI]

#12
Orient Express è anche e soprattutto il nome di un treno. E siccome almeno una canzone di Francesco Guccini, per contratto, la devo infilare in ogni playlist, ci metto questa. [PI]

#13
Stavolta ne metto una anch’io di Guccini, ricollegandomi quasi direttamente a quella di Paolo. Argentina è una canzone certamente meno nota, ma fin da bambino la ascolto con immutata passione. La prima strofa dice: «Il treno, ah, un treno é sempre così banale, se non é un treno della prateria, o non è il tuo Orient Express speciale, locomotiva di fantasia.» [FP]

#14
La Mano Negra in Colombia è il resoconto, a opera di Ramón Chao (padre di Manu), di quella volta che una comitiva di musicisti, capitanata dalla Mano Negra, aveva deciso di seguire le operazione di ristrutturazione e recupero della linea ferroviaria colombiana. Se non ricordo male, una sfilata di feste danzanti alternate a giornate di lavoro sfiancante. L’operazione va a finire male. I musicisti, sempre più malconci, tornano a casa alla spicciolata. Alla fine Manu Chao e Tom Darnal si lasciano malissimo e la Mano Negra si scioglie. Tom va a Cuba con il suo progetto P18; Manu a Napoli assembla l’ultimo disco della Mano Negra. La ragione del litigio sta probabilmente nel fatto che Manu, imprevedibile testina di legno, durante le serate in cui il treno avanzava nei territori dominati dai narcos, attaccasse all’improvviso, e contravvenendo agli accordi presi con tutti (compresi i compagni della Mano Negra), Señor Matanza, una canzone che fa così. [PI]

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(Quasi)