Non proprio una rivoluzione, quasi

Francesco Pelosi | Ritratti |
disegno di alpraz

Eccoci, finalmente.

Sono le dieci passate – il grosso orologio sul muro lo dice chiaramente – e tu sei di nuovo qui.
Il vecchio Big En è addormentato sul bancone, Testa Grossa è seduto silenzioso ad un tavolo in fondo e un paio di avventori sono già appollaiati sugli sgabelli. C’è puzza di chiuso e di pavimento mai lavato. Legno marcio, polvere e alcol secco sulla paglia delle sedie.
Tiri un lungo sospiro: anche stavolta ce l’hai fatta, sfuggendo alla ronda notturna. Sei qui dove troppo spesso negli ultimi mesi hai solo sognato di essere. Un bar. Il tuo bar. Quel bar che non c’è.

Poi, accade.

Una vampata di luce attraversa i vetri e dipinge l’oscurità del locale. Guardi fuori. Non avevi mai notato una banca dall’altra parte della strada. Ma se ora sta bruciando, vuol dire che già c’era.
Un  gruppo di ombre corre in direzione opposta all’incendio. Poco dopo, arriva la ronda. Non c’erano dubbi che quelle merde in alta uniforme fossero lì, pronte dietro agli angoli. Con i loro  bastoni, i cazzo di distintivi, le pistole e tutto il resto. Guardano la banca. Annusano l’aria come affamati di cadaveri. Trovano l’odore giusto e partono all’inseguimento dei bombaroli, mentre l’edificio lì di fronte continua a bruciare. Sembra un’immensa alba in città.
È a quel punto che il Marinaio si alza dal suo sgabello e ti si avvicina.
«Sono quelli della resistenza», ti dice. «Non proprio una rivoluzione, quasi».
Lo guardi. Sembra un ragazzino ma negli occhi è anziano come avesse cento anni e più. Poi, il tizio che era seduto accanto a lui scoppia a ridere istericamente. La sua bocca fa un rumore che sembra carta vetrata.
«AHR! AHR! AHR! Eccolo che ricomincia a sentenziare!».
Si avvicina anche lui. Indossa un trench logoro. Ha la barba e i capelli grigi. Sembra Mago Merlino cattivo e pazzo.
«Non stare ad ascoltare questo pirata da operetta», continua con la sua voce gracchiante, «solo perché ha bevuto dalla coppa della giovinezza eterna, pensa di poter dire la sua su tutto. E pretende pure che lo si stia ad ascoltare!»
Il Marinaio, giovane e con gli occhi di due secoli fa, si accende un sigarillo e guarda il suo compagno di bevute con aria sorniona.
«Stavo solo pensando ad alta voce, Barbacrespa. La dinamite che gli abbiamo venduto è esplosa per miracolo, vista la notte di pioggia che si è presa ieri al porto».
«AHR! AHR! AHR! Sarebbe stato magnifico vedere le loro facce da bambini delusi! Fottuti rivoluzionari… Non li ho mai sopportati!»
Il Marinaio guarda il suo amico, sorride, e gli appoggia una mano sulla spalla.
«Come stavo dicendo prima che arrivassi tu con le tue teorie sulla giovinezza eterna, non sono proprio rivoluzionari. Quasi. Resistono al coprifuoco, alla dittatura, insomma… Come dargli torto?»
«Non toccarmi, Marinaio!», esplode Barbacrespa, scacciandogli la mano dal tranch. «Potrei ucciderti per molto meno!»

Il Marinaio sospira, poi estrae dal cappotto un foglio piegato in quattro e te lo porge.
«Da’ un’occhiata, se vuoi. È il loro giornale. Hanno cominciato a stamparlo un anno fa, proprio di questi tempi».
«Grazie», gli dici esitante.
Non hai mai intrattenuto rapporti troppo stretti con rivoluzionari o partigiani. Hai sempre pensato per i fatti tuoi, in autonomia. Non hai mai sopportato i discorsi generalisti, quelli fatti apposta per infervorare gli animi e racimolare seguaci.
Certo, la dittatura c’è, è palese. E non fa anche cose buone, come senti dire spesso in giro. Illude con la promessa delle comodità e del benessere, ma è tutta merda. Imposizione e violenza. Chissà perché non hai mai pensato di unirti alla resistenza…
Intanto hai aperto il foglio e lo stai leggendo. Il ciclostile che hai davanti è stampato in bianco, nero e rosa. Strano colore per una rivoluzione, pensi. Ma più lo guardi, più ti pare perfetto.
Le fiamme della banca lì di fronte illuminano gli articoli che provi a leggere, ma non ci capisci granché. Parlano di immaginario, di pietre sopra, di strani anelli, macchie di Rorschach e bassisti che non si incula nessuno. Parlano anche di fumetti. Hanno titoli incomprensibili: “Il tradrittore”, “Il quark e il pinguino”, “La grande abbuffata”, “Play du jour”, “La corsa dell’oritteropo”. Ci trovi bagatelle e pantomime, torri e crocevia. Ci sono anche un sacco di foto e una playlist musicale. Una playlist musicale su carta? In generale, ti sembra tutto un po’ fuori tempo. O forse, al di là del tempo. Come bere da una coppa dell’eterna giovinezza, conservando negli occhi tutti i secoli passati.

Alzi lo sguardo dal foglio rosa mentre i riflessi dell’incendio ti si stampano in faccia. Alla tua sinistra c’è Barbacrespa che ti guarda con gli occhi sgranati, pieni di spiriti e follia. Alla tua destra il Marinaio, tranquillo, un po’ supponente, ma affidabile.
Pensi: «Quasi una rivoluzione? Affatto. Decisamente!»
E prendendo d’anticipo il risveglio del vecchio Big En, corri fuori e scompari, unendoti alla resistenza.

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(Quasi)