Il paradosso dell’altra metà

Paolo Interdonato | Il fumetto di Babele |

Se a ventiquattro anni non hai ancora combinato nulla e sei figlio di milionari che hanno fatto la loro ricchezza estraendo oro dalle miniere, la tua vita rischia di sembrare un completo fallimento. A spingere William Randolph Hearst, il figlio del senatore californiano George, ad accettare la direzione del “San Francisco Examiner”, un quotidiano decisamente marginale posseduto dalla famiglia, c’è tutta una ridda di emozioni. E, in mezzo a quelle, anche la paura di deludere ulteriormente il padre.
Nei due anni durante i quali ha stazionato presso il college di Harvard, è riuscito ad accumulare adesioni a tutte le confraternite che gli sono giunte a tiro. È un tipo estroverso e simpatico e ha partecipato a innumerevoli scherzi, burle e tiri mancini, affastellando note di biasimo e richiami. Alla fine è arrivata anche l’espulsione da quella scuola prestigiosa. Il fatto increscioso non è avvenuto, come si aspettavano tutti, perché il giovane William era lo straordinario organizzatore di feste a base di birra frequentate dagli studenti; più banalmente, gli insegnanti non avevano apprezzato il dono che aveva fatto loro recapitare: un pitale per ognuno, personalizzato con una divertente caricatura.

Nel 1887 Hearst prende molto seriamente il suo nuovo ruolo di direttore di quotidiano. Dilapida in due anni oltre otto milioni di dollari del capitale familiare ma, alla fine, il “San Francisco Examiner” riesce a marciare con passo saldo. Orgoglioso del successo e arricchito dall’esperienza, Hearst decide di sfidare Joseph Pulitzer sul suo stesso terreno: nel 1895 si trasferisce a New York, acquista una testata con una tiratura modesta, il “New York Journal”, e ne colloca la redazione e gli uffici nel New York World Building, il grattacielo posseduto dal rivale.
Hearst ha le idee chiare su come deve essere fatto un giornale. Tappezza le strade di New York di manifesti pubblicitari che gridano ai lettori che il “Journal” è in grado di garantire la stessa qualità del “World” alla metà del prezzo di copertina. Assume giornalisti abili e famosi, strappandoli anche alla redazione di Pulitzer, e compone un quotidiano all’insegna dell’indagine accurata e del sensazionalismo d’accatto. Se le ha, fornisce notizie di prima mano con chiarezza e puntualità, ma quando i fatti mancano, non c’è spazio per gli scrupoli: basta inventarli. Nella sua carriera, fomenterà guerre, raccontando scontri sanguinosi dove regna il torpore, darà una forma compiuta, e un nome memorabile, al giornalismo scandalistico americano e arriverà a ispirare – e a osteggiare apertamente – Citizen Kane (Quarto potere, 1941), il capolavoro cinematografico di Orson Welles.

Un aneddoto, apparentemente minore, chiarisce molto bene l’idea di informazione coltivata dalla redazione del “Journal”:

«C’è quel vecchio aneddoto giornalistico relativo a quando William Randolph Hearst ebbe bisogno di qualcuno che andasse a fare un servizio sull’inondazione avvenuta a Johnston e mandò un giovane reporter alle prime armi, per il quale quella rappresentava la grande occasione della carriera. Il giorno successivo il novellino telegrafò al giornale di Hearst le seguenti parole: “OGGI DIO SEDEVA SU UNA COLLINA SOLITARIA AL DI SOPRA DI JOHNSTON, INTENTO A CONTEMPLARE ADDOLORATO LA VIOLENTA DISTRUZIONE OPERATA DALLA NATURA”.
I veterani del giornalismo giurano che Hearst non lasciò passare più di dieci secondi prima di trasmettere la seguente risposta: “LASCIA PERDERE L’INONDAZIONE E INTERVISTA DIO”.»

Il 7 settembre 1896, Richard Felton Outcault scrive a Ainsworth Rand Spofford, il responsabile della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, per registrare il copyright sul personaggio con il camicione giallo che ormai inserisce in tutte le pagine ambientate nel vicolo di Hogan. Nella lettera, che contiene anche un disegno del bambino, descrive dettagliatamente il personaggio e indica che si chiama “The Yellow Dugan Kid”. La richiesta viene accettata e Outcault diventa, legalmente oltre che moralmente, proprietario del bambino che disegna tutte le settimane. L’operazione di tutela della proprietà del disegnatore si rivela tempestiva ed efficace. Il 4 ottobre1896, il “World” pubblica “The Amateur Dime Museum in Hogan’s Alley”, l’ultima pagina di Yellow Kid disegnata da Outcault per il quotidiano di Pulitzer. Dalla settimana successiva il disegnatore lavora per Hearst, che gli garantisce compensi più alti e maggiore visibilità sul suo quotidiano.

Il 18 ottobre i lettori del “Journal” trovano, con il giornale, il primo numero di “American Humorist”, il supplemento a colori dedicato ai fumetti e alle vignette. A pagina cinque si assiste a un trasloco un po’ più complesso di quello fatto dal disegnatore che, per lavorare per Hearst, ha solo cambiato l’ultimo tratto dell’itinerario verso l’ufficio, quello percorso in ascensore. Un disegno firmato da Outcault mostra i ragazzi del vicolo di Hogan capitanati da Yellow Kid che, in primo piano, trasporta una valigia, un ombrello e un gatto: si sono spostati in un nuovo quartiere: il “McFaddan’s Row of Flats”. Il motivo del trasloco è spiegato in una nota firmata dall’umorista Edward W. Townsend: l’ufficio d’igiene ha dichiarato inagibile Hogan’s Alley e l’irlandese Tim McFaddan ha accolto tutta quella povera gente nei suoi tenement.
Da quel momento, le apparizioni di Yellow Kid si moltiplicano. Da un lato, l’inserto del “Journal” dedica all’eroe di Outcault due spazi settimanali: il consueto paginone e una mezza pagina nuova di zecca in cui sviluppare vicende comiche con una sequenza di vignette. Dall’altro, il “World” non rinuncia al personaggio che rimane stabilmente nel vicolo di Hogan e viene disegnato da George Benjamin Luks.
Pare che, in seguito allo scippo di Outcault, Pulitzer abbia chiesto a Hearst 50.000 dollari per i danni. Pare anche che la cosa non abbia avuto alcun seguito perché i due erano troppo occupati a fronteggiarsi sulla carta nel tentativo di conquistare le preferenze dei lettori a colpi di sensazionalismi, notizie gridate e disegni meravigliosi.

Quello che sappiamo per certo è che, per garantire la sopravvivenza di un popolo, era nato il fumetto industriale e di grande diffusione e contribuiva in modo sostanziale alla definizione di una cultura nazionale in cui potessero confluire culture, lingue e religioni.

Note

L’aneddoto su Dio sulla collina viene dalla prima pagina de L’ inverno della paura, romanzo di Dan Simmons edito in italiano da Gargoyle di Roma, nel 2008 (la traduzione è di Annarita Guarnieri).

La lettera di Outcault alla Biblioteca del Congresso è consultabile, nella versione digitalizzata ad alta risoluzione, presente nell’archivio online della Library of Congress.

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