«Giochi di fanciulli»

Francesco Pelosi | Ritratti |

[Negli episodi precedenti: hai condannato il vecchio immaginario a reiterare sé stesso e il gigante ti ha divorato. Quando ti risvegli nella sua pancia, per rimediare a ciò che hai fatto, ti viene affidato il compito di uccidere i 12 Archetipi]

disegno di alpraz

«L’idea di fumetto in Italia nasce con Pinocchio.
Si badi bene, non sto dicendo che Pinocchio è una sorta di protofumetto italiano: sto dicendo che quando le prime strisce sono arrivate da oltreoceano, la possibilità di avere un immaginario italiano legato a quell’arte, è fiorito nella coscienza collettiva grazie all’esistenza di Pinocchio e del suo mondo.»

«L’Italia é tradizionalmente misogina. Su questo, ahimè, non c’è dubbio. Basti pensare che la più importante supereroina dei comics americani, Amazing Amazon, nasce già nel 1941, mentre nello stivale abbiamo dovuto aspettare la fine del 1964 per averne una. E che tipo di eroina abbiamo creato? Lucifera, una vamp sadomaso il cui unico scopo é la vendetta violenta verso il genere maschile. C’è già parecchia letteratura che tenta di convincerci che il personaggio di Lukas Caveau (testi) e Errantes (disegni) fosse rivoluzionario, simbolo delle lotte per l’emancipazione femminile. La verità è che Lucifera non era altro che un’esca pruriginosa per i lettori dell’epoca. Maschi, ovviamente.»

da Fumetto. Un canone necessario di Alessandro Paoli (Oblò – APS, 2017)

Dopo.
CRACK!
La Sparinchiostro esplode il suo nero fuoco. Sul grilletto, il tuo dito. Il cane, saldo nel tuo palmo. Ecco: hai ucciso il Marinaio.
Venezia scompare in un attimo. Si cambia scenario, via. Eliminato l’archetipo del Cercatore, è ora di passare al successivo, la tua missione non concede requie. L’enorme tripla faccia con le sembianze dei tuoi autori preferiti – Milos Baffo, Errantes e Il Biondo, che hanno colmato di meraviglia i pomeriggi della tua infanzia – è stata chiara: «Devi rimediare a ciò che hai causato. Devi uccidere l’immaginazione».
Ancora una volta le idee collassano su loro stesse e aprono il ponte fra i mondi. Una sfera quadridimensionale schiude la porta magica. Luce e buio. Buio e luce. E ci sei.

Notte, nel bosco vicino al Campo dei Miracoli. Due assassini attendono che la bocca della loro vittima si apra, lasciando cadere a terra le monete d’oro. Il burattino, impiccato, ciondola al vento notturno come un pendolo scarico. Lento e discontinuo. Ma non accenna a voler chiudere gli occhi né ad aprire la bocca. È lui che devi uccidere, ma forse stavolta ti verrà risparmiata la sofferenza. Ci stanno già pensando quei due assassini. Conviene aspettare, e vedere che succede.

Quando ti svegli, la rugiada ti ha ricoperto completamente. Tensione e stanchezza: il sonno l’ha vinta senza farsi accorgere. Ti alzi di scatto, e provando inutilmente a levare dal trench le grosse gocce d’acqua accumulate, guardi verso l’albero. La corda è stata tagliata. Il burattino non c’è più. Su nel cielo, il grido di un corvo; in lontananza le ruote di una carrozza sul sentiero. Certo! Sono venuti a salvarlo. La bambina dai capelli turchini ha mandato il Can-barbone con la carrozza. Lo ricordi perfettamente: la storia di un burattino é il tuo libro preferito. Ti getti all’inseguimento.
Corri, corri più che puoi, verso la casa spettrale che sta al centro del bosco. Attraversi rami come fantasmi, foglie come scheletri, umidità, sprazzi di sole fra le chiome, terra, fango. Corri più che puoi, ma è tardi. Il burattino è già al sicuro nel letto della bambina dai capelli turchini, vegliato da dotti, medici e sapienti.
Guardi la porta di legno. Sembra spessa, ma decidi che un colpo ben assestato col Gommartello che fa BONK la farà cedere. Lo estrai dall’impermeabile e, senza domandarti come facesse a stare tutto in una tasca, prendi la rincorsa per schiantarlo come un ariete, con tutta la forza che hai.
«In questa casa non c’é nessuno. Sono tutti morti».
La voce della bambina dai capelli turchini, gelida e improvvisa, frena il tuo slancio. Guardi verso la finestra ma non c’è nessuno. Sul balcone: nessuno. La porta si apre, sola, con un soffio. Dentro, la casa sembra abbandonata dal 1882.

Sali le scale, fra ragnatele, ruderi e calcinacci, mobili tarlati. Hai il Gommartello che fa BONK ben saldo fra le mani. Le scale cigolano a ogni passo. In quella casa non c’è nessuno. Sono tutti morti. E morto è anche il burattino che trovi sul letto della camera grande. Morto da più d’un secolo.
Il legno che fu la sua pelle è secco e squarciato all’altezza della pancia, come una mano di alberi esplosa. È una carcassa quella che hai davanti, ossa corrose di balena silvana. L’espressione sulla sua faccia è un urlo muto. Gli occhi, due precipizi. Qualcosa però, all’interno di quella devastazione, riluce.
Ti avvicini al cadavere e il bagliore si fa più intenso. Dalla pancia aperta del burattino giunge un palpito: c’è vita lì dentro. Appoggi il Gommartello al bordo del letto e ti sporgi per guardare meglio. È una bambina. Una piccola e lucente bambina aliena, nata all’interno di quella pancia di legno. E ti sta guardando, con gli occhioni tempestati di galassie.
In piedi davanti a lei, mentre la sua luce viva ti ricopre, non vedi nemmeno più il corpo secco che la contiene. Sei immobile. Non dici, non fai, non pensi. Senti solamente. Ti sta parlando. Senza voce.
Con un linguaggio indescrivibile ti racconta chi è, e prima che l’informazione arrivi, già la conosci. Si chiama Awa. È la nuova immaginazione. Niente di più semplice. L’immaginazione del futuro, nata dalla pancia del vecchio Creatore. Ma hai fatto male ad abbandonare il Gommartello.
Un calcio preciso e potente ti colpisce da dietro. Dritto in un rene. Ti pieghi di lato, urlando. Giri la testa per capire, ma hai giusto un paio di secondi prima che un altro calcio, questa volta sul mento, spenga la luce.
Era una donna. Una donna della tua lista. L’archetipo del Distruttore: Lucifera.

Neanche a dirlo, quando riapri gli occhi la stanza è al buio e la bambina è scomparsa. La pancia del burattino è vuota, come un racconto senza immaginazione.

[Continua]

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(Quasi)