Diario di un anno difficile

Boris e Paolo | QUASI |

Dopo un capodanno all’insegna di tampone e lenticchie, è giunto il momento di fare i conti con l’anno appena trascorso. Sappiamo benissimo che inserire un punto di discontinuità temporale alla mezzanotte del trentuno dicembre è un arbitrio, ma da un sacco di tempo abbiamo fatto pace con le convenzioni e, allora, eccoci a parlare di quel ciclo di trecentosessantacinque giorni appena concluso. Non ce la sentiamo proprio di spenderci un eufemismo che smussi le asperità e renda accettabile quello che ci è successo: il 2021 è stato un anno di merda, il secondo (e forse il peggiore) in balia di una pandemia che sembra intenzionata a vincere su un’umanità mediamente idiota. Venite intelligenze aliene, garantiamo resa incondizionata.

Nell’anno della campagna vaccinale, il censimento delle vittime – con tutti i limiti che un tale conteggio può avere – dice che il numero dei contagi nel mondo è superiore a duecentottanta milioni (oltre centottanta dei quali negli ultimi dodici mesi) e quello dei morti accertati è di quasi cinque milioni e mezzo (tre e mezzo nel 2021). Un anno di merda, appunto. Con limiti imposti per decreto, lockdown, quarantene e stupidità dilagante.

Gennaio si è aperto all’ombra dei peggiori auspici. Nel giorno in cui avremmo voluto che una vecchia signora ci portasse, a cavallo di una scopa, una calza piena di cioccolatini e caramelle, i cosplayer dei sostenitori di Donald Trump hanno assaltato il Campidoglio. Una roba che a raccontarla, con corredo di fotografie, farebbe quasi ridere (e lo ammettiamo: abbiamo riso), se non fosse spaventosa. Entro la fine del mese Joe Biden presta giuramento e Trump porta a casa il secondo impeachment.
È il mese in cui muore Sylvain Sylvain.

Ricorderemo febbraio per il colpo di stato birmano. Ma anche perché è il mese che si è portato via Chick Corea, Larry Flint ed Erriquez.

Ripensando a marzo, ci sarà difficile dimenticare le immagini della Ever Given, una delle più grandi navi portacontainer al mondo, incagliata nel Canale di Suez. Una delle principali rotte del commercio navale interrotta da un incidente decisamente prevedibile. Una nave posta a tappo blocca un passaggio da cui fluisce il 12% del commercio mondiale per sei lunghissimi giorni.
Abbiamo pianto le morti di Bunny Wailer, Bertrand Tavernier, Frank Thorne, Marvin Hagler e Sante Notarnicola.

Ad aprile una buona notizia: la ONG Thinking Huts ha iniziato a costruire in Madagascar una scuola usando la stampa in 3D per abbattere i costi produttivi. Non abbiamo capito come sia possibile, ma abbiamo sentito uno sfarfallio di gioia nel cuore.
Un po’ di tristezza, invece, ce l’ha portata la scomparsa di Milva.

Maggio ripristina il clima di disagio, tra attentati afghani e crisi israelo-palestinese.
A Rotterdam, all’Eurovision vincono i Måneskin, qualificandosi come fenomeno internazionale. Sono giovanissimi, bravi e determinati, hanno un’etica del lavoro impressionante, suonano benissimo, sono bellissimi, hanno un successo straordinario e raccontano un mondo di non conformità di genere. Almeno uno di noi due non li ascolta, ma a entrambi piacciono tantissimo.

Giugno fa male. È morto Tuono Pettinato e, dannazione!, quanto ci mancano la sua intelligenza, la sua gentilezza disarmante e la sua cattiveria sottile.

disegno di alpraz da Creature troppo leggere per il cielo di questa terra

Luglio e agosto sono i mesi dello sport e dei grandi successi italici. Non siamo in grado di capire i campionati europei di calcio e l’infilata di medaglie alle Olimpiadi e alle Paraolimpiadi. Non è snobismo, credici. Ci distraiamo. A meno che questi eventi non ce li racconti Mabel Morri.
Nel mese di luglio, il Parlamento italiano si macchia di una vergogna difficilmente cancellabile, rinnovando (con soli 54 voti contrari) il sostegno alla Guardia Costiera libica, cosa che ufficializza – di fatto – la deportazione.
Non ci sono più Angelo Del Boca, Laura Lepetit, Gino Strada, Raffaella Carrà, Charlie Watts e Lee “Scratch” Perry.
Agosto è il mese in cui i Talebani si riprendono Kabul dopo il ritiro delle truppe statunitensi.

A Settembre le elezioni federali tedesche segnano, con la vittoria della SPD, la fine dell’era Merkel. Probabilmente è un momento epocale. Ma la cosa che, nell’immediato, ci ha colpiti (e divertiti) di più – in quanto indice di un reale cambiamento del nostro immaginario – è stato il manifesto elettorale in cui il leader dei socialdemocratici, Scholz, si dichiarava «pronto a fare la Cancelliera».
È il mese in cui muore Jean-Paul Belmondo, e restiamo orfani di Michel Poiccard.

In ottobre l’indecente congrega assiepata nelle due camere del Parlamento italiano perde l’ennesima occasione per non fare lo schifo a cui ci ha abituato. Il DDL Zan rimarrà un disegno di legge.
Mentre diventa sempre più evidente che il ritmo produttivo dei vaccini arriverà presto a un surplus di produzione, a meno di non avviare una campagna sensata in Africa, il WTO approva il primo vaccino contro la malaria.
Nel corso del mese muoiono Sanpei Shirato, Robin Wood e Franco Cerri.

Alla fine di novembre emerge alle cronache la variante Omicron. Arriva dal Sud Africa ed è molto più infettiva delle precedenti.

Dicembre si è appena concluso. Nella cerimonia di fine mandato e di consegna per il Cancellierato, Angela Merkel fa suonare Du hast den Farbfilm vergessen di Nina Hagen.  Amiamo i paradossi, e – nonostante non alberghi in noi briciola di ottimismo –  lo leggiamo come un buon auspicio per i tempi a venire.
Vogliamo ricordare Steve Broski, bell hooks, Joan Didion e Andrew Vachss.

Quelle che vedi sono le copertine di QUASI del 2021.
Venti numeri della blog edition online totalmente gratuiti, due numeri della rivista di carta, il primo Quaderno di Quasi.
Se ti metti a girare per il sito trovi quasi novecento articoli belli e importanti.
E nel 2021, QUASI blog edition si è occupata di: “Venti”, “«Cos’è rapinare una banca al paragone del fondare una banca?»”, “Il gatto di Schrödinger”, “Duetti”, “Oh, Claire”, “L’amour, la concierge”, “Sentieri interrotti”, “Popporno”, “L’elogio della cicala”, “Ritmolento”, “Bestemmie”, “Sottoterra”, “This magazine kills fascists”, “Fumo”, “Ogni ruolo è un gioco”, “Non ora non qui”, “Proprio ora proprio qui”, “Maschio e femmina l* creò”, “Strappi” e “Wonder Woman”.

Nel 2022, con la struttura da mensile e con il mese di chiusura agostana cui non vogliamo rinunciare, i temi saranno solo undici. A meno che le intelligenze aliene, la cui venuta invochiamo garantendo resa incondizionata di questa razza di deficienti, non interrompano prima le nostre pubblicazioni.

Siamo felici di rivederti su QUASI.

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(Quasi)