Non son l’uno per cento

Paolo Interdonato | Pantomime del Calisota |

Per vivere, per pagarmi l’essenziale e soprattutto l’inutile, vendo il mio tempo a società di consulenza informatica dal 1989. Mi carico addosso un computer e un telefono da quando “portatile” era più un modo di dire che un fatto tangibile. Ricordo alimentatori del notebook e telefoni cellulari pesanti e caldi come ferri da stiro.
La rivoluzione digitale mi ha macinato quotidianamente, costringendomi a inseguire inutilmente tecnologie, paradigmi e architetture che mi sono illuso di aver capito solo nel momento in cui erano diventate vecchie, superate da nuova chincaglieria magnifica e intangibile.
La tecnologia, in particolar modo quando non ho ancora capita bene a cosa possa mai servire, mi piace da impazzire e mi garantisce la possibilità di pagarmi scarpe, formaggio e vizi. Forse è proprio questo il motivo per cui la carta continua a essere così importante nella mia vita. Benché trascorra molto più tempo tenendo gli occhi fissi su uno schermo invece che su un foglio, vivo in una casa di carta. La distesa dei parallelepipedi sfogliabili accumulata su mensole che minacciano ogni giorno di cedere è diventata un monolite di carta. Mi illudo che, toccandolo, avrò accesso al salto quantico evolutivo. Ancora, come puoi osservare da quello che dico e da come lo dico, non è successo.
Compro tanti libri e altri me li regalano gli amici, gli autori e a volte perfino gli editori. In questo modo mi ritrovo a sfogliare centinaia di pubblicazioni e, alla fine dell’anno, sento il peso delle occasioni di scrivere, di dire, di raccontare che ho perso. Approfitto di questo “Diario di un anno difficile” per snocciolare i titoli e mettere a tacere il rimpianto.

Il primo grande fumetto del mio 2021 è stato un manga, My Broken Mariko di Waka Hirako. Non ho niente da rimproverarmi: ne ho parlato distesamente su QUASI in una recensione che si chiama “Vittime e carnefici”. Se non l’hai ancora letto, non puoi dare la colpa a me. Fila a rimediare.

Il mar delle blatte di Filippo Scozzari, tratto (molto fedelmente) da un racconto di Tommaso Landolfi, è un libro che ho atteso a lungo. Quando quella storia è uscita a puntate su “Frigidaire”, nel 1983, librandomi sulla beata ignoranza dei miei quindici anni, mi permettevo di ignorare bellamente quella rivista. L’ho recuperata, anni dopo e con un titolo diverso, sulle pagine di “Blue”. Il mancato riconoscimento, da parte degli editori italiani e francesi, dei diritti agli eredi di Landolfi aveva condannato questo fumetto bellissimo all’oblio. Una storia di mutazione delle carni che fa sembrare il primo Tetsuo di Shin’ya Tsukamoto un remake. Un racconto del perturbante che si colloca, senza paura, in quel momento di esitazione che è il fantastico secondo Tzvetan Todorov. Scozzari nel 1983 è al suo meglio; l’edizione Coconino, dato lo smarrimento degli originali, è ricostruita partendo da riproduzioni con una cura minuziosa: i colori del mar delle blatte sono qui per ossessionarci e per restare nei nostri pensieri.

Il 2021 è stato l’anno di Neun di Tsutomu Takahashi. Sei volumi usciti nel corso dell’anno che raccontano una distopia fottutamente reale. Tra La svastica sul sole e I ragazzi venuti dal Brasile, Takahashi dimostra ancora una volta che il manga può permettersi narrazioni che sono negate a tutte le altre forme nazionali del fumetto. Un racconto di angoscia e realtà, che ti avvolge come un drappo fetido e ti schianta nella storia che – forse – non è stata. E un finale senza consolazione, senza speranza, senza fede, senza morale.

Senza. Appunto. Marco Corona ci ha regalato Il viaggio, un fumetto senza. Ne ho scritto su QUASI, dicendo che “Non contiene olio di palma, grassi idrogenati, poesia o sogno”. È l’autobiografia immaginaria del più grande autore vivente del fumetto italiano.

Tanto è voluminoso e pesante il libro di Corona quanto sono piccoli e leggeri i cinque libriccini che Lewis Trondheim ha dedicato a Richard nel corso dell’anno. Degli albi spillati, in formato A6, usciti nella collana “Patte de mouche” pubblicata da L’Association. Una sorta di “Millelire” francesi che però – visti i tempi e la sempiterna crisi – ora costano tre euro. Richard è l’amico e controparte di Lapinot. I due vivono in coppia avventure meravigliose di cui ti ho già parlato. In questi cinque albi (Richard au cimetière, Richard dans la salle d’attente, Richard et les quasars, Richard et les enfants d’Abraham e Richard et Dieu), Trondheim si riprende i tempi del racconto improvvisato e in caduta libera. Lascia che i pensieri censurabili, che ognuno di noi ha quotidianamente, viaggino senza freno per bocca di un Arlecchino intelligentissimo. E sono contentissimo di perdere questi libri minuscoli tra le mensole e di ritrovarli per caso mentre cerco altro.

C’è un libro di cui non ho parlato perché non l’ho ancora né comprato né letto. Rutu Modan, l’autrice, non mi ha mai deluso. Eppure, in quest’anno strano, mi sono perso il suo nuovo Tunnel: L’arca della discordia. Mi riprometto di rimediare al più presto.

Richard Sala è morto il 7 maggio del 2020. Da qualche tempo faceva webcomic. Non riuscivo a seguirli, convinto che avrei recuperato tutto una volta che fossero stati raccolti in volume, come era successo nel 2017 con The Bloody Cardinal. Se non hai mai letto Sala, ti stai perdendo un narratore – con un segno che giace all’incrocio tra Chas Addams e Edward Gorey – che racconta storie dell’orrore delicate e antiche, intrise di grande erotismo. Esattamente a un anno dalla morte, Fantagraphics gli ha dedicato un volume bellissimo, Poison Flowers & Pandemonium. È un omnibus, una raccolta di quattro storie che riassume, per chi fosse arrivato all’autore solo ora, l’immaginario di Richard Sala: ci sono i mostri e i vampiri, c’è il feuilleton, c’è Peculia, il suo personaggio più noto, ci sono le donne delle caverne, ci sono i Famous Monsters e i picture book, e c’è una carrellata di storie divertenti e di pagine meravigliose.

Aspettavo il libro nuovo di Barry Windsor-Smith con trepidazione. Quando mi è arrivato, l’ho subito perso. Ne ho letta qualche pagina e poi la casa me lo ha nascosto. Adesso Monsters è uscito anche in italiano. Io aspetto che la casa in cui abito me lo restituisca (alla fine succede sempre) e nel frattempo rileggo la recensione che gli ha dedicato Claudio Calia.

Anke Feuchtenberger è stata la mia autrice dell’anno. Non ne ho parlato perché mi mette soggezione e temo che non sarei in grado di scrivere nulla di sensato. Però, negli ultimi mesi, mi sono atterrate tra le mani tre pubblicazioni molto belle: Prendere posizione: Il corpo sulla pagina a cura di Hamelin che contiene la bellissima intervista che le ha fatto Giordana Piccinini; La puttana P traccia le sue orbite, secondo volume della trilogia della puttana P scritto con Katrin de Vries, uscito nella collana Sigaretten, pubblicata da Squadro Edizioni Grafiche; La fessura, albo gigantesco uscito nella collana di volumi che non sanno stare nelle mensole pubblicata da Canicola. La prossimità geografica e culturale delle tre etichette che hanno edito questi libri può suscitare il sospetto che Feuchtenberger sia un fenomeno di nicchia localissimo. Dannazione! Non è così. Una narratrice che mozza il fiato, dotata di consapevolezza esemplare. Se non hai mai visto niente di suo, rimedia al più presto.

Diciamocelo. Lucky Luke: Choco-Boys non è un capolavoro, ma non escono in italiano fumetti di Ralph König da così tanto tempo che tocca accontentarsi. Non leggo il tedesco, neanche impegnandomi. Editore, rimedia immediatamente a questa distrazione che sta diventando intollerabile e imperdonabile. Dedica una bella collana a tutti i suoi fumetti. Iniziando con quelli che ancora non ho letto, per favore.

Leggo con divertimento i fumetti di Rita Porretto e Silvia Mericone da quando mi hanno stupito con “Dr. Morgue”. Le devo ringraziare anche nel 2021 perché, proprio l’ultimo giorno, mi hanno regalato “Dylan Dog” 424, Candiweb, un episodio dell’indagatore dell’incubo, disegnato da Emiliano Tanzillo, costruito finalmente attorno a un’idea. Per trovare questa storia che ti rispetta e non rinuncia a essere canonica, mi è toccato dribblare attraverso il paio di migliaia di pagine che fingono di parlare del personaggio di Sclavi e mettono in scena un altro Tex, una macchietta di giacca nera e polsini risvoltati, ciuffo svolazzante, «Giuda ballerino!», pessimo fumetto e tanta tanta tanta noia. Porretto e Mericone

Non ho citato Redneck di Donny Cates e Lisandro Estherrén, Asadora di Naoki Urasawa, Gigant di Hiroya Oku, Kowloon: Generic Romance di Jun Mayuzuki, Violence Action di Shin Sawada e Renji Asai e Showa di Shigeru Mizuki perché sono ancora in corso di pubblicazione e mi illudo di riuscire, prima o poi, a dirne come meritano.

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