Francesca Ghermandi: Come ti creo un personaggio (due di quattro)

Quasi | Plat du jour |

di Francesca Ghermandi

La prima parte è QUI.

Anni Ottanta

Nel 1983 ho finito il liceo e mi sono iscritta alla facoltà di Architettura a Firenze e, per caso, a un corso di fumetti tenuto dal gruppo Valvoline e da Andrea Pazienza, l’unico che conoscevo avendo letto le sue storielle sul “Male”. Questo corso è stata una folgorazione perché attraverso questi giovani fumettisti che lavoravano già su riviste, ho scoperto non solo il fumetto moderno e alternativo, ma anche tanto cinema, grafica e design. Il design in quegli anni aveva avuto una nuova esplosione in Italia e mi sarebbe piaciuto diventare una designer, laureandomi a Firenze, dove ho avuto bravi insegnati, come Gianni Pettena, che mi hanno fatto capire che il design poteva anche non limitarsi agli oggetti. Ma ho iniziato a pubblicare poco dopo, nel 1985, e disegnare e sperimentare personaggi e storie mi occupava tantissimo tempo.

1985

Videosplatter è la prima storia che ho pubblicato (su “Reporter”, il quotidiano di Lotta Continua). Scritta da tre compagni del corso di fumetto: Massimo Semerano, Stefano Coccurello e Leila Marzocchi. Ia storia e i disegni hanno queste ispirazioni: Topolino di Floyd Gottfredson con Eta Beta, Pippo e tanti personaggi secondari mezzo realistici; la linea chiara francese e spagnola, da Serge Clerc a Daniel Torres; Videodrome di Cronenberg; gli oggetti degli anni Quaranta.

1986 Supercactus (“Frigidaire”) è la prima storia scritta da me con l’aiuto di Massimo Semerano che ha fatto i dialoghi. Fonte ispiratrice è un film, Brazil di Terry Gilliam, che mi accompagnerà per tutti gli anni Ottanta.

1986 Entusiasmante Futuro (“Frigidaire” e “L’Echo des Savanes”) è una serie di storielle scritte e colorate da Daniele Brolli.

1987 Plant (“Frigidaire”) è una breve storia ispirata da una novella nera tratta da una raccolta di racconti di Alfred Hitchcock.

1987 Ugly è una striscia che ha come protagonista una bambina che vive in una catapecchia e cura la madre, un’attrice vecchia e dimenticata. L’avevo proposta alla rivista “Dolce Vita”, ma fu cassata perché troppo triste. L’ispirazione qui è Dick Tracy di Chester Gould, con tutti i mostri e il nero pieno combinato ai retini puntinati al posto della linea chiara.

1987/1992 Hiawata Pete (“Dolce Vita e poi pubblicato in volume per Granata Press) è la striscia che viene accettata. Fonti ispiratrici sono di nuovo Gottfredson, tutto il design dagli anni Venti agli anni Sessanta e un libro su stranezze e luoghi di pessimo gusto americani.
Successivamente cerco di inserire la mia vena macabra con il personaggio di Barbie Nebraska, una donna crudele come Crudelia De Mon e molti altri. Protagonista è Hiawata Pete, un maniaco di cose e oggetti inutili e il suo cane Winnebago.

(continua)

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