Ma davvero Moana?

Paolo Interdonato | Pantomime del Calisota |

Fare una rivista con Boris è abbastanza semplice.
Intendiamoci, fare una rivista è una faticaccia. Ci sono sempre un sacco di imprevisti, di sviste, di incomprensioni. Si passa un sacco di tempo a discutere con chiunque, per aggiustare i casini combinati il giorno prima. (Quasi), come ogni rivista che si rispetti, è una sorta di “Penelope s.r.l.”, proprio come la vita.
Tutti questi problemi, intoppi, fastidi, chiarimenti, screzi, scherzi e tuti l’ati sturiellett’ servono a produrre una cosa necessaria. Come diceva Giovanni Gandini, il fondatore di “Linus”, nessuno potrà mai farti dimenticare la gioia di avere una rivista nella quale si può dire per primi cosa succede in città.

Sono il più grande catalizzatore dei casini di questa rivista, ma condivido questa fatica con un sacco di persone (che, a volte, accelerano l’occorrere dei casini, altre lo annullano) e, soprattutto, con Boris. Ecco: fare una rivista con Boris è facile. Potrà stupirti un sacco (e lui non vuole che io te lo dica), ma quell’uomo è gentile, accomodante, divertente e, perfino, accudente. Tanto gli piace litigarsi per questioni ideali, quanto cerca in ogni modo di evitare il conflitto nella quotidianità. Il tenero Boris.

Per esempio, quando dobbiamo discutere del tema del mese, non impone mai nulla. Ascolta, propone, trova compromessi. Sempre.
Cioè… quasi sempre. Questo mese, no. È stato chiaro e direttivo: sapeva cosa fare già all’inizio dell’anno.

«Settembre lo dedichiamo a Moana.»
«Moana?»
«Sì, Moana!»
«Intendi Moana Pozzi?»
«Certo, Moana Pozzi. Chi altri?»
«Scusa, Boris… ma a noi che ce ne frega di Moana Pozzi?»
«Saranno trent’anni esatti dalla morte di questa figura fondante per il nostro immaginario.»
«Figura fondante?»
«Certo! Ha segnato in maniera indelebile quello che siamo diventati, imprimendosi nella nostra memoria individuale e collettiva.»
«Potremmo dedicare settembre a un tema che ci interessa di più… chessò le misure della brugola standard di Ikea.»
«Non fare il cretino. Su questo non transigo. Settembre è il mese di Moana.»
«Va be’… vuol dire che parlerò del film Disney cui hanno dovuto cambiare il titolo in Oceania perché sennò i genitori non ci portavano mica i bambini a vedere un porno chiamato Moana
«È una cazzata! Moana è il marchio registrato di un profumo. Non potevano usarlo.»
«Ah…»
«Comunque, a settembre, Moana!»
«Ma davvero Moana?»
«Sì!»

Di fronte a un’ingiunzione così perentoria, mi sono detto che non gli si poteva dire di no, anche se a me di Moana interessa veramente poco. A questo aggiungo che considero il cinema porno (anche le produzioni casalinghe) una porcata reazionaria. Sono sicuro ci siano eccezion, ma bisogna cercarle e, in quel trogolo, non ho proprio voglia di grufolare. Tutte le volte che un maschio adulto, sedicente eterosessuale, mi ha detto che dovevo assolutamente vedere un film porno, perché rivoluzionario, intelligente, eversivo o semplicemente bello, TUTTE, mi sono trovato di fronte a porcate reazionarie. È una situazione fastidiosa. A un certo punto, durante una serata, qualcuno inizia a parlare di genialità di qualche protagonista della scena porno. Di solito, vengono portati come esempi filosofe, imprenditrici, antropologhe o comunque persone diventate notevoli per qualcosa che forse è partita dalla scena XXX ma, poi, è diventata altro.
Mi pare più onesto l’atteggiamento di chi si appassiona alle performance, alle dimensioni, alle doti atletiche.
In questo senso, i film di arti marziali e i film porno si assomigliano molto. A nessuno interessa veramente la trama, accettiamo di vedere tutte quelle scene di raccordo in attesa della parte in cui culmina l’azione.
Osservo che vedere persone che fingono di massacrarsi di botte mi diverte molto, vedere il peggior maschilismo in azione in amplessi che sentono di coercizione, anche quando chi recita mostra una preparazione atletica straordinaria, mi mette a disagio.

Il sistema dei generi produce una tassonomia imperfetta. Se con genere intendi la forma, distinguere il romanzo dalla poesia o dal fumetto è facile. Se, invece, intendi le caratteristiche interne, l’ambientazione, lo scopo narrativo e le relazioni tra i personaggi è un casino. Il poliziesco si tinge di fantascienza, il fantasy di sentimentale e, alla fine, ci accontentiamo di segmenti che facilitano le classificazioni dei mercanti.
Il porno è più facile da identificare: è così normato e caratterizzato che, anche se i personaggi si vestono da supereroi, da poliziotti o da alieni, non lo confondi mai con qualcos’altro.
Se apri uno dei tanti siti di video porno, nel menu ci trovi degli alberi che spacchettano la grande famiglia del genere in una tassellatura finissima, capace di soddisfare tutti i gusti. A patto che si possa giocare con un frainteso: qualsiasi cosa deve avere una nomenklatura che la assimili a una perversione. Dobbiamo fingere che i nostri corpi siano dei territori del male che ci consentono di fare cose sporche: è così eccitante.

Ho trascorso l’estate tutto preso dai miei ragionamenti da perbenista che avrebbe fatto a meno di un numero su Moana, alla ricerca di un articolo che mi permettesse di parlare della carica rivoluzionaria dell’attrice, senza dichiarare il mio perbenismo. Ho letto perfino un memoriale di Moana, in cui riassume le qualità di tutti i suoi amanti, distribuendo molti complimenti e un po’ di veleno. Poi è arrivato l’editoriale di Boris.

L’ho dovuto leggere due volte. Non ci volevo credere. Dopo avermi fatto ingoiare Moana (no pun intended), lo sciagurato ha sostanzialmente detto che Moana ha influito veramente poco sul nostro immaginario, ma ci ha fatto credere di averlo fatto. Giuro, non c’ero cascato e ho avuto bisogno che questa burla macabra trovasse l’endorsment di Boris che, per convincermi, ha tirato in ballo addirittura lo sguardo di Medusa.

A proposito di endorsment. Mi piacerebbe che la presenza di Moana nella nostra home page per tutto il mese non sembrasse un supporto forte e vigoroso da parte di (Quasi) alla presenza di quella figura in quel centro commerciale di figurine animate che chiamiamo immaginario collettivo.
Non so bene dove sto andando a parare. Ho provato a vedere un video su un sito di quelli che puoi aprire solo con il browser in “Modalità segreta” (ah, non lo fai? E ancora ti stai chiedendo perché tutti in casa sanno così tante cose di te?). Lo so, non ho l’insieme minimo di informazioni che mi consentirebbe di dare dei giudizi, ma quanta bruttezza. Brutta fotografia, brutte luci, scene noiosissime e attori terribili. La stessa Moana non aveva le qualità minime per essere ammessa alla recita della parrocchia (l’altra sera sono andato a sentire un tributo a De André qui dietro, e ti garantisco che hanno standard minimi di accesso veramente modesti).

Nei film d’azione asiatici, quelli in cui si corcano di mazzate dall’inizio alla fine, la coreografia del combattimento, le luci, il movimento di camera e la credibilità degli stunt è tutto. Posso trascorrere ore indifferente alle sorti dell’onore della scuola di kung fu, del ragazzino rapito, della famiglia trucidata, posso fregarmene delle motivazioni dei personaggi, non badare all’assoluta mancanza di verosimiglianza del poliziotto sotto copertura o del figlio dell’imperatore del male che si finge un contadino, posso addirittura non farmi alcuna domanda quando vedo ricomparire senza spiegazioni un personaggio morto venti minuti prima. Non è così rilevante. Mi interessano solo i combattimenti.

Di Moana (e di tutte le persone che lavorano nella medesima industria e nel medesimo segmento produttivo), non mi interessa mai nulla. Davvero.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

3 risposte su “Ma davvero Moana?

  • R. Good

    Credo sia una questione anagrafica.
    A quindici anni basta la vista, a cinquanta serve il tatto.
    Comunque l’editoriale di Boris è spiazzante, ma ricordati sempre che è stato baciato da Ilona.

    Un caro saluto.

    Rispondi
    • Paolo Interdonato

      A parte la sentenza su vista e tatto che sembra riferirsi, con inquietante precisione, ai miei problemi agli occhi, racconta meglio la storia di Boris e Ilona, per favore.

      Rispondi
      • R. Good

        Beh come incontrò casualmente Serge in ascensore, capitò pure un incontro con Ilona.
        A Ilona, sai, gli intellettuali sono sempre piaciuti, poi credo in quel periodo si stesse separando dal marito, mi pare fosse inizio anni 90. Sono passati tanti anni, altro non ricordo.

        Un caro saluto

        Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)